Un’associazione per la liberazione di padre Dall’Oglio
Nell’Angelus di domenica scorsa papa Francesco ha rivolto un appello per la liberazione del gesuita rapito due anni fa in Siria, dei vescovi ortodossi e delle altre persone ancora sotto sequestro: “Tra qualche giorno ricorrerà il secondo anniversario da quando, in Siria, è stato rapito padre Paolo Dall’Oglio. Rivolgo un accorato e pressante appello per la liberazione di questo stimato religioso… Non posso dimenticare anche i Vescovi Ortodossi rapiti in Siria e tutte le altre persone che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate”.
Nella stessa giornata il Nunzio apostolico in Siria ai microfoni della Radio Vaticana, mons. Zenari, ha ricordato il gesuita rapito il 29 luglio del 2013 a Raqqa: “Tutti lo ricordiamo con grande amore, con grande simpatia, con grande stima: questo religioso che ha amato la Siria, che ha fatto molto per il dialogo interreligioso… Vorrei ricordare che assieme a lui sono sequestrati e non si hanno notizie altri sei ecclesiastici tra cui due vescovi, fino all’ultimo sacerdote rapito un paio di settimane fa, qui nel Sud della Siria. Questi sette ecclesiastici fanno parte di migliaia, sono migliaia le persone scomparse senza lasciare alcuna traccia e con dolore per tantissime famiglie”.
Nel frattempo per tenere desta la memoria del gesuita nei giorni scorsi a Roma è stata presentata ufficialmente l’associazione ‘Giornalisti amici di padre Dall’Oglio’, definito da Riccardo Cristiano, giornalista di Radio Rai e uno tra i promotori della nuova realtà associativa: “un profeta cattolico, un prete profeta, ma anche italiano, cittadino italiano, come tutti noi… Don Milani diceva che il posto dei profeti è la prigione, ma non è bello per chi ce li mette.
Ecco per noi padre Paolo è un profeta in prigione, un profeta di questo nostro tempo nel quale crescono odi che lui già anni fa ci aveva indicato. E per dire ai suoi sequestratori che non è bello quello che fanno a Paolo, nostro concittadino e siriano d’adozione, come a migliaia di siriani inghiottiti nel buio abissale di questa carneficina senza fine, abbiamo per senso civico e per urgenza professionale deciso di dare vita a questa associazione. Perché sia chiaro che possono sequestrare un uomo, ma non possono sequestrare la sua testimonianza umana, spirituale, culturale, politica, di fede e il suo impegno per il vivere insieme”.
L’Associazione, presentata presso la sede della Federazione nazionale della stampa, ricorda l’impegno spirituale e culturale per il dialogo portato avanti dal gesuita, fondatore della comunità monastica di Deir Mar Musa al-Habachi, come hanno scritto i promotori: “Possiamo dire che chi ha sequestrato padre Paolo non ha sequestrato anche la sua testimonianza di fede e il suo pensiero, il suo impegno, il suo servizio. Non ne faremo un totem, ma un argomento di riflessione e di comprensione di una realtà agghiacciante, di un martirio che va avanti addirittura da quattro anni: il martirio del popolo siriano, tra tirannidi e totalitarismi terrificanti”.
Anche Amedeo Ricucci, giornalista Rai, sequestrato in Siria il 3 aprile 2013 e per il quale padre Dall’Oglio si spese per il rilascio che avvenne 11 giorni dopo, ha portato la sua testimonianza: “Non ho mai visto fiocchi gialli, né tantomeno gigantografie di padre Paolo Dall’Oglio appese nelle facciate dei municipi. Oggi il suo nome viene tirato fuori solo in chiave statistica per ricordare che sono cinque gli italiani sequestrati nel mondo, quattro in Libia e uno, padre Paolo appunto, in Siria…
Ricordare padre Paolo, significa non dimenticare anche i 250.000 morti della guerra siriana, le migliaia di detenuti nelle carceri dell’una e dell’altra parte in lotta. Purtroppo oggi parlare di Siria è parlare solo dell’Isis, dello Stato islamico. La Siria non fa più notizia”.
Padre Paolo Dall’Oglio è stato definito dal prof. Antoine Courban, docente alla Saint Joseph University di Beirut, un ‘profeta del nostro tempo’ in un convegno dedicato a lui e alla Siria nello scorso maggio: “Per parlare di questo Oriente che è quello di padre Paolo Dall’Oglio, voglio rendere omaggio alla sua opera come testimonianza in favore dell’umanesimo integrale, né teocentrico né antropocentrico.
Un umanesimo nel quale l’uomo non è schiavo di Dio né suo rivale. L’umanesimo integrale, nella fedeltà all’incarnazione, riconcilia nell’uomo il cielo e la terra, e costituisce la pietra angolare dell’ordine politico di domani in un mondo travolto dalla spirale dell’odio. Questa a mio avviso è la pietra angolare del messaggio di padre Paolo…
I teologi e gli storici conoscevano il ‘genio carnale’ degli antichi cristiani di tradizione antiochiea tra i quali padre Paolo ha scelto di vivere come testimone dell’Incarnazione, attraverso un umanesimo integrale non esclusivo ma aperto a tutti, in particolare a quell’islam del quale si proclama innamorato quale ardente testimone di Gesù Cristo…
Se dobbiamo radicare l’opera di padre Dall’Oglio in ogni tradizione, sarebbe nella visione che emerge da uno dei più bei testi del cristianesimo, la ‘Lettera a Diogneto’, scritta nel II secolo d.C., da un anonimo cristiano di Siria a un amico pagano, per parlargli di quel cristianesimo che è stato chiamato una superstizione”.