Verso il Giubileo: i luoghi di accoglienza
Nel corso della tarda antichità e del Medioevo, i viandanti hanno potuto disporre di diversi luoghi di accoglienza dove trascorrere gratuitamente la notte: xenodochi, monasteri, ospizi ecc. L’incremento notevole del numero dei pellegrini dagli inizi del secondo millennio, ha portato al sorgere di strutture a pagamento, prima in Italia, poi nella Francia meridionale e, infine, anche nei territori a nord delle Alpi.
Nel IV secolo i monasteri divennero veri e propri luoghi di accoglienza, ospitalità e alloggio. Secondo la regola di Pacomio, uno dei Padri del monachesimo cristiano morto nel 347, i monasteri dovevano avere appositi locali per l’accoglienza dei forestieri e istituire l’ufficio del fratello addetto alla loro accoglienza. La regola monastica di Basilio, che ha segnato l’Oriente cristiano, prescriveva che ogni monastero avesse il suo xenodochio. La “Regola” di Benedetto da Norcia prevedeva come dovevano essere accolti gli ospiti: “..a tutti si renda il conveniente onore. Appena dunque è stato annunciato un ospite, subito il superiore e i fratelli gli vadano incontro con ogni dimostrazione di carità; ma prima preghino insieme e solo allora si accomunino a lui nella pace. Persino nel modo di salutare si mostri somma umiltà a tutti gli ospiti che giungono o partono: inclinato il capo o prostrato tutto il corpo a terra, si adori in essi Cristo che viene accolto. I poveri e i pellegrini siano accolti con particolari cure ed attenzioni, perché specialmente in loro si riceve Cristo” [Cap. 53 della “Regola”].
Nei monasteri gli ospiti potevano contare su un pasto caldo che variava da una poltiglia di legumi e miglio, grasso e olio per le strutture monastiche più povere all’ arrosto offerto da quelle più ricche. Quando era possibile si offriva all’ospite una bevanda tipica della regione: vino, birra o sidro. Se l’ospite aveva con sé degli alimenti o aveva le disponibilità per comprarli, riceveva quel poco che a lui ancora serviva; se si preparava da solo i pasti, gli si offriva olio, aceto e sale. Quando esisteva, il locale riservato agli ospiti doveva essere arredato con tavoli e panche; venivano messe a disposizione anche stoviglie e tovaglie. Nel dormitorio doveva esservi un numero sufficiente di letti, spesso dodici, come il numero degli apostoli, a volte un multiplo di dodici; si doveva pensare a lenzuola, coperte, vaso da notte, ecc. Nei monasteri c’era comunque pronta della paglia per giacigli di fortuna
[ informazioni prese dal libro “Vita pericolosa dei pellegrini nel Medioevo” di N. Ohler].
Altri luoghi di accoglienza furono l’ospizio di Gerusalemme; quello sul Gran San Bernardo nelle Alpi; quello sul Somport nei Pirenei. Questi ospizi sono ubicati sulla sella del passo un po’ in basso, al riparo dal vento e avevano una struttura essenziale: cucina e dormitorio. Secondo le possibilità materiali vi si aggiungevano altri locali (soggiorno, dormitori separati per gli uomini e per le donne, una cappella ecc.). La maggior parte degli ospiti riprendeva il cammino il giorno seguente, perciò non si formalizzava di dover passare una notte con il proprio ospitante e addirittura con gli animali. Per il pellegrino era fondamentale che l’ospizio fosse abitato, per trovare qualcuno in grado di soccorrerlo, di aiutarlo. Alcuni ospizi vennero costruiti vicino ai fiumi così i viandanti trovavano un posto per trascorrere la notte se il traghetto non poteva muoversi a causa dell’oscurità, del gelo o dell’acqua alta. Anche vicino ai ponti si trovavano degli ospizi e chi li gestiva doveva occuparsi anche della loro manutenzione.
A partire dall’XI secolo si affermò un altro tipo di ospizio: l’ospedale. Gli ospedali assolvevano a vari compiti: si prendevano cura degli anziani, dei poveri, degli abbandonati e dei trovatelli, degli handicappati, dei mendicanti, dei malati. Alla fine del XII secolo, la città di Lione dirigeva cinque ospedali per poveri, malati e pellegrini.
A partire dall’ alto Medioevo si andarono formando e definendo diversi tipi di associazioni: per pregare i defunti, per perseguire interessi commerciali e per tanti altri scopi. Uno specifico sviluppo lo ebbero le “confraternite”, per la cura dei pellegrini nella città di Roma. Considerando che queste singolari forme di organizzazione sociale riunivano tra loro gli esercenti attività artigianali, professionali e mercantili, dall’XI al XV secolo Roma si “specializzò” nell’accoglienza di numerosi forestieri che vi affluivano per motivi politici e commerciali ma anche spirituali. Questo continuo passaggio di forestieri, portò alla fioritura di alcuni mestieri particolari come albergatori, osti, fornai, calzolai, medici, barbieri ecc., che garantirono l’accoglienza e le comodità dei viaggiatori. In particolare le confraternite dei pellegrinaggi si preoccupavano del benessere dei pellegrini nei loro luoghi di origine, nei luoghi che essi attraversavano e nei luoghi dove si trovavano i santuari. Le confraternite vennero poste, in molti casi, sotto la protezione del santo al cui santuario si recavano i pellegrini.
A Roma, nel 1548 Filippo Neri, ancora laico, fondò la “Confraternita dei pellegrini e dei convalescenti”, con lo scopo di assistere gli infermi e, tra il 1554 e il 1558, la congregazione dell’Oratorio. La città di Roma beneficiò di questa santa presenza e dell’iniziativa da lui promossa e ancora oggi valida, di visitare le “sette Chiese”: S.Pietro, S.Paolo fuori le Mura, S.Sebastiano, S.Giovanni, S.Croce in Gerusalemme, S.Lorenzo e S.Maria Maggiore, un autentico itinerario per pellegrini, vissuto alternando preghiere, silenzio e canti, segnato da un momento conviviale di refezione presso la villa di Ciriaco Mattei, oggi conosciuta come Villa Celimontana.