Pax Christi: essere irriducibili sognatori
“Fin dall’inizio del pontificato, papa Francesco ci sollecitava a diventare ‘canali di misericordia divina attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace’ (Pasqua 2013).
Nel 1985 Tonino Bello ci invitava a canalizzare l’acqua della pace per diffonderla ‘senza inquinarla, manipolarla, disperderla, trattenerla e farsela pagare’ (Sui sentieri di Isaia). Siano pronti ad accompagnare cammini sociali, civili, culturali ed ecclesiali come lettere viventi della prossima enciclica sul creato e come cittadini attivi per un’Europa che non vuole diventare prigioniera del silenzio complice di Caino: eventuali suoi interventi armati nel nord Africa diventerebbero moltiplicatori di violenze e di morte. Solo una politica responsabile di giustizia, di libertà e di accoglienza secondo i suoi principi fondativi e la Dichiarazione universale dei diritti umani può alleviare le sofferenze di tante persone violentate da miserie e guerre e riscattare la nostra umana dignità”.
Con tale messaggio si chiudeva l’assemblea nazionale di Pax Christi davanti ai continui naufragi nel mar Mediterraneo. Mons. Santiago Agrelo, vescovo di Casablanca, recentemente ha detto: “E’ inaccettabile che la vita di un essere umano abbia meno valore di una presunta sicurezza e impermeabilità delle frontiere di uno Stato. E’ inaccettabile che una decisione politica vada riempiendo di tombe il cammino che i poveri percorrono con la forza di una speranza.
E’ inaccettabile che merci e capitali godano di più diritti dei poveri per entrare in un Paese. E’ inaccettabile che si rivendichino frontiere impermeabili per i pacifici della terra e si tollerino frontiere permeabili al denaro, alla corruzione, al turismo sessuale, alla tratta delle persone, al commercio delle armi”.
Infatti nell’editoriale del numero di maggio del mensile ‘Mosaico di Pace’ padre Zanotelli ha scritto: “Siamo in guerra contro gli impoveriti del sistema, che è la causa del loro esodo biblico… L’ONU ci ricorda che l’86% dei rifugiati trova asilo nei paesi del sud del mondo. L’opulenta Fortezza Europa sta invece facendo di tutto per respingere questi ‘ naufraghi dello sviluppo’”. Partendo da queste provocazioni abbiamo rivolto al vicepresidente nazionale di Pax Christi, Sergio Paronetto, alcune domande: ancora quanti morti serviranno prima che l’Europa aprirà le porte della sua ‘fortezza’?
“Purtroppo i morti continuano. Il Mediterraneo continua ad essere un grande cimitero, una liquida ‘fossa comune’ per migliaia di ‘desaparecidos’. Ma luoghi di morte sono diventati o stanno diventando altri punti tra Marocco e Spagna, tra Turchia e Grecia o lungo la rotta balcanica verso Trieste o verso l’Ungheria, tra Ungheria e altri paesi europei”.
L’Unione Europea è Nobel per la Pace: non è un controsenso?
“Sì, oggi è un controsenso o una contro testimonianza. Sta avvenendo un naufragio delle coscienze! Dopo le orribili guerre mondiali, l’Europa sembrava presentarsi come faro di civiltà o esempio di democrazia, con una politica estera, nonostante tutto, attenta alla cooperazione e ai diritti umani. Oggi si parla, prevalentemente, di indici di borsa, taglio alle spese, affari, debito (a volte inesigibile o illegittimo).
Qualcosa sembra muoversi dopo l’orrore degli 800 naufragati ma stanno dominando ancora paure, avarizie o pulsioni militariste sollecitate da populisti xenofobi che fanno dell’allarme verso ‘il nemico invasore’ la sostanza della loro politica di esclusione (e di eliminazione del grande e delicato problema dei migranti forzati eliminando le persone). Quanto siamo lontani dagli applausi rivolti al papa che a Strasburgo, nel novembre scorso, aveva invocato la necessità di porre la dignità umana al centro della politica, dell’economia, della cultura!”
A quale politica estera è chiamata l’Europa?
“Il papa ha detto a Strasburgo che l’Europa è ‘una storia ancora da costruire’! L’appello di 40 associazioni cattoliche (22 aprile scorso) ha indicato piste necessarie di politica estera: rilanciare un ‘mare nostrum’ europeo, aprire corridoi umanitari riconosciuti dell’ONU, stabilizzare la Libia unificando le forze contrapposte, bloccare il traffico delle armi, modificare gli accordi di Dublino…
In prospettiva è necessario essere fedeli alla ‘dichiarazione Schuman’ (9 maggio 1950), ricordata giorni fa dal nostro presidente Mattarella, che dava avvio al processo di integrazione europea tramite realizzazioni concrete sia tra paesi europei sia tra Europa ed Africa. Tra i padri fondatori dell’Europa era evidente la necessità di contribuire allo sviluppo africano, visto come parte integrante del destino dell’Europa”.
Chi fugge cosa spera di trovare?
“Lo diceva molto bene il papa il 19 aprile scorso: ‘Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano un futuro migliore…Cercavano la felicità’. La loro storia ricorda la nostra storia ed è simile a quella di tantissime persone che stanno migrando da un paese all’altro anche in Asia (dove si stanno scoprendo fosse comuni e campi di prigionia tra Thailandia e Malesia) e nelle Americhe.
Tremenda è anche la fuga dalle zone di guerra dell’Iraq, della Siria e di tutto il Medio oriente. Oggi nel mondo ci sono circa 300.000.000 di persone che vivono in un paese diverso da quello da cui sono dovuti fuggire. La loro povertà materiale mette in risalto la grande povertà della nostra politica e della nostra umanità impaurita, triste e chiusa”.
Allora, come si può essere irriducibili sognatori?
“Coniugando realismo e profezia. Dedicandoci con paziente perseveranza, come ci invitava a fare papa Francesco a Pentecoste, alle opere di giustizia e di pace. Educandoci alla pace che è ‘un’arte che si impara’, come diceva don Tonino Bello. Diffondendo semi di riconciliazione. Alimentando la fiducia nella possibilità di cambiare. Tenendo acceso il fuoco della speranza. Curando ‘la rivoluzione della tenerezza’ (Evangelii gaudium 88, 288)”.