Palermo si lascia guidare dalla Misericordia
“Non ho piani da proporvi, non ho programmazioni pastorali da inculcarvi, ma vi chiedo solo di aiutarmi ad ascoltare la chiamata che mi ha portato qui tra di voi, di continuare ad ascoltarla e di lasciarci insieme guidare dal Vangelo. Papa Giovanni XXIII che ci ha donato il Concilio, rinnovata Pentecoste del nostro tempo, ci ha detto che non è il Vangelo che cambia ma siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio.
Ecco la fonte della Chiesa povera e dei poveri che oggi papa Francesco ci consegna e che ho avuto modo di approfondire in questi anni nel contributo del card. Giacomo Lercaro e di don Giuseppe Dossetti al Vaticano II. Perché la paternità del vescovo, come sappiamo non significa esercizio di potere e di dominio. Quando Gesù dice con forza ai discepoli di non chiamare nessuno ‘padre’ sulla terra, intende, a mio modo di vedere, richiamare in controluce il senso della vera autorità, della paternità che Lui ha esercitato tra di noi avendo cura di tutti e avendo a cuore tutti”:
lo ha detto il nuovo arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nel corso della solenne celebrazione eucaristica di sabato 5 dicembre nella Cattedrale di Palermo dove ha ricevuto l’ordinazione episcopale per l’imposizione delle mani del card. Paolo Romeo, dei due vescovi co-consacranti mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto, e mons. Paolo De Nicolò, vescovo titolare di Mariana in Corsica e di 26 vescovi, tra cui anche i card. Salvatore De Giorgi e Francesco Montenegro.
Significativo anche l’abbraccio con gli ammalati, gli anziani e tutto il suo popolo di cui si è già dichiarato ‘palermitano’ nel nome di quanti si sono spesi per questa terra a cominciare dal beato don Pino Puglisi che conobbe quando era responsabile regionale del Centro per le vocazioni:
“Riconosco questa città come la mia nella sua bellezza, culla della civiltà dove Oriente e Occidente si sono incontrati. Ricordiamoci di essere un popolo che ha la pace e la fraternità nel suo dna”. Nel saluto ai fedeli ha raccontato la sua vita: “Ho avuto modo di frequentare l’Africa, l’America Latina ed il Medio Oriente, in particolare, ultimamente, la Siria.
Ma appunto per questo, perché questa è stata sinora la mia vita, così bella, così intensa e così normale, proprio per questo la scelta operata dal vescovo di Roma, da papa Francesco, di affidarmi la Chiesa di Palermo mi ha in un primo tempo spiazzato…
Accanto a tutto ciò, giorno dopo giorno, ho sentito crescermi dentro, mentre venivo travolto dall’affetto, dall’amicizia, dalla solidarietà di tanti di voi, un senso di confidenza, una speranza sempre più forte: la sensazione di prepararmi alla consegna definitiva della mia esistenza a colei che diventava la mia sposa, da amare fedelmente, da onorare, da portare nel cuore. Ed ho pensato che questo significa anzitutto essere vescovi: sentirsi sposati, rimanere fedeli, condividere tutto”.
Poi ha ricordato la memoria dei martiri della Sicilia, perché il Vangelo è bellezza e dinamismo: “La memoria dei santi patroni di Palermo Massimiliano e Rosalia e del beato padre Pino Puglisi deve essere sempre viva. Infine memore dell’esempio di uomini e donne di buona volontà che hanno offerto la loro vita per la causa della giustizia e della verità, Piersanti Mattarella, Rosario Livatino, Peppino Impastato, Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e tanti altri e, assieme a loro, eroi umili, le loro scorte: uomini e donne che si sono spesi per la verità.
La dignità e la giustizia violate e violentate di questa città, il dolore prodotto hanno seminato cultura della legalità, diritti, casa, lavoro, beni confiscati… Per il vescovo che io vorrei essere tra di voi tutto questo vuol dire rimanere in contatto con ciascuno di voi, con i corpi, con le anime, vero humus di questa terra.
Con i poveri, con chi è ai margini, con chi non è considerato, con chi dà la vita per la pace, per la giustizia. Il vescovo deve servire e non essere servito”. E nel discorso alla città, in piazza Pretoria, aveva ricordato che i cristiani devono vivere la città, come ha fatto don Pino Puglisi, citando la Costituzione italiana:
“In questo cammino comune, che unisce tutti al di là di ogni steccato, la nostra bussola, la bussola di ogni cittadino di questo nostro Paese, io credo debba essere la Costituzione della Repubblica italiana. Sia, questa bussola, per me per primo, quell’articolo 3 della nostra Costituzione, così amato e difeso da Giuseppe Dossetti alla fine della sua vita, che come cittadini, ognuno nella propria responsabilità e nel proprio ruolo, siamo chiamati a rendere reale nella nostra pratica quotidiana, nella nostra vita di ogni giorno…
E per realizzare tutto questo, Palermo ha un’energia speciale, una forza potente: quella di tanti testimoni della verità e della giustizia che hanno effuso il loro sangue per creare una convivenza più giusta e più umana, per dire di no alla violenza e al sopruso, ai poteri che puntano a distruggere l’uomo e a cancellarne la dignità”.