2014, l’anno della canonizzazione del Papa del genio femminile

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Il 2014 è stato l’anno della canonizzazione di Giovanni Paolo II. Per noi vaticanisti che ne abbiamo raccontato il pontificato è stata una emozione particolarissima. E ancora più per noi donne. Per Karol Wojtyła il genio femminile è stato qualcosa di grande e profondo da spiegare, non solo uno slogan mediatico.  Per questo ho scelto di pubblicare il capitolo del libro ” Giovanni Paolo II raccontato da chi lo ha raccontato” edito dalla TAU per la canonizzazione, che ho scritto pensando allo ” zio Lolek” come amava farsi chiamare dai giovani.  

Con il pontificato di Giovanni Paolo II inizia una vera novità: nasce la figura della vaticanista donna. Ormai sembra normale a tutti che ci siano donne che si occupano di cronaca vaticana, ma non era così negli anni ’70. Ma per Wojtyła la donna è complementare all’uomo. Ed ecco un altro patto, più nascosto forse, meno esplicito e con conseguenze pratiche meno evidenti, ma che hanno aperto una strada che fino a poco fa sembrava impercorribile; un patto molto più rivoluzionario. Quello tra Karol Wojtyła e il genio femminile, tra Giovanni Paolo II e le donne.

Un patto che si fonda sui testi biblici e conciliari allo stesso tempo. Una teologia della donna che diventa notizia quando il papa invia alla Conferenze delle Nazioni Unite sulla donna come rappresentante della Santa Sede a Pechino nel 1995: Mary Ann Glendon. Insieme possiamo però rileggere e riascoltare le parole del Giovanni Paolo II alle donne. Nell’Antico Testamento è Isaia forse il primo a raccontare agli uomini l’aspetto materno di Dio, ma si potrebbe dire che solo Giovanni Paolo II ne ha fatto una precisa linea di Magistero sulle orme del Concilio Vaticano II.

Il papa polacco ha recuperato un linguaggio che ci riporta ai Padri, all’immagine femminile della Chiesa antica, alla espressività femminile.

Sono in particolare due i testi ufficiali che hanno fatto parlare il mondo e discutere la Chiesa, le Chiese.

La Mulieris Dignitatem, la lettera enciclica che porta la data mariana del 15 agosto nell’Anno Santo dedicato a Maria il 1988, e la Lettera alle Donne scritta nel 1995 in occasione dell’anno destinato dalle Nazioni Unite proprio alla Donna. Una dichiarazione di lavoro per la Conferenza di Pechino, una traccia ideologica e filosofica per Karol Wojtyła fatta di incontri e di riferimenti, di riflessioni.

Lascio a voi il piacere di leggerli, nella loro prosa letteraria con la teologia dell’uomo, con il tipico sviluppo circolare del pensiero wojtyliano. Cerchiamo invece insieme l’origine comunicativa le parole pronunciate direttamente .

E’ certo che l’amore di Karol Wojtyła per le donne il rispetto per la loro dignità nasce in Maria con una specialissima devozione mariana dell’uomo prima ancora che del papa. Anche questa una speciale attenzione alla femminilità.

“Quanto grande sia la dignità della donna, dice Giovanni Paolo II prima della preghiera dell’del 25 giugno del 1995, è possibile intuirlo già solo dal fatto che l’eterno Figlio di Dio ha voluto nascere nel tempo da una donna, la Vergine di Nazaret, specchio e misura di vera femminilità”.

E la attenzione del papa alla dignità della vita non è forse in primo luogo attenzione alla dignità del ruolo della donna? E quale il posto nella Chiesa oltre che nella società civile?

Un percorso che usa immagini nel nostro cuore come quella del primo saluto in Piazza san Pietro quel 16 ottobre del 1978, migliaia di fedeli, l’attesa per le prime parole del Papa non italiano. “Ho avuto paura di questa nomina …ma l’ho fatto nello spirito dell’obbedienza alla nostra Madonna Santissima.”

Un affidamento che è parte integrante della vita del papa. Ne ricordiamo due: il 13 maggio 1981 e un mese prima di morire, dopo la tracheotomia. Ma ci sono anche i momenti riservati a pochi come gli esercizi spirituali per la Quaresima con la Curia romana. Allora anche il semplice canto del Magnificat conclude la meditazione come un saluto, un arrivederci, più che una preghiera.

“Naturalmente tutti ringraziamo il Signore per questo dono di esercizi spirituali che ci ha offerto, e vogliamo concludere come sempre con il canto Magnificat per esprimere questa nostra gioia e nostro ringraziamento. Sia lodato Gesù Cristo. Magnificat anima mea…. qui potens est...” ( Esercizi Spirituali, Quaresima 1995).

Papa Giovanni Paolo II è ormai santo, e voglio ricordare che i miracoli approvati ufficialmente per arrivare alla gloria degli altari hanno come protagoniste le donne.

Marie Simon Pierre Normand, la suora francese guarita dal morbo di Parkinson, e Florybeth Mora Díaz la madre di famiglia del Costarica guarita da un aneurisma cerebrale.

Miracoli, santità. Le sante di Papa Wojtyła! Non solo suore, fondatrici, missionarie, patrone, ma madri, spose, come Gianna Berretta Molla a Mamma Rosa. E Giovanni Paolo II sceglie perfino tre donne per affiancare tre uomini come Copatrone d’Europa: Caterina da Siena, Brigida di Svezia, Edith Stein, la ebrea divenuta carmelitana e morta con la sua gente ad Auschwitz.

I due anni della donna per dire così, per Giovanni Paolo II sono il 1988 e il 1995. In quegli anni al rapporto donna-mondo il Papa dedica un cicli interi di meditazioni.

L’ONU dichiara l’anno della donna e il papa presenta il genio femminile e lo fa con una preghiera che esalta il ruolo di una donna, della donna per eccellenza, il racconto di una scelta femminile che ha permesso ad un uomo, a Dio, di redimere gli uomini: la preghiera dell’ Angelus.

Far maturare una cultura dell’eguaglianza. Con questo tema il Papa presenta la posizione della Santa Sede a Pechino, ma anche la necessità di rivedere la centralità del ruolo della donna nelle Chiesa. É il 3 settembre del 1995, quello del papa è un appello a favorire la partecipazione femminile nella vita della Chiesa e del mondo. Non è un fatto nuovo, spiega, lo faceva Gesù, che volle le donne come prime annunciatrici della sua Resurrezione. “Chi può immaginare quali grandi vantaggi verranno alla pastorale, quale nuova bellezza assumerà il volto della Chiesa, quando il genio femminile sarà pienamente riversato nei vari ambiti della sua vita?”

Sono parole da grande comunicatore, il morbo di Parkinson ha già minato la sua espressività ma non la attitudine di Giovanni Paolo II a comunicare che nasce da lontano, dalla giovinezza di un uomo di teatro. Nel 1978 Karol Wojtyła era passato da quello quasi senza scena come forma di difesa della cultura polacca, al più ampio palcoscenico del mondo: la Cattedra di Pietro. Non più solo la difesa della identità polacca, ma della fede cristiana oppressa da un secolarismo che sembra dominare l’essere umano. E l’umanesimo di Wojtyła si manifesta appieno nella sua teologia sulla donna. Occorre combattere contro la violenza degli estremismi, ricordare al mondo che la Chiesa cattolica è parte in causa in ogni evento sociale e politico che riguarda l’uomo, e la donna. Anche con la difesa al diritto all’”uguale – differenza” della donna. Non una contrapposizione ma una collaborazione, una compartecipazione che è dono.

Il pontificato di Karol Wojtyła è stato segnato da molte prime volte che oggi sono diventate abitudini. E tra le “prime volte” anche una lettera “Sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo.” Firmata da Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 31 maggio del 2004.

Joseph Ratzinger l’amico fidato, come lo definì lo stesso Giovanni Paolo II nel libro “Alzatevi andiamo!” Una conoscenza nata nel 1978 nell’anno dei due conclavi e dei tre papi. Ai tempi del Vaticano II uno era un giovane teologo assistente di un grande cardinale, l’altro un giovane vescovo della Chiesa del Silenzio. Difficile incontrarsi tra un tedesco e un polacco tra le migliaia di padri!

Il Prefetto della dottrina della fede, nel frattempo diventato pilastro teologico del pontificato di Giovanni Paolo II, nel 2004 offre una nuova lettura della Mulieris Dignitatem. Bisogna rompere la logica di peccato e cercare una via d’uscita che permetta di eliminarla dal cuore dell’uomo peccatore.

Leggi, facilitazioni statali, impegno della società possono rispondere alla stessa necessità di fondo la dignità del ruolo femminile.

E nella Chiesa? Qual è la situazione in un mondo prettamente maschile? E non parlo del sacerdozio o altri temi più propriamente teologici, ma di mentalità.

La Chiesa è donna, è madre. Nel battesimo la Chiesa partorisce i suoi figli, caratteristica appunto femminile, e possiamo dire la Chiesa è una madre che lavora oltre che badare ai figli.

La Chiesa è ascolto, è accoglienza della parola, è fecondata dalla parola di Dio per generare figli di Dio. La Chiesa è la luna illuminata dal sole per illuminare gli uomini, questa è la lezione del Concilio Vaticano II che ritorna alle origini della cristianità, ad un linguaggio più ricco di femminilità. Giovanni Paolo II diceva “le donne del nostro tempo potranno ritrovare fino in fondo se stesse e salvaguardare la loro dignità e vocazione ponendosi in ascolto di Cristo.” Come Maria con la Chiesa che è madre.

Ma Wojtyła va oltre. Il suo non è solo un sentimento filiale. Rivaluta il ruolo della donna rilegge anche il matrimonio e rilegge il ruolo sociale del genio femminile.

Ci vorranno anni perché la società possa ascoltare le affermazioni coraggiose di Giovani Paolo II a margine della Conferenza di Pechino, contro tutto e tutti contro l’idea di una “salute riproduttiva” che rende la donna schiava della società che proclama la sua liberazione e la rende spesso solo condizionata da più moderne regole maschili.

Ecco ancora che illustra la sua posizione “politica” e parla del ruolo delle donne a favore della pace, “proprio impegnandosi in politica, dove in gran parte si decidono i destini dell’umanità”. E rende omaggio alle donne: “vorrei farmi voce della Chiesa e rendere omaggio al molteplice, immenso, anche se spesso silenzioso, contributo delle donne in ogni ambito dell’umana esistenza.”

C’è anche un altro particolare aspetto nel rapporto di Giovanni Paolo II con le femminilità: affranca la femminilità, il linguaggio femminile e forse passionale, dal peso del peccato, la rende forza vivificante e viva, rilegge la passionalità del Cantico dei Cantici dell’ amore sponsale tra Dio e la Sua Chiesa. Giovanni Paolo II per parlare di donna usa un linguaggio “femminile”, appassionato e passionale.

La prova è nel testo della Mulieris Dignitatem in quel “Grazie ad ogni donna semplice che si dona ogni giorno che forse ancor più dell’uomo vede l’uomo perché lo vede con il cuore”.

L’arma della parola è forte se legata ai gesti, ai luoghi, ai momenti. Una volta i papi parlavano dal Vaticano, dal 1978 Giovanni Paolo II aggiunge la presenza. Andando in giro per il mondo il ministero pontificale si è trasformato è divenuto un magistero legato alla parola e alla presenza. Unirle è una delle caratteristiche fondamentali del pontificato di Karol Wojtyła. Un papa che prima di tutto è un uomo, che si confronta con chi gli sta davanti. E lo ha fatto con le donne che ha incontrato nel suo cammino.

Due immagini per tutte: l’abbraccio con una giovane della GMG del 1991 a Cracovia,

e la passeggiata con Corazón Aquino cui il papa si appoggia provato dalla frattura al femore.

Forse poteva fare di più? Qualche riforma concreta? Qualcuno, e alcune, l’attendevano. Le proteste di alcuni gruppi di suore statunitensi hanno ancora qualche strascico. E rimane aperte in molti ambienti la domanda del sacerdozio femminile. Anche se la risposta Giovanni Paolo II l’ha data con il Magistero. Ma c’è anche una risposta, oltre quella del magistero, che è quella umana. Bisogna riconoscere che Wojtyła ha aperto una strada che sembrava totalmente chiusa. Un enorme passo avanti, e anche una eredità impegnativa da rendere fruttuosa.

Con il passare degli anni e la malattia Karol Wojtyła ha trasformato il vigore del grande comunicatore della parola pronunciata nella intensità del silenzio quasi imposto a chi è con lui per il raccoglimento.

  

Così a Lourdes davanti alla grotta di Massabielle e a Loreto sotto il sole di Montorso; Maria, gli ultimi viaggi del pontificati sono dedicati a Lei. Alla donna vestita di sole.

I vaticanisti rispettano il patto di 26 anni prima: essere testimoni della storia di Karol Wojtyla anche davanti a quel momento in cui il Papa scivola dall’inginocchiatoio davanti a Lei, a Maria. Si raccontano i suoi silenzi come parte del suo magistero. Sabato 2 aprile Giovanni Paolo II va verso la casa del Padre nei vespri della festa della Divina Misericordia. Una feste femminile, di cui è apostola Santa Faustina Kowalska. Solo una coincidenza?

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