La Chiesa chiede una giustizia climatica

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“Possiamo farlo insieme, dobbiamo farlo insieme, e lo faremo insieme”: con queste parole l’arcivescovo anglicano di Città del Capo, Thabo Makgoba, ha consegnato la petizione che le comunità religiose ed ong hanno indirizzato ai leader di Governo e ai capi di Stato in occasione di Cop 21, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, firmata da 1.780.528 persone per chiedere decisivi passi in avanti nella stesura di un piano di serio contenimento dei gas serra.

Nel ricevere le firme Christiana Figueres, capo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico, ha affermato: “Vi ringrazio per il vostro contributo, per le vostre preghiere, per la vostra fede. Avete camminato in pellegrinaggio in ogni continente. Vi ringrazio per ogni singola tappa che avete attraversato. Ci avete dimostrato che è possibile fare grandi cose”. Ed, intanto, dai 150 leader mondiali è arrivata la dichiarazione di impegno per 85 miliardi di dollari in favore della tutela ambientale a vari livelli.

All’incontro di Saint-Denis ha partecipato anche il card. Claudio Hummes, arcivescovo emerito di São Paulo e presidente della Rete ecclesiale pan-amazzonica, il quale ha assicurato che “la comunità cattolica si unisce alle persone di tutte le confessioni per esprimere la sua preoccupazione per la spirale di autodistruzione in cui stiamo sprofondando e per fare appello alla giustizia climatica”.

Nel suo discorso, il cardinale ha fatto riferimento all’appello lanciato in ottobre dai vescovi e cardinali di tutto il mondo: “Noi domandiamo ai Paesi più ricchi di aiutare i Paesi più poveri che devono affrontare le conseguenze del cambiamento climatico”. E, ricordando le manifestazioni che in ogni angolo del mondo si sono svolte in vista della Conferenza di Parigi, il porporato ha auspicato che “i leader politici ascoltino sia il clamore della terra sia il grido dei poveri e sappiano rispondere alla richiesta di una giustizia climatica. Il tempo è contato. E’ ora di agire”.

E nel suo intervento ai lavori di Cop21, portando l’augurio di buon lavoro di papa Francesco, il segretario di Stato Vaticano, card. Pietro Parolin, ha ribadito la posizione della Chiesa espressa al Centro dell’ONU di Nairobi: “Un accordo globale e trasformativo dovrebbe ancorare le sue fondamenta su tre pilastri.

Il primo pilastro consiste nell’adozione di un chiaro orientamento etico, che ispiri le motivazioni e le finalità dell’Accordo da implementare. Sappiamo bene che le persone più vulnerabili all’impatto del fenomeno del cambiamento climatico sono i più poveri e le generazioni future, che ne patiscono le conseguenze più gravi, senza spesso esserne responsabili…

Di fronte all’urgenza di una situazione che richiede la più ampia collaborazione possibile per il raggiungimento di un piano comune, è importante che quest’Accordo sia imperniato sul riconoscimento sia dell’imperativo etico ad agire in un contesto di solidarietà globale, sia della responsabilità comune ma differenziata di ciascuno, secondo le rispettive capacità e condizioni”.

Il secondo pilastro consiste nell’individuazione delle modalità di attuazione: “Comportamenti volti a conseguire i tre suddetti obiettivi indicati dal Santo Padre. Ciò richiede di intraprendere con convinzione la strada verso un’economia a basso contenuto di carbonio e verso uno sviluppo umano integrale. La dinamica di questo percorso dipenderà da quanto tutti i suddetti attori si impegneranno e collaboreranno in tale ambito, dove sono numerose le possibilità di adoperare quell’ingegno umano capace di far fiorire la dignità umana.

In tale prospettiva, i Paesi con maggiori risorse e capacità dovrebbero dare il buon esempio, apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile”. Infine il terzo pilastro riguarda la visione del futuro: “La COP-21 non rappresenta né un momento di arrivo, né un punto di partenza, ma una tappa cruciale di un percorso che certo non termina nel 2015…

Inoltre, è necessario prendere in seria considerazione l’attuazione di modelli di produzione e consumo sostenibili e di nuovi atteggiamenti e stili di vita. Qui si entra nei fondamentali campi dell’educazione e della formazione, purtroppo, talvolta messi al margine dei negoziati sugli Accordi internazionali.

Le soluzioni tecniche sono necessarie ma non sufficienti, se non si entra nel merito dell’educazione a stili di vita sostenibili e a una consapevolezza responsabile. L’attuale stile di vita, con la sua cultura dello scarto, è insostenibile e non deve avere spazio nei nostri modelli di educazione e di sviluppo”.

Inoltre le Conferenze Episcopali europee, in un documento comune, hanno scritto che occorre lavorare per l’approvazione di un accordo sul clima, equo, giuridicamente vincolante e generatore di un vero cambiamento che deve mettere il bene comune davanti agli interessi nazionali e deve proteggere ‘la nostra casa comune e tutti i suoi abitanti’:

“Come papa Francesco afferma nella Laudato Si’, il clima è un bene comune, che appartiene a tutti e pensato per tutti, e il suo degrado ci sfida a ridefinire le nostre nozioni di crescita e progresso, ripensando i nostri stili di vita. La Chiesa è anche testimone di come il cambiamento climatico stia toccando le comunità e le persone vulnerabili, e di conseguenza si chiede ‘di porre al centro dell’attenzione la giustizia sociale”.

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