Utero in affitto: se non ora, quando?
“Noi rifiutiamo di considerare la ‘maternità surrogata’ un atto di libertà o di amore. In Italia è vietata, ma nel mondo in cui viviamo l’altrove è qui: ‘committenti’ italiani possono trovare in altri paesi una donna che ‘porti’ un figlio per loro. Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato.
Vogliamo che la maternità surrogata sia messa al bando. Oggi, per la prima volta nella storia, la maternità incontra la libertà. Si può scegliere di essere o non essere madri. La maternità, scelta e non subìta, apre a un’idea più ricca della libertà e della stessa umanità: il percorso di vita che una donna e il suo futuro bambino compiono insieme è un’avventura umana straordinaria.
I bambini non sono cose da vendere o da ‘donare’. Se vengono programmaticamente scissi dalla storia che li ha portati alla luce e che comunque è la loro, i bambini diventano merce. Siamo favorevoli al pieno riconoscimento dei diritti civili per lesbiche e gay, ma diciamo a tutti, anche agli eterosessuali: il desiderio di figli non può diventare un diritto da affermare a ogni costo… Nessun essere umano può essere ridotto a mezzo.
Noi guardiamo al mondo e all’umanità ispirandoci a questo principio fondativo della civiltà europea. Facciamo appello alle istituzioni europee (Parlamento, Commissione e Consiglio) affinchè la pratica della maternità surrogata venga dichiarata illegale in Europa e sia messa al bando a livello globale”.
Non è un appello qualunque e molti, leggendolo, sono balzati dalle sedie, perché la promozione è arrivata dalle donne di ‘Senonoraquando’: Stefania Sandrelli, Sonia Bergamasco, Francesca Neri, Simona Izzo, Micaela Ramazzotti, Livia Turco, Dacia Maraini; ma anche intellettuali come Giuseppe Vacca, Peppino Caldarola, Aurelio Mancuso, già presidente di Arcigay e ora di Equality Italia.
La regista Cristina Comencini ha affermato: “Una madre non è un forno. Abbiamo sempre detto che il rapporto tra il bambino e la mamma è una relazione che si crea. Concepire che il diritto di avere un figlio possa portarti all’uso del corpo di donne che spesso non hanno i mezzi, che per questo vendono i loro bambini, riconduce la donna e la maternità a un rapporto non culturale, non profondo…
L’utero in affitto è l’ennesimo sfruttamento del corpo delle donne povere del mondo. Come se non bastassero gli altri tipi di sfruttamento che tutti conosciamo, ci mancava solo questo. E’ una barbarie di cui nessuno parla. In questo mondo in cui vige la regola ‘Pago, lo voglio!’”.
Ad Avvenire recentemente Fiorella Mannoia ha dichiarato che l’utero in affitto è sfruttamento: “Per me, non bisogna mai dimenticarsi che si rischia lo sfruttamento del corpo femminile. Io mi sono sempre battuta perché le donne non vengano sfruttate, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo che non hanno le attenzioni che si hanno nei Paesi occidentali.
Non ho paura di essere tacciata di essere quella che vuole negare la maternità. Non voglio negare la maternità a nessuno, ma nella vita non tutto si può avere. Andare a sfruttare una povera donna per la propria felicità, è eticamente e profondamente sbagliato”. Questa presa di posizione è stata valutata positivamente dalla presidente nazionale dell’Associazione ‘Scienza&Vita’, prof.ssa Paola Ricci Sindoni:
“Da primi firmatari dell’appello internazionale #stopsurrogacynow, dopo i tanti richiami in questi anni a contrastare questo fenomeno, con la coraggiosa e determinata discesa in campo del quotidiano Avvenire, guardiamo con attenzione e soddisfazione all’iniziativa italiana che da ambienti ‘laici’ muove finalmente contro l’utero in affitto…
Combattere la mercificazione della donna e dei bambini non è una battaglia ‘cattolica’ o ‘laica’, ma un’opposizione doverosa a una pratica barbara che riduce in schiavitù la madre surrogata e rende oggetto di commercio il suo bambino. Per questo è inequivocabile che non si tratta di omofobia (la maggioranza delle coppie che fa ricorso all’utero in affitto è etero), ma di giustizia e di rispetto autentico della dignità delle persone.
Il fatto poi che siano proprio le femministe di tutto il mondo a mobilitarsi, è un segnale positivo di grande significato: il riappropriarsi della preziosità e dell’unicità della capacità femminile di generare la vita”. Anche la filosofa Luisa Muraro ha definito l’utero in affitto un mercato:
“Viviamo in una situazione in cui il mercato ammette che si possa trasformare nove mesi della vita di una donna in merce. La cultura neo liberista si impadronisce delle conquiste femminili facendo passare il profitto per libertà di scelta. 40 anni di lotte hanno sganciato le donne dalla subordinazione, trasformando i rapporti tra i sessi. L’utero in affitto non è un diritto e non è libertà”.