Papa Francesco e il servizio alla dignità
“Chi non vive per servire, non serve per vivere”. É il senso della omelia che il Papa fa sotto la immagine del suo connazionale Che Guevara in Piazza della Rivoluzione a L’Avana.
Una mattina nuvolosa, una messa con circa 300 mila fedeli, cardinali statunitensi e clero cubano uniti nei canti accompagnati da una orchestra e un coro grandiosi.
La scenografia della celebrazione della Santa Messa è potente. Raul Castro in prima fila incamicia, senza giacca, come tutti i ministri, ascolta ancora una volta un Pontefice che parla di Gesù in quella nazione dove Gesù è stato messo al bando o relegato ai culti della santeria.
Un evento mediatico di grande importanza e il Papa nella suo omelia torna più volte sulla domanda che nel Vangelo di oggi si fanno i discepoli: “Chi è il più importante?”.
Sembra una domanda fatta proprio per questa giornata.
Il Papa usa immagini familiari: “ Ho sentito più di una volta in riunioni famigliari domandare ai figli: “A chi volete più bene, al papà o alla mamma?”. È come domandare: chi è più importante per voi? Questa domanda è davvero solo un semplice gioco per bambini? La storia dell’umanità è stata segnata dal modo di rispondere a questa domanda.”
Ma Gesù che non teme le domande degli uomini spiazza i discepoli e “pone sempre in atto la logica dell’amore. Una logica capace di essere vissuta da tutti, perché è per tutti.” Non c’è elitarismo dice il Papa nel Vangelo. “L’orizzonte di Gesù è sempre una proposta per la vita quotidiana, anche qui, nella “nostra” isola; una proposta che fa sempre sì che la quotidianità abbia il sapore dell’eternità.”
É questo il senso del servizio nella logica di Gesù che sconvolge la logica dei discepoli “dicendo loro semplicemente che la vita autentica si vive nell’impegno concreto con il prossimo.”
E Francesco spiega che cosa è il servizio cioè, “avere cura della fragilità. Avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo. Sono i volti sofferenti, indifesi e afflitti che Gesù propone di guardare e invita concretamente ad amare.”
Azioni e decisioni per difendere persone in carne e ossa, per “servire la dignità dei fratelli, lottare per la dignità dei fratelli e vivere per la dignità dei fratelli. Per questo, il cristiano è sempre invitato a mettere da parte le sue esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili.”
Il servizio non deve servire se stesso, ma gli altri. “Esiste una forma di esercizio del servizio che ha come interesse il beneficiare i “miei”, in nome del “nostro”. Questo servizio lascia sempre fuori i “tuoi”, generando una dinamica di esclusione.
Tutti siamo chiamati dalla vocazione cristiana al servizio che serve e ad aiutarci a vicenda a non cadere nelle tentazioni del “servizio che si serve”. Tutti siamo invitati, stimolati da Gesù a farci carico gli uni degli altri per amore.”
Non è certo servilismo, spiega il Papa “ma al contrario, pone al centro della questione il fratello: il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la sua promozione. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone.”
É ad un popolo entusiasta anche se ferito che il Papa si rivolge “un popolo che ha delle ferite, come ogni popolo, ma che sa stare con le braccia aperte, che cammina con speranza, perché la sua vocazione è di grandezza.” E chiede di prendersi“cura di questa vocazione, a prendervi cura di questi doni che Dio vi ha regalato, ma specialmente voglio invitarvi a prendervi cura e a servire la fragilità dei vostri fratelli. Non trascurateli a causa di progetti che possono apparire seducenti, ma che si disinteressano del volto di chi ti sta accanto.” Perchè, conclude “ la grandezza di un popolo, di una nazione; la grandezza di una persona si basa sempre su come serve la fragilità dei suoi fratelli. In questo troviamo uno dei frutti di una vera umanità.“Chi non vive per servire, non serve per vivere”.” Nella messa il Papa ha dato personalmente la prima comunione a dieci bambini. E’ la prima volta che questo accade
in un viaggio di un Papa. Prima di iniziare la messa, davanti alla sacrestia Francesco
ha incontrato brevemente alcuni rappresentanti di altre confessioni cristiane presenti a Cuba.
Dopo la messa, prima della recita dell’ Angelus il Papa guarda alla Colombia “«consapevole dell’importanza cruciale del momento presente, in cui, con sforzo rinnovato e mossi dalla speranza, i suoi figli stanno cercando di costruire una società pacifica». Che il sangue versato da migliaia di innocenti durante tanti decenni di conflitto armato, unito a quello di Gesù Cristo sulla Croce, sostenga tutti gli sforzi che si stanno facendo, anche in questa bella Isola, per una definitiva riconciliazione. E così la lunga notte del dolore e della violenza, con la volontà di tutti i colombiani, si possa trasformare in un giorno senza tramonto di concordia, giustizia, fraternità e amore, nel rispetto delle istituzioni e del diritto nazionale e internazionale, perché la pace sia duratura. Per favore, non possiamo permetterci un altro fallimento in questo cammino di pace e riconciliazione. Grazie a Lei signor presidente per tutto ciò che fa per questo lavoro di riconciliazione.”
Non un colloquio con i rappresentati delle Farc come qualcuno pensava, quindi, ma un appello pubblico a tutta la nazione colombiana.
A Maria il Papa chiede di imparare “a vedere Gesù in ogni uomo sfinito sulla strada della vita; in ogni fratello affamato o assetato, che è spogliato o in carcere o malato. Insieme alla Madre, sotto la croce, possiamo capire chi è veramente “il più grande”, e che cosa significa essere uniti al Signore e partecipare alla sua gloria.
Impariamo da Maria ad avere il cuore sveglio e attento alle necessità degli altri. Come ci ha insegnato alle Nozze di Cana, siamo solleciti nei piccoli dettagli della vita, e non smettiamo di pregare gli uni per gli altri, perché a nessuno manchi il vino dell’amore nuovo, della gioia che Gesù ci offre.”
Una preghiera per “coloro che hanno perso la speranza, e non trovano motivi per continuare a lottare; per quanti soffrono l’ingiustizia, l’abbandono e la solitudine; preghiamo per gli anziani, i malati, i bambini e i giovani, per tutte le famiglie in difficoltà, perché Maria asciughi le loro lacrime, li consoli con il suo amore di Madre, restituisca loro la speranza e la gioia. Madre santa, ti affido questi tuoi figli di Cuba: non abbandonarli mai!”
Nel suo saluto il cardinale Ortega Y Alamino ha ringraziato il Papa per le inquietudini buone che svegliano dalla mediocrità e per l’impegno per risolvere la questione tra Cuba e gli Usa.
Articolo pubblicato su www.acistampa.com