Don Bosco: orientare i giovani alla Santità
L’anno 2016 è per la Famiglia Salesiana un anno dedicato a percorrere un cammino insieme, a fare insieme la strada in ascolto dello Spirito Santo, come ha sottolineato il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, presentando la ‘Strenna 2016’, presso la Casa generalizia delle Figlie di Maria Ausiliatrice, accompagnato da don Filiberto González consigliere per la comunicazione sociale e da don Américo Chaquisse Regionale per Africa Madagascar.
Ai presenti, il successore di Don Bosco, ha presentato il tema e la struttura espressa nello slogan: ‘Con Gesù percorriamo insieme l’avventura dello Spirito’, mettendo in evidenza alcuni aspetti: innanzitutto l’azione dello Spirito, che agisce in libertà e bussa alla porta di ogni essere umano; poi l’esperienza del cammino, del percorso, che tutti fanno nell’evolversi della vita;
quindi il senso di avventura, perché spesso nel percorso che si compie, sia a livello interiore, sia dal punto di vista spirituale, però si avanza mossi dalla consapevolezza che lo Spirito saprà sorprendere e portare al di là delle proprie aspettative.
Rievocando il bicentenario di don Bosco il Rettor Maggiore ha sottolineato: “Il bicentenario della nascita del nostro padre don Bosco ci ha offerto la possibilità di ricordare la sua storia, approfondire le sue intuizioni pedagogiche e ravvivare alcuni lineamenti della sua spiritualità…
Come ogni vocazione, anche la nostra implica una storia d’amore tra Dio e una persona concreta, sia una donna, un uomo o un giovane. Solo dando importanza alle origini del nostro carisma, donde attinge la vocazione salesiana, riusciremo a progettare insieme la missione giovanile che come Famiglia Salesiana abbiamo ricevuta, e faremo trasparire la spiritualità di cui noi beviamo e ci alimentiamo”.
Don Artime, nella Strenna, propone la sequela di Gesù: “Similmente alle chiamate di Gesù nel Vangelo, oggi come allora Egli fissa e contempla con attenzione ogni persona, il fondo del suo cuore, e da lì fa risuonare il suo invito a seguirlo. Di questo si tratta nella vita cristiana: principio di una vocazione, di sentirsi chiamato con il proprio nome. Essa è, essenzialmente, la sequela di Gesù.
E’ Gesù che prende l’iniziativa, che si unisce nel cammino, che cerca l’incontro con premura. Il suo sguardo di elezione e la sua chiamata personale chiedono una decisione piena di fiducia e di abbandono in Lui. Perché quando Gesù chiama qualcuno perché lo segua, non gli presenta un programma dettagliato, né adduce motivi, né pone condizioni.
La chiamata di Gesù coinvolge in un’avventura, in un rischio. Si tratta di percorrere la sua stessa strada, senza carta di navigazione. Seguire Gesù significa scomodarsi, alzarsi e mettersi in marcia, non è restare ai bordi del cammino, come chi vede passare qualcuno che suscita entusiasmo, polemica o disputa… Incontrare Gesù, o meglio essere incontrati da Lui, desta ammirazione, attrazione, fascino.
Però non basta. Forse l’esperienza più importante che questa sequela comporta è l’amicizia personale col Maestro. Un’amicizia che si comprende e si vive come dedizione, fedeltà e confidenza. Dove non c’è amicizia personale, non può esserci sequela, anche se ci siano altre cose, come l’entusiasmo o la laboriosità fino all’esaurimento”.
Ricordando le parole di papa Francesco il Rettor Maggiore invita i salesiani a compiere un’ ‘avventura dello Spirito’: “Non si può coltivare la interiorità se ‘si consuma’ il tempo nell’essere spettatori della vita degli altri, fermandosi semplicemente a guardare le apparenze.
Credo che dobbiamo prendere più sul serio questa provocazione e accompagnare i nostri giovani e le persone con le quali interagiamo, perché si viva in stato di ricerca, affinché siano e siamo cercatori dell’essenziale, Perché quando una persona, un giovane, non scopre, né ha interesse a camminare da dentro e dentro se stesso, può convertirsi in qualcuno incapace di immaginare o sognare il proprio presente e il suo futuro”.
Ecco l’invito ad approfondire la spiritualità di don Bosco: “La vita spirituale di Don Bosco fu un ampio e paziente pellegrinaggio verso le profondità della sua ricca e intensa vita interiore.
Questo processo di interiorità, come tutto nella sua azione apostolica, fu un cammino che percorse facendo un passo per volta, cosciente che la meta che Dio gli proponeva non si poteva raggiungere con un solo movimento. Necessitò di accompagnatori, necessitò di tempo, necessitò di un apprendistato. Don Bosco, fin da ragazzo, non poteva rinunciare a sognare, si immaginava un mondo differente per i suoi giovani, un mondo migliore. Però prima di tutto, desiderava sapere che cosa Dio aspettava da lui…
Don Bosco intese inoltre che questa ‘avventura dello Spirito’ non era un’esperienza per pochi giovani con qualità eccezionali, o una comoda evasione dagli impegni. Ogni giovane che entrava nell’Oratorio, qualunque fosse il suo stato o condizione, era invitato a vivere una vita cristiana piena, chiamato a vivere gioiosamente la vita dello Spirito”.
E propone tre strade per vivere con i giovani questo anno giubilare dedicato alla Misericordia: “Il primo è questo: condivido pienamente il pensiero e i sentimenti del precedente Rettor Maggiore nel suggerire alla Famiglia Salesiana che il desiderio dei giovani di ‘vedere Gesù’ è già per noi motivo fondamentale per arrivare ad essere discepoli di Cristo, dato che si chiede: chi presenterà a Gesù i sogni e i bisogni dei giovani? Chi darà possibilità ai giovani di vedere Gesù?…
Il secondo è questo: Nel cammino che stiamo proponendo ‘non potremmo fare niente migliore di questo: orientare i giovani verso la santità’. Accompagnarli nel cammino di maturazione della Fede fino a mete alte, ed essere noi i primi che crediamo in questo cammino, che lo prendiamo noi stessi come meta della nostra vita, essendo determinante la nostra testimonianza personale…
Da ultimo, non dimentichiamo che i processi sono lenti e devono essere graduali, come mostra la stessa pazienza e pedagogia di Dio”.