L’Ucraina? Vittima di una invasione straniera, e di un conflitto imposto da fuori
Svjatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, non usa mezze misure. Afferma che “l’Ucraina vive in queste ore una invasione straniera, una guerra imposta da fuori. Non un conflitto civile, ma una guerra non dichiarata e non aspettata”. E nota che l’espressione “guerra fratricida” applicata al conflitto da Papa Francesco lo scorso 4 febbraio “ferisce la sensibilità degli ucraini, che vi riconoscono alcuni termini della propaganda filorussa.” Ma allo stesso tempo spera in un gesto “profetico” di Papa Francesco: “Noi gli abbiamo chiesto di venire a visitare l’Ucraina. Sappiamo che sarebbe troppo, ma sarebbe un gesto profetico, un passo concreto.”
L’arcivescovo Shevchuk parla di fronte ad una affollatissima conferenza stampa in Radio Vaticana, che tiene al termine di una visita ad limina dell’episcopato ucraino. Papa Francesco ha mostrato nel corso di quest’anno sollecitudine per l’Ucraina. L’appello sulla guerra fratricida gli è sgorgato così, spontaneo, al termine dell’Angelus dello scorso 4 febbraio. Nel frattempo, la Segreteria di Stato cerca di mantenere un equilibrio diplomatico, a volte creando anche qualche scontento. Come quando il metropolita Hilarion ha preso la parola allo scorso sinodo della famiglia e ha attaccato la Chiesa greco-cattolica ucraina senza che ci fosse alcuna possibilità di replica né una qualunque dichiarazione a ri-bilanciare le sue parole da parte della Segreteria di Stato o di qualcuno in Vaticano. Come ora che non c’è ancora nessuno che dalla Seconda Loggia del Palazzo Apostolico si prende la responsabilità di dire che l’annessione della Crimea è stata portata a termine illegalmente.
L’arcivescovo Shevchuk, però, conosce la difficile arte della diplomazia. Non usa mezze misure, ma comprende la posizione della Santa Sede. Quando gli chiedono conto del discorso del Papa ai vescovi ucraini in visita ad limina, forse troppo freddo proprio sul tema dell’annessione, risponde che “il Papa ha parlato di diritto internazionale e ha chiesto di rispettare l’integrità del territorio”, facendo capire che quello può bastare. Quando gli viene chiesto se ce l’ha con il Papa per l’espressione “guerra fratricida”, si limita a far comprendere che forse la posta in gioco non è stata poi così spiegata bene al Santo Padre, o che magari c’è stata una cattiva scelta dei termini anche in Segreteria di Stato.
Di certo, quello che si vive in Ucraina è un “ecumenismo di fatto”, perché “le nostre Caritas soccorrono tutti, non chiedono a quale religione appartengono”, e perché sul territorio le religioni sono abituate a lavorare insieme. Altra cosa a livello diplomatico, tanto che Shevchuk ammette che “una collaborazione con il patriarcato russo ortodosso per ora la vede difficile”.
I problemi però sono molti, e sono certificati dalle cifre fornite dall’arcivescovo maggiore. Secondo le statistiche ufficiali dell’Onu la guerra ha già provocato un milione di sfollati, ma le stime non ufficiali parlano di una cifra almeno doppia in fuga dalla Crimea e dal Donbass. Tra loro, ci sono almeno 140 mila bambini.
Racconta Shevchuk che a Donetsk la gente muore di fame, che la Chiesa è diventata “ospedale da campo, secondo la definizione di Papa Francesco”, mentre l’80 per cento della popolazione ucraina si impegna attivamente nel volontariato.
Ma tutto questo non basta. “Voglio lanciare un appello alla comunità internazionale perché al più presto venga avviata un’azione umanitaria nel Paese a favore dei rifugiati”.
Shevchuk intanto diffonde il messaggio ai sacerdoti circa la pastorale in condizioni di guerra, in cui si spiega come opporsi prima di tutto alla guerra informativa, in cui “molteplici comunicazioni, spesso contraddittorie, impressionano profondamente la sfera emotiva dell’uomo” vengono usate come arma di guerra. Sono le guerre ibride, cui opporsi con la preghiera, ma anche stimolando una mobilitazione che fermi l’aggressore, e che porti al superamento del panico, della paura e dell’odio.
Shevchuk sottolinea ai giornalisti: “La prima vittima della guerra ibrida è la verità. Siate testimoni della verità”. Oltre all’aggressione, l’arcivescovo ha citato la “carente” situazione della libertà religiosa: i “fratelli musulmani tartari della Crimea” – dice – sono dovuti fuggire perché perseguitati; gli ebrei di Donetsk hanno dovuto lasciare la regione del Donbass perché sono stati obbligati a registrarsi come ebrei e a pagare una tassa, una procedura tragicamente molto simile a quanto avveniva durante il nazismo; e in Crimea 5 parrocchie hanno ricevuto la richiesta di rinnovare entro il 1° marzo l’autorizzazione a restare con il rischio che la domanda venga liquidata
“L’indifferenza – ha detto Shevchuk – uccide. Chiedo a tutti voi: non siate indifferenti a quanto sta accadendo in Ucraina. Questa guerra prima o poi toccherà tutti. Se non riusciremo a fermarla, domani ne soffrirete tutti in tutti i Paesi”.
Il Papa, come detto, segue il conflitto molto da vicino. Shevchuk racconta che, quando ha incontrato i vescovi ucraini, ha detto loro: “Sono al vostro fianco, sono al vostro servizio”. E Shevchuk, nel suo discorso di indirizzo al Papa durante la visita ad limina, aveva detto chiaramente: “L’Ucraina è vittima dell’aggressione diretta di un paese vicino. Vive gli orrori della guerra che gli sono stati imposti dall’esterno e non a causa di un conflitto civile interno. I milioni di vittime innocenti di questa guerra ingiusta urlano nel loro cuore a Dio chiedendo giustizia e solidarietà. Questo gemito del loro cuore, giorno e notte, sta davanti al Signore!”