Il Concilio Lateranense IV, una lettura teologica, un convegno alla PUL

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“Nella stagione più buia dell’anno, il 30 novembre 1215, dopo la celebrazione della prima messa, la sessione finale del quarto concilio Lateranense si aprì con una solenne lettura pubblica sui due primi decreti conciliari. Il primo, Firmiter credimus, conteneva una definizione della santissima Trinità e degli articoli di fede, mentre il secondo, Damnamus, consisteva nella condanna delle teorie di Gioacchino da Fiore e di Almarico di Bène. I decreti vennero letti ad alta voce e la folla presente nella basilica del Laterano gridò il suo consenso. Alla domanda se credesse nella definizione della Trinità e degli articoli della fede essa gridò Crediamo!, e alla domanda Riprovate le sentenze di Gioacchino e di Almarico?, la folla gridò con forza ancora maggiore Le riproviamo!” (R. Lerner).

Il Concilio Lateranense IV, il più importante del Medio Evo, fu anche l’ultimo ad aver formulato, otto secoli fa, una professione di fede della Chiesa. Professio fidei, morale, lotta alle eresie, primato romano, celibato sacerdotale: la guida vigorosa del papa Innocenzo III, al secolo Lotario da Segni, fece di questo Concilio il luogo di scelte fondamentali che investirono, riformandolo, l’intero corpo ecclesiale. E, questo, in una cornice storica, agli albori del Duecento, che eventi epocali avrebbero a breve segnato. Su tutti, l’imminente Quinta Crociata. Ma anche il soffio vitale di un rinnovamento nella Chiesa, se solo una manciata di anni dopo, nel 1221, Innocenzo III avrebbe approvato la regola di vita di un giovane vestito di sacco, Francesco d’Assisi, e dei suoi compagni.

La Facoltà di Sacra Teologia della Pontificia Università Lateranense celebra in questi giorni l’ottavo centenario di uno dei passaggi cardine della storia della Chiesa con due giorni di incontri, il 30 novembre e 1 dicembre prossimi, dal titolo “Il Concilio Lateranense IV, una lettura teologica”.

Dio come sostanza, la Trinità, la dottrina dell’analogia, della creazione de nihilo, l’ecclesiologia, la teologia sacramentaria: il Simposio rileggerà i pronunciamenti e le formule al centro della discussione del Lateranense IV, e che ancora pongono questioni alla riflessione teologica e alla Chiesa del terzo millennio, anche sul terreno di una riforma pastorale. Il taglio è anche quello di una lettura teologica e storica delle ricerche sul tema, il cui valore – scrive la Facoltà – non può essere sottaciuto “per il suo rilevante apporto sul piano teologico e canonistico, specialmente in relazione con l’impegno di riforma della chiesa e di rinnovamento spirituale della vita dei fedeli”. A partire dalla professio fidei, quel “Fermamente crediamo” (Firmiter credimus) mai recepito dal popolo di Dio perché mai entrato nella liturgia, e al quale, lasciandolo di fatto lettera morta, il Concilio di Trento avrebbe preferito il credo niceno-costantinopolitano.

Eppure, spiega Giuseppe Lorizio, tra i teologi che si succederanno al tavolo dei relatori, “la novità di questo Concilio rispetto agli altri del Medio Evo, è aver fatto precedere la professione di fede alla condanna delle eresie, ma soprattutto aver cercato di porre la fede e i suoi contenuti a fondamento della riforma della Chiesa, con esiti tuttavia problematici. Sul piano strutturale anche il Concilio Tridentino farà precedere la professione di fede agli altri decreti. Ciò non accadrà nel Vaticano I e nel Vaticano II”.

L’inizio dei lavori, al mattino di lunedì 30 novembre, sarà presieduto nell’Aula Magna dell’Università dal Rettore Magnifico, S.E. Mons. Enrico dal Covolo, e introdotto dalla prolusione del decano della Facoltà di Teologia, prof. Nicola Ciola: “Il IV Lateranense: le ragioni di un Concilio in una rilettura teologica prospettica a 800 anni”.

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