Papa Francesco: “Giovani, chiedete a Gesù un cuore libero”
Con due preghiere, Papa Francesco termina il suo viaggio in Ecuador, Bolivia e Paraguay. Due preghiere inventate sul momento davanti a una folla di giovani pronti ad “hacer lio,” a fare rumore, come chiede loro Papa Francesco. Ma anche – ha aggiunto il Papa – ad organizzarsi, per non fare rumore tanto per farlo.
L’invito ad organizzarsi è una novità nella retorica di Papa Francesco. Lo stesso Papa ha detto che gli viene dall’incontro con un confratello vescovo, che gli ha detto (scherzando ma non troppo): “Lei inciti pure i giovani a fare rumore, poi siamo noi che dobbiamo mettere a posto.” Ma è un invito ad organizzarsi che nasce anche dalle peculiarità della situazione paraguayana, un Paese diverso rispetto a Bolivia ed Ecuador, dove ancora ci sono politiche neoliberiste e dove sembra si senta di più la diseguaglianza sociale.
C’è bisogno della Chiesa, in Paraguay, come in tutta l’America Latina. Ma Papa Francesco non vuole fare discorsi politici. Come di consueto quando è di fronte ai giovani, si lascia toccare dall’emozione del momento. Aveva preparato un testo, e in esso c’era una sorta di sua personale lista delle beatitudini (“Felici coloro che hanno misericordia. Felici coloro che sanno mettersi nei panni dell’altro, che hanno la capacità di abbracciare, di perdonare. […] Felici quelli che sono portatori di nuova vita, di nuove opportunità. Felici quelli che lavorano per questo, che lottano per questo. […] Felici quelli che sono capaci di aiutare gli altri nei loro errori, nei loro sbagli. Che sono veri amici e non abbandonano nessuno. […] Felici quelli che vedono soprattutto il buono che c’è negli altri.”). Ma è proprio il brano delle beatitudini, letto da Orlando, e quello che Orlando chiede al Papa, che fa porta Papa Francesco a improvvisare. Tutto era già nell’aria, il Papa conosceva domande e risposte, ma mostrava di prendere appunti quando i ragazzi gli parlavano, quasi a cercare un guizzo. E l’idea gli viene dalla richiesta di Orlando di pregare per la libertà.
Ecco, allora, che il Papa improvvisa la preghiera del cuore libero. “Signore Gesù, dammi un cuore libero. Che non sia schiavo di tutti gli inganni del mondo. Che non sia schiavo delle comodità, degli inganni. Che non sia schiavo di una bella vita. Che non sia schiavo dei vizi. Che non sia schiavo di una falsa libertà che è fare quello che mi piace in ogni momento.”
È un discorso tutto incentrato sulle parole di Orlando, ma anche sulle esperienze di Manuel e Liz i due giovani che si rivolgono a Papa Francesco sul Lungofiume Costanera, ad Asunciòn.
Per prima parla Liz, 25 anni, infermiera per professione e necessità, perché dopo una infanzia difficile, con i genitori separati, ha dovuto fare da “madre a sua madre” dopo che questa si è ammalata di Alzheimer, e deve anche accudire la nonna, che non sta bene. Chiede al Papa: quando siamo disperati, in cosa possiamo sperare? E quale è il modello di Chiesa che dobbiamo costruire?
Poi parla Manuel, 18 anni, un giovane che ha vissuto l’esperienza dello sfruttamento minorile, che ha perso la madre, e che ha ritrovato speranza conoscendo i giovani della pastorale della gioventù, e ora sente voglia di servire gli altri. Chiede al Papa: cosa possiamo fare, noi giovani che abbiamo bisogno di una formazione pastorale permanente e concreta e siamo costretti a lavorare per vivere?
Sottolinea il Papa: “Liz ci insegna una cosa con la sua vita che non bisogna essere come Ponzio Pilato, lavarsi le mani. Liz avrebbe potuto tranquillamente mettere sua mamma in una casa e sua nonna in un’altra e vivere la sua vita di giovane, divertendosi, studiando quello che voleva. Ha detto no, e si è convertita in una serva. (…) Lei ha bruciato la sua vita finora servendo sua mamma e sua nonna, da sola. Non era più da sola, ha detto due cose che ci devono aiutare.”
“Liz – continua il Papa – ci dimostra che la sua vita la brucia nel servizio a sua madre, è un grado altissimo di solidarietà, un grado altissimo di amore, una testimonianza.”
Poi, Manuel, che “è stato sfruttato, è stato solo…. Sfruttamento maltrattamento e solitudine… ma invece di uscire a fare cose divertenti, invece di uscire a rubare, è andato a lavorare, invece di uscire a vendicarsi della vita…” E dunque “abbiamo testimonianza di un ragazzo che da bambino ha saputo cosa è il dolore e la tristezza e non aveva da mangiare ed era solo. Signore salva questi bambini e queste bambine che sono in questa situazione e per noi, che non siamo in questa situazione, grazie Signore.”
Ricorda il Papa che “la vita non è facile per molti giovani, vorrei che lo metteste bene in testa. A questi ragazzi e queste ragazze dobbiamo dire che siamo vicini, vogliamo dar loro una mano con solidarietà con amore.”
Papa Francesco sottolinea “due frasi che hanno detto Liz e Manuel. Liz ha detto che ha cominciato a conoscere Gesù, e questo è aprire la porta. Manuel ha detto: ho conosciuto Dio, la mia fortezza. Conoscere Dio è la fortezza, avvicinarsi a Gesù è speranza e fortezza, e questo è quello di cui abbiamo bisogno per i giovani oggi.”
Arringa il Papa: “Non vogliamo giovani debolucci, dei giovani che stanno lì né sì né no. Non vogliamo giovani che si stancano subito e che vivono stanchi, con la faccia annoiata. Vogliamo dei giovani forti, vogliamo dei giovani con speranza e fortezza, perché conoscono Gesù, perché conoscono Dio, perché hanno un cuore libero.”
Certo, concede il Papa, “occorre sacrificio, occorre andare contro corrente. Le beatitudini che abbiamo letto sono il disegno di Dio su di noi, questo disegno controcorrente. Gesù gli dice: beati i poveri in spirito… non dice beati i ricchi che accumulano i soldi. No, i poveri in Spirito, beati coloro che hanno la capacità di affliggersi.”
Ed ecco la preghiera del Papa: “Gesù ti chiedo per i giovani che non sanno che sei la sua fortezza, che hanno paura di essere felici, che hanno paura di sognare… insegnaci a sognare cose grandi, cose belle, cose che anche se sembrano quotidiane ingrandiscono il cuore. Signore Gesù, dacci fortezza, dacci un cuore libero, dacci una speranza, dacci l’amore e insegnaci a servire.”
La “gioventù di Papa Francesco” – come la chiama il vescovo Valenzuela – comincia allora ad “hacer lio.” Sono molti i giovani impegnati. Il vescovo dice al Papa che 70 mila hanno le giacche bianche, sono quelli che si impegnano ad essere servitori. E poi c’è la Croce pellegrini, riproduzione esatta di quella della Gmg, che i vescovi hanno consegnato ai giovani perché la portino in giro per le diocesi.
Forse c’è ancora un po’ di eredita delle reducciones in Paraguay, quando i gesuiti insegnavano al popolo guaranì a fare una vita non da servitori o da dominati, ma da persone in grado di decidere il loro destino. Con gli occhi rivolti al cielo, in cerca della terra senza male, ma con i piedi piantati a terra, in cerca di uno sviluppo che fosse solo loro, e non prescindesse dagli altri. Un lavoro per lo sviluppo integrale che costò ai gesuiti l’espulsine da quelle terre, e poi da tutti i territori europei tranne che dalla Russia, e che portò gli indigeni a un regresso incredibile.
Ma ora c’è bisogno di quello sviluppo e guardare indietro alla storia delle reducciones è uno sprone per fare qualcosa di nuovo e vero. Così, l’altare su cui il Papa ha celebrato al Messa è tutto ispirato alla storia delle reducciones. E sono delle reducciones le musiche che salutano il Papa all’aeroporto. Ci è arrivato direttamente in Papamobile, perché sulla via dell’aeroporto si ferma al supermercato Ycuá Bolaños, dove il 1 agosto 2004 un incendiò causò la più grande tragedia civile della storia del Paraguay, che causò la morte di 396 persone e 500 feriti, molti bambini. C’erano i famigliari delle vittime e una gran folla ad aspettarlo, e bloccano la Papamobile, lo vogliono salutare. Così, il Papa fa un po’ tardi, non cambia la macchina. All’aeroporto anche lo aspetta una folla per salutarlo.
Ed è tempo di andare per Papa Francesco. E per i giovani paraguayani di rimboccarsi le maniche: hacer lio e organizzarsi bene. È la consegna che ha lasciato loro il Papa.