Theilard de Chardin ed il cristianesimo cosmico

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Il 10 aprile sono stati ricordati 60 anni dalla morte del padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin. A distanza di tanti anni ancora rimane una delle più singolari figure della cultura cattolica del secolo scorso, geologo e paleontologo di fama mondiale, dalla folgorante spiritualità, ma le cui teorie avevano attirato qualche diffidenza da parte della Chiesa.Infatti nelle sue opere, apparse postume, sostenne una interpretazione spirituale del darwinismo, in una prospettiva di ‘evoluzione finalista’, per cui la creazione era destinata a culminare nel ‘punto Omega’ identificato nel Cristo. Nel 1923 inizia la sua carriera di paleontologo fino al 1946, prevalentemente in Cina, dove scopre, nel 1929, il ‘Sinantropus’, a quel tempo il più antico antenato degli uomini.

Il Sant’Uffizio, alcuni anni dopo la morte, ammonì sulla prudenza con la quale dovevano essere valutate le tesi del ‘gesuita proibito’; rivalutato negli anni post conciliari dal beato papa Paolo VI e dal papa san Giovanni Paolo II, nella lettera pastorale ‘Dono e mistero’ (1996). Henri de Lubac, fra i più autorevoli protagonisti del Concilio Vaticano II, in un passo della fondamentale biografia dedicata a De Chardin ha scritto:

“Uno dei suoi maggiori obiettivi è di abbattere ‘la barriera che, da quattro secoli, non aveva smesso di salire fra Ragione e Fede’, di portar rimedio alla ‘rottura’, sempre più grave dal Rinascimento in poi, fra il ‘naturalismo’ che allontana il secolo dalla Chiesa ‘e la Chiesa che anatematizza il secolo’: situazione infelice e tanto più paradossale in quanto Scienza e Rivelazione gli sembra non possano ‘sussistere entrambi se non nel movimento che le porta, l’una e l’altra, all’incontro’”.

Il card. Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, nel libro ‘Principi di Teologia cattolica’ (1987) aveva sottolineato che uno dei documenti principali del Concilio Vaticano II, la Costituzione Pastorale ‘Gaudium et Spes’, fosse fortemente permeata dal pensiero di questo gesuita. Ma De Chardin non solo è uno scienziato, ma anche un visionario e un mistico.

Basta leggere ‘La messa sul mondo’ per comprendere la sua visione cristica del mondo: “Veramente, attraverso l’operazione tutt’ora in corso dell’incarnazione, il Divino penetra così bene nelle nostre energie di creature che noi non potremmo, per incontrarlo e abbracciarlo, trovare un ambiente più appropriato che la nostra stessa azione. Nell’azione, per cominciare, io aderisco alla potenza creatrice di Dio; coincido con essa; ne divengo non solamente lo strumento, ma il prolungamento vivente.

E siccome non c’è nulla di più intimo, in un essere, della sua volontà, io mi confondo, in qualche modo, attraverso il mio cuore, con il cuore stesso di Dio. Questo contatto è perpetuo perché agisco sempre e, nel medesimo tempo, poiché non potrei trovare un limite alla perfezione della mia fedeltà né al fervore della mia intenzione, mi permette di assimilarmi a Dio ancora più strettamente, indefinitamente.

In questa comunione l’anima non smette di gioire né perde di vista il termine materiale della sua azione. Non è forse uno sforzo creatore quello che essa sposa?” Per lo scienziato gesuita la materia si spiritualizza e attraverso di essa è il cosmo a spiritualizzarsi in un infinito atemporale e immateriale: Dio è energia, forza convergente che attira, avvolgendolo su se stesso, il modo spiritualizzato verso il suo compimento Omega, per cui anche il lavoro è adorazione:

“Nonostante la pratica della retta intenzione e della giornata quotidianamente offerta a Dio la massa dei fedeli cova oscuramente l’idea che il tempo trascorso in ufficio, nel proprio studio, nei campi o nella fabbrica sia sottratto all’adorazione. Certo è impossibile non lavorare. Ma è anche impossibile proporsi quella profonda vita religiosa riservata a coloro che hanno il tempo di pregare o predicare tutto il giorno.

Nella vita, alcuni minuti possono essere recuperati per Dio. Ma le ore migliori sono sperperate o per lo meno svalorizzate dalle cure materiali. Oppressi da questo sentimento moltissimi cattolici conducono in realtà una doppia vita, o una vita impacciata: hanno bisogno di abbandonare la veste umana per ritenersi cristiani, e solo cristiani di secondo ordine”.

In conclusione si può affermare che la pubblicazione delle sue opere letterarie hanno provocato forti polemiche, che lo hanno accusato di ‘panteismo’; ma lui replicava: “Dapprima, mi hanno considerato un ottimista o un utopista beato, un sognatore di uno stato d’euforia umana in un qualche futuro. Poi, cosa più grave ancora, si va ripetendo che sono il profeta di un universo che distrugge i valori individuali.

In verità, la mia più grande preoccupazione è stata quella di affermare che l’unione fra l’uomo e Dio, fra l’uomo e l’altro uomo, fra l’uomo e il cosmo non annulla mai la differenza. Io mi trovo agli antipodi sia di un ‘totalitarismo sociale’ che porta al termitaio sia di un ‘panteismo induizzante’ che conduce ad una fusione e un’identificazione fra gli esseri”.

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