Terra viva: un Manifesto per l’ambiente

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All’Expò di Milano si entra nel vivo del tema e molte associazioni presentano le loro attività e le loro proposte per ‘superare il paradigma dell’economia lineare estrattiva in favore di quella circolare rigenerativa, per guidare non solo la gestione dell’ambiente e dell’agricoltura, ma tutte le scelte economiche e sociali’, in parole semplici cercare di trovare il modo per non saccheggiare il pianeta.

Così il documento ‘Terra Viva’, presentato a Cascina Triulzia nel Padiglione della Società Civile di Expo 2015 (111 pagine scritte da un panel di ricercatori ed esperti di tutto il mondo, tra cui molti italiani, guidati dall’ambientalista Vandava Shiva e curato da Navdanya internazional, Banca popolare Etica e Fondazione Triulzia) vuole dar vita a un ‘movimento per il cibo’: “Il Manifesto mostra come le emergenze e le crisi del nostro tempo siano interconnesse e non possano essere affrontate separatamente: il suolo, la terra, l’accaparramento delle terre, l’agricoltura, il cambiamento climatico, la disoccupazione, la crescita della disuguaglianza, la violenza e le guerre”.

Durante la presentazione Vandana Shiva, leader di Navdanya International, con la presenza di don Luigi Ciotti, del ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, Ugo Biggeri, Presidente di Banca Etica ed Etica Sgr, Sabina Siniscalchi, Vicepresidente Vicario di Fondazione Triulza, ha commentato l’iniziativa mondiale: “L’economia, che è parte della società, è stata posta al di sopra della società, al di fuori del controllo democratico.

Il benessere delle persone e delle comunità è stato sostituito dal benessere delle multinazionali, mentre la produzione reale è stata rimpiazzata dall’astratta moltiplicazione del capitale. Il risultato è la scomparsa della democrazia e l’aumento degli squilibri economici. L’agricoltura su piccola scala è importante perché produce più cibo e più opportunità lavorative, soprattutto in questa fase di alta disoccupazione.

L’agricoltura ecologica è l’unico modo per nutrire il Pianeta. C’è bisogno di un nuovo patto che riconosca che noi siamo il suolo: veniamo dal suolo, siamo sostenuti dal suolo”.

I dati sono inquietanti, perché al suolo urbanizzato entro il 2030 si aggiungerà una città estesa come tutto il Sudafrica. La terra fertile è stata erosa a una velocità tra le 10 e le 40 volte superiore alla sua capacità di rigenerazione. Il 40% delle guerre degli ultimi 60 anni è stato causato da clima, suolo, risorse.

La guerra siriana e il terrorismo di Boko Haram sono figli anche dei mutamenti climatici. Quindi l’attuale modello agricolo industriale ha fallito. Del tutto compenetrato con il modello economico dominante, fondato sempre sulla sottrazione e mai sul ritorno, su processi economici che distruggono la vita, portano all’estinzione di specie animali e vegetali e conducono al collasso gli ecosistemi.

Un modello realizzato per il profitto di pochi, causa di squilibri economici, di pericolosa instabilità, di disperata povertà, di fame e disoccupazione. Per la prima volta nella storia dell’umanità il futuro della specie umana non è più certo: le calamità climatiche, i conflitti e le guerre ci spingono verso il collasso ecologico, economico e sociale.

Ed Ugo Biggeri ha aggiunto: “Negli ultimi decenni purtroppo la finanza speculativa non ha esitato a utilizzare anche beni primari come il cibo per scommettere e aumentare i profitti di pochissimi ai danni di intere popolazioni. Noi chiediamo che le materie prime alimentari siano sottratte ai mercati speculativi, che rendono i prezzi degli alimenti volatili e spesso inaccessibili o ingiustificatamente costosi.

Nei nostri investimenti escludiamo tutte le multinazionali che producono OGM, sfruttano il suolo indiscriminatamente, inquinano, speculano sul cibo. Diamo credito, invece, ai tantissimi piccoli imprenditori che scelgono di coltivare la terra con metodi biologici, nel rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, creando un ritorno positivo per la propria comunità”.

Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, ha chiosato: “Dobbiamo ripartire dalla cura del nostro pianeta perché non può esistere un’etica della convivenza senza un’etica della terra. La terra non è solo generatrice, è anche maestra di vita. Insegna la costanza, la profondità, la corresponsabilità e, come bene comune, indica la via della condivisione e della giustizia sociale”.

Infatti nel Manifesto si indica un modo nuovo di pensare l’agricoltura: “La centralità della terra, del suolo e del lavoro trasforma la nuova agricoltura in una decisiva fonte d’impiego produttivo, capace di generazione di reddito. In particolare, essa offre ai giovani nuove e attraenti opportunità per guadagnarsi da vivere. Il ruolo delle donne è fondamentale.

Esse sono, da una parte, le custodi della diversità genetica, dall’altra quelle cui spetta la preparazione e la trasformazione del cibo. Così le donne collegano terra e consumo, esattamente come rappresentano l’asse principale di collegamento fra la sfera sociale e quella economica…

La resilienza climatica che si ottiene con l’agricoltura biologica è la risposta all’insicurezza alimentare, all’insicurezza idrica, alla vulnerabilità climatica e alla creazione di milioni di profughi del suolo e del clima. E’ la strada che porta alla pace in tempi di conflitti crescenti. La nuova agricoltura è parte di un’economia circolare. Essa produce ciò di cui ha bisogno, è autosufficiente, ed è in grado di assorbire i colpi esattamente come aiuta la società intera ad assorbirli. Se c’è circolarità nella relazione città-campagna, le crisi economiche possono essere fronteggiate assai meglio”.

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