P. Ripamonti: una Chiesa senza frontiere per la giornata del Migrante e del Rifugiato

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Per celebrare la 101^ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato il tema scelto da papa Francesco mostra una Chiesa come madre accogliente, ‘Chiesa senza frontiere: madre di tutti’, partendo dall’esortazione evangelica del passo di san Matteo (Mt. 25,35-36) in cui Gesù afferma di accogliere chi è affamato ed assetato: “Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di tutti, è perciò di amare Gesù Cristo, adorarlo e amarlo, particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di essi rientrano certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di lasciarsi alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta”.

Partendo da questa realtà, messa in evidenza dal papa, abbiamo chiesto al presidente del ‘Centro Astalli – Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati’ in Italia, padre Camillo Ripamonti, di spiegarci cosa significa che la Chiesa è la madre di tutti: “Lo dice bene il messaggio di papa Francesco: la Chiesa allarga le sue braccia per accogliere tutti i popoli, senza distinzioni e senza confini e per annunciare a tutti che ‘Dio è amore’ e lo fa fattivamente accogliendo ma anche creando una cultura dell’accoglienza.

Le migrazioni fanno parte dell’uomo di tutti i tempi, ma oggi hanno assunto dimensioni epocali in conseguenza anche delle disuguaglianze economiche e sociali che si sono venute a creare a causa di una economia che favorisce la cultura dello scarto e a causa di numerosi conflitti in molte aree del mondo, pensiamo alla Siria, all’Iraq. Quindi questo tempo ci interpella per non favorire una globalizzazione dell’indifferenza”.

Nel messaggio, infatti, è affermato che ‘la Chiesa senza frontiere, madre di tutti, diffonde nel mondo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, secondo la quale nessuno va considerato inutile, fuori posto o da scartare. Se vive effettivamente la sua maternità, la comunità cristiana nutre, orienta e indica la strada, accompagna con pazienza, si fa vicina nella preghiera e nelle opere di misericordia’. Cosa significa diffondere la cultura dell’accoglienza oggi?

“Significa creare occasioni di incontro e confronto con persone concrete, con le loro storie. Il Centro Astalli da alcuni anni propone due progetti nelle scuole che hanno proprio questa finalità: il ‘Progetto Finestre’, sul diritto d’asilo e il progetto ‘Incontri sul dialogo interreligioso’. Il fulcro di entrambi questi percorsi è l’incontro con i testimoni: dopo un periodo di approfondimento e di preparazione sulle tematiche in questione si organizza l’incontro in classe con un rifugiato che racconta la propria storia o con un testimone che parla della propria religione. Attraverso l’incontro e la conoscenza diminuisce la paura dell’altro, del diverso e si facilita l’accoglienza”.

Inoltre nel messaggio il papa ha parlato del coraggio della fede: ‘Non di rado, però, questi movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso’. In quale modo oggi la Chiesa può assumersi gli impegni di solidarietà, comunione ed evangelizzazione?

“Credo semplicemente assumendo che l’opzione per i poveri è parte integrante dell’evangelizzazione di tutti i cristiani. Dice papa Francesco nell’Evangelii Gaudium: ‘Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. […] E’ necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro’. Non è questa l’opzione solo di qualche gruppo parrocchiale o di qualche prete di frontiera. Dice sempre papa Francesco ‘e necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro [i poveri]’.

Credo che considerare l’opzione per i poveri centrale nel cammino di evangelizzazione apre luoghi esistenziali di comunione e condivisione e obbliga a non rimandare gli impegni di solidarietà, ciascuno poi in quella porzione di mondo che gli è data di vivere ma con un cuore accogliente e aperto e non ripiegato su se stesso”.

Concludendo il messaggio papa Francesco ha richiamato l’icona della Santa Famiglia in fuga in Egitto, invitando a non perdere la speranza: ‘Cari migranti e rifugiati! Voi avete un posto speciale nel cuore della Chiesa, e la aiutate ad allargare le dimensioni del suo cuore per manifestare la sua maternità verso l’intera famiglia umana. Non perdete la vostra fiducia e la vostra speranza!’ I cattolici accetteranno questa posizione?

“Anche qui non si tratta semplicemente di accettare la posizione di papa Francesco. La Bibbia parla in continuazione dell’attenzione particolare di Dio per lo straniero, accanto all’orfano e alla vedova, parla di esilio e deportazione del popolo dell’alleanza del suo dramma e della vicinanza di Dio, nella scena del giudizio universale del vangelo di Matteo un luogo di verifica dell’autenticità della vita del discepolo è proprio l’aver ospitato lo straniero.

Come ci ricorda poi uno scritto dell’inizio della tradizione cristiana, ‘La lettera a Diogneto’: ‘[i cristiani] abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera’. Essere cristiani è essere uomini e donne in cammino insieme agli altri uomini e donne, tutti siamo stranieri e nessuno è straniero, e la Chiesa è madre senza frontiere”.

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