Alcide De Gasperi: amante del popolo europeo

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Il 19 agosto è stato commemorato dalla Fondazione Trentina Alcide De Gasperi l’anniversario della morte dello statista Alcide De Gasperi, a cui, invitato dal prof. Giuseppe Tognon, avrebbe dovuto partecipare il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino, che ha mandato solo una relazione scritta per evitare polemiche e strumentalizzazioni. E’ importante che la Chiesa ed i cattolici non dimentichino questa grande figura politica italiana, che nel 1909, a 28 anni, fu eletto consigliere municipale di Trento e nel 1911 deputato e poi presidente del gruppo dei parlamentari italiani nel grande parlamento austroungarico di Vienna, il Reichsrat; successivamente fu anche deputato nella dieta di Innsbruck. Nel 1919 fu tra i fondatori del Partito popolare e nelle elezioni del 1921 eletto deputato nel parlamento italiano, nelle liste del Partito Popolare.

In pieno periodo fascista, alla partenza di Don Sturzo per l’esilio, De Gasperi lo sostituì nel gravoso ruolo di capo del partito popolare e fu tra i protagonisti del cosiddetto Aventino dei parlamentari oppositori del regime, all’indomani dell’assassinio di Giacomo Matteotti. Al termine della seconda guerra mondiale fondò la Democrazia Cristiana, e ne divenne segretario. Nel governo Bonomi, che succedette al primo governo dell’Italia libera, il governo Badoglio, De Gasperi, come segretario della democrazia cristiana, fu ministro senza portafoglio, poi nel secondo governo Bonomi, nel dicembre 1944, fu nominato ministro degli esteri, incarico che gli fu confermato nel 1945, nel governo Parri.

Nel dicembre 1945, guidò il suo primo governo, composto dai sei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale. Restituì all’Italia, la nazione che insieme alla Germania nazista aveva causato la guerra, dignità internazionale: il discorso alla conferenza di pace di Parigi, il 10 agosto 1946, è intriso di dignità, di valori ideali e morali e di fiducia nella capacità dei suoi connazionali di risollevarsi e di collaborare alla costruzione di un mondo più giusto e più umano. Nel 1993 a Trento è stata aperta la fase diocesana del processo di beatificazione.

Nel 1935, perseguitato dal regime fascista ed in uno stato di salute molto preoccupante, scrisse alla moglie Francesca una lettera, poi assurta a testamento spirituale: “Non posso lasciar loro mezzi di fortuna, perché alla fortuna ho dovuto rinunziare per tener fede ai miei ideali. Fra poco saranno cresciute tanto da comprendere il mondo in cui vivono.

Apprendano allora da te per quale ideale di umana bontà e di cristiana democrazia il loro padre combatté e sofferse. Leggendo le mie lettere d’un tempo e qualche appunto per le mie memorie, impareranno ad apprezzare la giustizia, la fratellanza cristiana e la libertà. Muoio con la coscienza d’aver combattuto la buona battaglia e colla sicurezza che un giorno i nostri ideali trionferanno”.

Nell’intervento scritto mons. Galantino ha sottolineato l’impegno laico dello statista nella costruzione dell’Europa dei popoli: “L’Europa che De Gasperi ha contribuito a fondare era più generosa di quella di oggi e i suoi capi politici farebbero bene a ricordarsi da dove gli europei sono venuti e dopo quali terribili prove. L’Europa non può diventare una maledizione; è un progetto politico indispensabile per il mondo, a cui la Chiesa guarda con trepidazione, come un esempio, un dono del Signore”.

Questa volontà dello statista italiana nella costruzione dell’Europa si riscontra nel suo discorso pronunciato, come primo presidente dell’Assemblea della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) a Parigi il 21 aprile 1954, che intitolò ‘La nostra patria Europa’:

“E’ la volontà politica unitaria che deve prevalere. E’ l’imperativo categorico che bisogna fare l’Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve anzitutto servirci da guida… Tutta la nostra costruzione politico-sociale presuppone un regime di moralità internazionale.

I popoli che si uniscono, spogliandosi delle scorie egoistiche della loro crescita, debbono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati. Lo sforzo di mediazione e di equità che è compito necessario dell’Autorità europea le darà un nimbo di dignità arbitrale che si irradierà al di là delle sue giuridiche attribuzioni e ravviverà le speranze di tutti i popoli liberi”.

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