Arturo Paoli: camminando s’apre cammino

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Nel suo testamento spirituale fratel Arturo Paoli ha scritto: “Credo fermamente che Gesù sia misericordioso non solo perché lancia un salvagente all’anima che sta per naufragare nella condanna eterna ma anche e soprattutto per la sua decisione, suggerita dal suo amore infinito di fare di ogni creatura umana, direttamente o anche a sua insaputa, un partecipe al suo progetto di amorizzare il mondo. Abbiamo motivo di credere che una lagrimetta finale ci salverà dall’inferno. Ma i veri cristiani sono quelli che fanno quanto possono per portare frutto ‘Io sono la vite e voi i tralci’. Questo e solo questo è il nostro Salvatore”.

Nell’omelia funebre l’arcivescovo di Lucca, mons. Italo Castellani, ha ricordato un episodio della sua vita: “Ma un ricordo ed un segno particolare, tra tanti altri, custodisco nel cuore. Fratel Arturo, fino allo scorso anno, ha sempre partecipato alle Celebrazioni in Cattedrale presiedute dal vescovo: la Messa Crismale, la Santa Croce…

Fino alla Messa Crismale dello scorso anno, ultracentenario, anche se a fatica, veniva sempre a condividere con il vescovo e i confratelli questi momenti importanti di comunione con il vescovo e la Chiesa: un po’ per affetto e un po’ per farlo sentire più sicuro, al momento della Preghiera Eucaristica lo invitavo ad approssimarsi a questo altare in modo da potervisi anche appoggiare. Ciò che mi colpiva, e che potevo ben vedere perché accanto a me, era il fatto che fratel Arturo non si appoggiava alla mensa ma con le sue mani, grandi e segnate dalla Storia, si afferrava con forza ed estrema passione alla tavola della mensa, che non è un elemento dell’altare ma Cristo stesso”.

Condensare la vita di Arturo Paoli in poche righe è difficile, ma resta ancora indelebile un incontro di circa 30 anni fa a Tolentino in cui ci fece capire che il cristianesimo è gioia, cambiandomi la visione sul mondo. La sua vita è stata molto densa e sempre ‘controcorrente’ in adesione al Vangelo. Dopo essere stato vice assistente di Azione Cattolica nel 1954 è nominato cappellano degli emigranti in Argentina. Dopo alcune vicissitudini trascorre un po’ di tempo nel deserto, aderendo alla congregazione dei ‘Piccoli fratelli’ del beato Charles de Foucauld e fondata da René Voillaume in Algeria, dove per un certo periodo ritrova il suo vecchio amico Carlo Carretto, anch’egli passato dalla dirigenza dell’Azione Cattolica alla vita religiosa nel deserto del Sahara.

A cavallo degli anni ‘60/’70 ritorna in America Latina, diventando consigliere teologico di mons. Enrique Angelelli, ucciso nel 1976 dalla dittatura argentina. Collaborò con la Resistenza, contribuendo alla rete clandestina di soccorso DELASEM (Delegazione per l’assistenza agli immigrati), che in Toscana aiutava gli ebrei a sfuggire ai nazisti, a cui partecipò anche Gino Bartali. Nel 1999 a Brasilia Fratel Arturo ricevette dall’ambasciatore di Israele, il titolo di ‘Giusto tra le nazioni’, per aver salvato nel 1944 a Lucca la vita di Zvi Yacov Gerstel e di sua moglie.

Il suo nome, ‘salvatore non solo della vita di una persona, ma anche della dignità dell’umanità intera’, è stato inciso nel Muro d’Onore dei Giusti a Yad Vashem. La pubblicazione nel 2005 del diario di Giorgio Nissim ‘Memorie di un ebreo toscano (1938-1948)’ ha rivelato l’azione clandestina svolta da lui, che come referente della DELASEM a Lucca, partecipò al salvataggio di oltre 800 persone in Toscana. Il 25 aprile 2006, ha ricevuto la Medaglia d’oro al valor civile dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nella sua vita ha scritto 45 libri.

Alcuni mesi fa aveva incontrato papa Francesco ed in articolo pubblicato nel febbraio 2014 dalla rivista ‘Oreundici’ aveva scritto sulle novità proposte dall’Evangelii Gaudium: “La missione fondamentale dei pontefici è quella di guidarci sul retto cammino della fede, perché evidentemente non possiamo dirci cristiani se non conosciamo e non seguiamo il cammino aderente alla verità del Vangelo… La sua scelta preferenziale è quella dei più abbandonati della terra. La sua finalità è di seguire ‘questo cammino luminoso di vita e sapienza’.

Evidentemente questo cambio di orientamento avviene nell’epoca in cui il calo improvviso e prepotente dei seguaci di una pratica cattolica non potrà essere recuperato con il richiamo a una fedeltà alla dottrina della fede con argomenti razionalistici, ma solo scoprendo realmente che la relazione fra ricchi e poveri accresce il suo divario in maniera preoccupante…

Credo che i primi effetti dell’avere dato la preferenza ai poveri da parte del papa Francesco ed essere riuscito a esprimere in molti modi la sua preferenza per gli ultimi, siano di avere messo la Chiesa su questa preferenza, e non tornerà più indietro. L’attenzione attuale della Chiesa non è data alla verità ma alla carità, all’amore. Il padre veramente padre non trascura certamente la verità ma provoca in tutti i modi la sua scelta preferenziale per i suoi figli vittime di ingiustizie palesi”.

Nel libro ‘Cercando libertà. Castità, obbedienza, povertà’ abbozza una risposta cristiana alla povertà: “Il nocciolo del discorso di Gesù, semita tra i semiti, è diverso: prima di arrivare al piano della relazione con le cose, al piano della produzione, l’uomo deve risolvere il problema della sua relazione con l’altro. L’uomo è prima di tutto originariamente figlio di Dio e vive tutta la sua relazione con gli altri.

Dio gli sfugge, Dio si trasforma in un’immagine falsa, tirannica, se l’uomo non lo raggiunge per il cammino della relazione con gli altri… La povertà, in sé, non è un bene, né una virtù, è un’esclusione, e come tale è un male; ma è l’occasione di scoprire che esistono dei valori, delle felicità, dei beni che stanno nell’uomo e che l’uomo deve pazientemente estrarre da sé…

Il messaggio di Gesù non è: ‘Le cose non sono importanti, quello che conta è lo spirito’, ma piuttosto: ‘Non angustiatevi, non tormentatevi’, cioè usate le cose con pace, con amore. ‘Scoprite prima il Regno di Dio’, cioè la relazione pacifica, fraterna fra voi… Non possiamo svuotare l’economico dal momento che il Figlio di Dio si è fatto carne ed ha assunto con responsabilità una relazione con le cose, con la materia. Rinunciare a guardare in faccia l’economico, disprezzarlo, è come svuotare la croce di Cristo”.

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