Scuola, Ici e libertà della scuola
Nelle settimane scorse una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che due scuole cattoliche livornesi, l’Istituto Immacolata (suore Mantellate) e il Santo Spirito (Salesiane) dovranno pagare gli arretrati di Ici/Imu per gli anni dal 2004 al 2009. Nella prima sentenza i giudici hanno dato ragione al Comune di Livorno, ma le Congregazioni sono ricorse in appello, dove la commissione regionale tributaria, in secondo grado, ha considerato irrilevante lo ‘scopo di lucro’, in quanto le scuole paritarie hanno operato in regime di perdita e la conduzione dell’attività è tale da ‘non produrre reddito’.
Infine la Corte di Cassazione ha fatto valere il principio presuntivo: c’è una retta mensile che entra nelle casse dell’Istituto e per tanto la scuola ha ‘attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi’ con una precisazione: “L’interpretazione sostenuta dalla sentenza è che l’esenzione spetti laddove l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle astrattamente previste dalla norma come suscettibili di andare esenti, non sia svolta in concreto con le modalità di un’attività commerciale.
L’onere di provare tale ultima circostanza spetta, secondo le regole generali, al contribuente. La Corte ha ritenuto che il giudice d’appello non avesse congruamente motivato in ordine al conseguimento in giudizio di siffatta prova da parte dell’istituto religioso, tenuto conto di quanto la giurisprudenza della Corte ha affermato circa gli elementi che contraddistinguono l’attività d’impresa. Tant’è che la Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio: sarà pertanto il giudice di merito a dover decidere, in ultima analisi, alla luce di una rinnovata e più circostanziata valutazione delle risultanze processuali, se l’esenzione spettasse o meno per l’attività didattica come concretamente svolta”.
A questo punto il ministro dell’Economia e finanze Pier Carlo Padoan rispondendo il question time alla Camera dei Deputati a un’interrogazione ha spiegato che per l’esenzione da questa tassa valgono le regole fissate dal ‘decreto-legge n. 1 del 2012, articolo n. 91-bis, al quale è stata data attuazione con il regolamento approvato con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze n. 200 del 2012’. Quindi il titolare dell’Economia, ha sottolineato che le sentenze della Cassazione riguardano un contenzioso relativo al pagamento dell’Ici, tassa sostituita dall’Imu, per gli anni 2004/2009, e di non aver toccato la questione dell’Imu secondo le norme successivamente approvate.
Quindi il tutto si è risolto in una ‘bolla di sapone’ estiva, ma siamo sicuri? Comuque è bene ricordare che il 14 marzo 1984 il Parlamento Europeo approvò una Risoluzione sulla libertà di scelta in campo educativo, in cui scrisse che questo diritto “implica per sua natura l’obbligo degli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento del loro compito e all’adempimento dei loro obblighi, in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti corrispondenti, senza discriminazioni nei confronti dei gestori, dei genitori, degli alunni e del personale”.
In Europa come funziona? In Francia i genitori pagano solo i servizi extra e gli insegnanti sono pagati dallo Stato, come nella scuola pubblica, mentre gli enti locali coprono una parte degli altri costi, permettendo così ai singoli di proporre rette opportune per i genitori. In Spagna gli aiuti alle scuole paritarie azzerano il costo delle rette. Ed in Italia? Recentemente il sottosegretario al Ministero dell’istruzione università e ricerca (Miur), Gabriele Toccafondi, ha scritto una nota in cui ha chiarito quanto costa l’istruzione in Italia:
“Per un alunno di scuola dell’infanzia lo stato spende all’anno una media di 5.739,17 euro; 6.634,15 euro nella scuola primaria; 6.835,85 euro nella scuola media; 6.914,31 euro nella scuola superiore. Queste cifre sono di riferimento per le paritarie non profit per capire se erano esentate o meno dal pagamento dell’Imu per la parte della struttura destinata all’attività didattica: se il proprio corrispettivo medio era inferiore o uguale al costo medio per alunno non ci doveva essere pagamento…
Per le scuole paritarie non si paga l’Imu se si è all’interno di un percorso controllato e verificato paritario e se l’importo delle rette è minore a quanto lo Stato paga per la frequenza annuale in scuole statali”. Secondo l’economista Stefano Zamagni, intervistato dal sito online Vita.it, non si esce da questo impasse finché non si risana la conflittualità creatasi tra l’art. 33 della Costituzione Italiana:
“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”; ed l’art. 118 introdotto nel 2001, che sancisce il principio di sussidiarietà: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”, rendendoli compatibili.
Anche il prof. Luca Diliberto, docente all’Istituto ‘Leone XIII’ di Milano ha sottolineato che le scuole paritarie sono un patrimonio da non perdere per l’Italia: “La complessa vicenda storica del nostro Stato, che si è nutrita purtroppo, almeno sino ai primi decenni del Novecento, di uno spirito fortemente anticlericale anche in ordine all’istruzione, ha però prodotto snodi positivi, come la revisione del Concordato (1983) e, soprattutto, la cosiddetta legge sulla parità del 2000.
Il riconoscimento della qualifica di ‘paritarie’ alla stragrande maggioranza delle scuole cattoliche ne ha sancito il ruolo all’interno del sistema di istruzione nazionale; da quel momento, le scuole paritarie sono pubbliche. Ogni scuola che si chiude, gravata dall’impossibilità di far fronte a costi sempre crescenti o improvvisi, impoverisce i territori in cui si è radicata. Nessuno può gioirne, anche perché le istituzioni civili si troverebbero a dover fare ulteriori investimenti per garantire agli studenti lo stesso servizio educativo (si pensi, soprattutto, all’impegno per scuole dell’infanzia o primarie)”.
E chiudiamo questo pezzo con un richiamo a don Luigi Sturzo, che in lungo articolo del luglio del 1947, intitolato ‘La libertà della scuola’, scriveva: “Finché la scuola in Italia non sarà libera, nemmeno gli italiani saranno liberi”.