La Comunità di Sant’Egidio ascolta il grido delle Chiese d’Oriente
A fine aprile si è svolto a Bari un incontro fra cristiani per ascoltare il grido di dolore delle Chiese d’Oriente e trovare insieme le soluzioni possibili e opportune ai drammatici problemi del momento presente, e per lavorare insieme per la pace, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.
In apertura il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, ha detto: “Il tempo di Pasqua, tempo di Resurrezione, è anche il tempo più opportuno per interrogarci sul futuro e al tempo stesso per aiutare le comunità del Medio Oriente a superare l’isolamento in cui sono state lasciate. Non possiamo negarci, ha aggiunto, che le cosiddette grandi potenze non sono mai state lontane dal Medio Oriente come oggi, e così il Medio Oriente è più solo, mentre potenze minori esercitano un potere negativo.
L’incontro di oggi vuol essere l’incontro di una forza buona di fronte a tante forze cattive che hanno creato situazioni di dolore: vogliamo mettere insieme forza, intelligenza e fede per trovare insieme un futuro per le comunità cristiane in Medio Oriente”. All’incontro erano presenti molti vescovi italiani e patriarchi e rappresentanti delle Chiese ortodosse e cattoliche del Medio Oriente: Siria, Libano, Iraq, Turchia, Egitto, Cipro.
Nel saluto iniziale è vibrata la denuncia del segretario della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino: “Diventa urgente e vitale non arrendersi e condannare con forza e insieme con convinzione quello che presenta sempre di più i tratti di un vero e proprio olocausto cristiano in Medio Oriente… La cronaca aggiorna tristemente l’elenco dei morti destinati a non finire, e il pericolo maggiore è lasciarci vincere dall’impotenza”. Ha poi citato l’impegno della Chiesa italiana, che ha stanziato la somma di € 2.600.000 per la costruzione di una università ad Erbil.
Non è mancato il messaggio del Patriarca Ecumenico Bartolomeo, con il denunciare che la scomparsa dei cristiani dal Medio Oriente è una tragedia ed occorre trovare soluzioni: “Vogliamo sottolineare ancora una volta che il Patriarcato ecumenico, ben consapevole del suo ruolo storico come rappresentante di queste comunità, invita la comunità internazionale ad agire in conformità al diritto internazionale perché i cristiani d’Oriente non diventino solo un capitolo nei manuali di storia che racconta della loro inesorabile scomparsa. I cristiani d’Oriente sono le ‘pietre vive’ di una regione che ha forgiato la sua storia nel pluralismo degli scambi e dei contatti commerciali, ma anche intellettuali e soprattutto spirituali”.
L’arcivescovo caldeo di Kirkuk e Sulaimanya, Yousif Thomas Mirkis, ha parlato espressamente di epurazione etnica e culturale: “E’ chiaro che c’è in quella regione la volontà di far scomparire i cristiani, ‘la nazione della croce’… Bisogna pensare al futuro dei cristiani ( e delle altre minoranze) che sono sempre state oggetto di discriminazioni costituzionali, giuridiche e amministrative. Gli stati non si sono evoluti, non c’é uguaglianza fra cittadini. I cristiani devono uscire dallo statuto di minoranza protetta, per divenire interamente cittadini. In questo senso esigere la scomparsa della menzione della religione sulla carta di identità sarebbe una necessità”.
Il prof. Andrea Riccardi si è domandato del futuro dei cristiani in Medio Oriente, nel ricordo del genocidio degli Armeni, sottolineando che l’eliminazione dei cristiani: “rappresenta un suicidio del pluralismo, che sarà pagato a caro prezzo dai musulmani stessi, specie dalle minoranze islamiche considerate eterodosse, gli sciiti, le donne, i giovani più globalizzati, i più laici.
Sì, un suicidio, perché i cristiani hanno sempre dato un contributo importante alle età migliori delle società arabe, non fosse la rinascita, la Nahada. Un mondo sta scomparendo: è un dramma per i cristiani, un vuoto per le società musulmane, una perdita per l’equilibrio del Mediterraneo e per la civiltà. Avete vissuto la vicenda dolorosissima della Piana di Ninive, bimillenaria terra cristiana da cui sono stati sradicati i cristiani, in larga parte rifugiati in Kurdistan. C’è poi la vicenda della Siria, dilaniata da quattro anni di violenza e guerra.
Aleppo, per cui abbiamo lanciato un appello fatto proprio dall’inviato dell’ONU ma, purtroppo senza significativi riscontri, sta morendo in un cerchio di fuoco. Aleppo, patrimonio dell’UNESCO, crocevia secolare di convivenza e di scambi, si spegne sotto i bombardamenti, mentre chi può fugge. Era un luogo di convivenza, che ricordo con nostalgia e dolore per la sua vita dolce e tollerante. La guerra in Siria dura quasi come la prima guerra mondiale e produce un incredibile numero di profughi, che soffocano il Libano (1.500.000 su tre milioni di abitanti)”.
Il direttore de ‘La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, ha ribadito: “I cristiani d’Oriente appartengono fin dall’origine al tessuto sociale che forma il mondo arabo. Coabitando fin dall’inizio con l’islàm, i cristiani si sono sempre considerati ‘a casa loro’ in questa terra… La costruzione della società civile nel mondo arabo non è certo un’impresa facile, e in ogni caso non a breve termine. E’ molto importante che i cristiani non rinuncino a solidarizzare con la maggioranza dei loro concittadini, per non rischiare di rinchiudersi in ghetti ed essere costretti a stare sempre sulla difensiva e a sviluppare problematiche aggressive fondate sul rifiuto o sul rigetto dell’altro”.
Infine mons. Mounir Khairallah, vescovo di Batroun in Libano ha detto che il futuro dei cristiani in Medio Oriente dipenderà da quello dei cristiani del Libano: “I cristiani del Libano, come i loro fratelli in altri paesi del Medio Oriente, hanno pagato un caro prezzo per questa qualità di presenza, nel corso dei secoli; non vogliono, in nessun caso e per nessuna ragione, perdere i benefici oggi. E’ nostra profonda convinzione. E’ la nostra missione.
Come eravamo nel nostro Medio Oriente, nei secoli XVIII, XIX e XX, i campioni del Rinascimento, religioso, culturale, politico ed economico,vogliamo essere nel XXI secolo i paladini dei diritti dell’uomo, i referenti della convivialità nella libertà e nel rispetto della diversità, e i promotori della cultura, del dialogo, del perdono e della pace… Noi siamo qui, e qui rimarremo impegnati nella nostra missione, lievito nella pasta di un Medio Oriente in costante ricerca di una pace giusta e duratura. Questo è il nostro futuro!”