Papa Francesco: non avere paura della città

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Il papa, dopo il discorso all’ONU in cui ha difeso la sacralità della vita e del bene comune, si è immerso con la ‘500’ nel quartiere di Harlem, accolto da molti bambini e giovani, visitando la scuola ‘Our Lady, Queen of the Angels’, dove il 70% degli alunni sono figli di immigrati. E’ una delle sei scuole cattoliche in questo quartiere per dare il diritto all’istruzione ai ragazzi. Nell’incontro i ragazzi hanno chiesto anche la possibilità della riapertura della chiesa del quartiere.

Alcuni lavoratori hanno porto al papa un regalo del loro lavoro, raccontando i propri sogni per un ‘mondo migliore’. Dopo la proclamazione delle opere di misericordia, papa Francesco, a suo agio e molto affettuoso, ha rivolto un saluto e, dopo aver ringraziato per l’accoglienza, si è rivolto agli studenti, deviando dal testo ufficiale, sottolineando la bellezza dell’integrazione, anche se all’inizio è difficile l’adattamento:

“Il bello è che incontriamo anche nuovi amici, incontriamo persone che ci aprono le porte e ci mostrano la loro tenerezza, la loro amicizia, la loro comprensione, e cercano di aiutarci perché non ci sentiamo estranei. Perché ci sentiamo a casa. Che bello sentire la scuola come una seconda casa! E’ importante non solo per voi, ma per le vostre famiglie.

In questo modo la scuola diventa una grande famiglia per tutti. Dove insieme alle nostre mamme, papà, nonni, educatori, insegnanti e compagni impariamo ad aiutarci, a condividere quello che c’è di buono in ciascuno, a dare il meglio di noi stessi, a lavorare in gruppo e a perseverare nei nostri obiettivi”.

Ricordando il ‘sogno’ di Martin Luther King, affinchè tutti i bambini possano aver accesso all’educazione, ha ribadito la bellezza dei sogni: “E’ bello avere dei sogni e poter lottare per essi… Non dimenticatevi dei sogni… Ho saputo che uno dei sogni dei vostri genitori, dei vostri educatori è che voi possiate crescere con gioia. E’ sempre molto bello vedere un bambino sorridere…

Cari bambini, voi avete il diritto di sognare, e mi rallegro molto che possiate trovare in questa scuola, nei vostri amici, nei vostri insegnanti l’appoggio necessario per poterlo fare. Non smettete di sognare. Dove ci sono sogni, dove c’è gioia, lì c’è sempre Gesù. Perché Gesù è gioia e vuole aiutarci perché questa gioia duri tutti i giorni”.

Ha anche messo in guardia i ragazzi a diffidare da chi semina tristezza, che assume la fisionomia del diavolo. Ed infine, prima di lasciare la scuola il papa, da buon insegnante, ha lasciato un compito da fare a casa: “E’ una richiesta semplice ma molto importante: non dimenticatevi di pregare per me, perché io possa condividere con tante persone la gioia di Gesù. E preghiamo anche perché molti possano godere di questa gioia che avete voi. Che Dio vi benedica e la Vergine vi protegga”.

Al termine il papa ha invitato i ragazzi a fare un canto: “Vediamo chi ha più la faccia tosta!” ha detto scherzando ed alcune ragazze senegalesi hanno intonato un canto, a cui è seguita la recita del Padre Nostro. Al termine il papa ha ripreso la strada verso il Madison Square Garden, passando nelle strade festanti di Harlem, dove ha concluso la giornata celebrando la messa per ‘la pace e la giustizia’.

Nell’omelia papa Francesco ha ripreso il verso della prima lettura del profeta Isaia: ‘Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce’, perché il luogo dove si celebra la messa è un luogo fondamentale per la città, in quanto si svolgono importanti incontri sportivi, artistici, musicali, che raduna persone provenienti da molte parti del mondo:

“Il popolo che camminava, il popolo in mezzo alle sue attività, alle sue occupazioni quotidiane; il popolo che camminava carico dei suoi successi ed errori, delle sue paure e opportunità ha visto una grande luce. Il popolo che camminava con le sue gioie e speranze, con le sue delusioni e amarezze ha visto una grande luce.

Il Popolo di Dio è chiamato in ogni epoca a contemplare questa luce. Luce che vuole illuminare le nazioni: così, pieno di giubilo, lo proclamava l’anziano Simeone. Luce che vuole giungere in ogni angolo di questa città, ai nostri concittadini, in ogni spazio della nostra vita”.

Sviluppando la sua ‘teologia della città’ il papa ha sottolineato che il popolo ‘credente’ deve saper contemplare la presenza di Dio nella città, nello ‘smog’ per annunciare l’aria vitale: “Vivere in una grande città è qualcosa di piuttosto complesso: un contesto multiculturale con grandi sfide non facili da risolvere.

Le grandi città ci ricordano la ricchezza nascosta nel nostro mondo: la varietà di culture, tradizioni e storie. La varietà di lingue, di vestiti, di cibi. Le grandi città diventano poli che sembrano presentare la pluralità dei modi che noi esseri umani abbiamo trovato di rispondere al senso della vita nelle circostanze in cui ci trovavamo. A loro volta, le grandi città nascondono il volto di tanti che sembrano non avere cittadinanza o essere cittadini di seconda categoria”.

Nelle città il cristiano deve saper percepire le voci degli ‘ultimi’, degli emarginati, di coloro che non hanno il diritto della cittadinanza; è questa la speranza: “Sapere che Gesù continua a percorrere le vostre strade, mescolandosi vitalmente al suo popolo, coinvolgendosi e coinvolgendo le persone in un’unica storia di salvezza, ci riempie di speranza, una speranza che ci libera da quella forza che ci spinge ad isolarci, a ignorare la vita degli altri, la vita della nostra città.

Una speranza che ci libera da ‘connessioni’ vuote, dalle analisi astratte, o dal bisogno di sensazioni forti. Una speranza che non ha paura di inserirsi agendo come fermento nei posti dove ti tocca vivere e agire. Una speranza che ci chiama a guardare in mezzo allo ‘smog’ la presenza di Dio che continua a camminare nella nostra città”.

Ma i cristiani cosa debbono fare? L’unica azione necessaria, per il papa, è quella dell’uscire: “Andate, una, due, tre volte, andate senza paura, senza repulsione, andate e annunciate questa gioia che è per tutto il popolo… Andare verso gli altri per condividere la buona notizia che Dio è nostro Padre.

Che cammina al nostro fianco, ci libera dall’anonimato, da una vita senza volti, vuota, e ci introduce alla scuola dell’incontro. Ci libera dalla guerra della competizione, dell’autoreferenzialità, per aprirci al cammino della pace… Dio vive nelle nostre città; la Chiesa vive nelle nostre città e vuole essere fermento nella massa, vuole mescolarsi con tutti, accompagnando tutti, annunciando le meraviglie di Colui che è Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace”.

Ed ha concluso esortando i cristiani ad essere testimoni di questa ‘grande luce’.

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