Il Papa ai vescovi svizzeri: la Chiesa non è un’altra ong
“Corpo di Cristo e popolo di Dio, e non solo una bella organizzazione, un’altra ong”. Così dev’essere la Chiesa in Svizzera secondo Papa Francesco, che ha ricevuto questa mattina in udienza i vescovi del Paese in occasione della visita ad limina, raccomandando loro “di coltivare con zelo e pazienza il campo di Dio, conservando la passione della verità”.
La Svizzera, rileva il Pontefice nel discorso consegnato ai presuli, “è riconosciuta come un Paese di pace, di coesistenza culturale e confessionale”. Vi hanno sede “istituzioni internazionali importanti per la pace, il lavoro, la scienza e l’ecumenismo”. E nonostante “molti abitanti si tengono a distanza dalla Chiesa, la maggioranza riconosce ai cattolici e ai protestanti un ruolo positivo nell’ambito sociale”. “Il vostro Paese – ricorda il Papa – ha una lunga tradizione cristiana”, l’anno prossimo si celebrerà il grande giubileo dell’Abbazia di Saint-Maurice. “È un’impressionante testimonianza di 1.500 anni di vita religiosa ininterrotta, un fatto eccezionale in tutta l’Europa”. Ecco allora “la grande e bella responsabilità di mantenere viva la fede nella vostra terra”, senza la quale chiese e monasteri “diverrebbero poco a poco dei musei; tutte le opere lodevoli e le istituzioni perderebbero la loro anima, lasciando solamente ambienti vuoti e persone abbandonate”.
I vescovi sono chiamati a “condurre coloro ai quali il Signore ci invia verso l’incontro con Lui” e il Papa li incoraggia a proseguire negli sforzi per la formazione dei seminaristi: “Si tratta di una sfida per il futuro della Chiesa. Questa ha bisogno di sacerdoti che, oltre a una solida familiarità con la Tradizione e il Magistero, si lascino trovare da Cristo e, resi conformi a lui, conducano gli uomini sui suoi cammini”. Allo stesso tempo il Papa rileva la “notevole importanza” dei laici nella Chiesa, “poiché essi contribuiscono alla vita delle parrocchie e delle istituzioni ecclesiali”. Ribadendo però che occorre “riconoscere e sostenere il loro impegno, pur mantenendo la chiara distinzione tra il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio del servizio”.
La missione episcopale sollecita inoltre i vescovi “ad andare incontro a coloro con i quali entriamo in contatto, anche se nella loro cultura, nella loro confessione religiosa o nella loro fede si distinguono da noi”. L’ecumenismo è infatti, secondo il Papa, “un contributo non soltanto all’unità della Chiesa, ma anche all’unità della famiglia umana”, che “favorisce una convivenza feconda, pacifica e fraterna”. Bisogna tuttavia “permettere ai fedeli di tutte le confessioni cristiane di vivere la loro fede in maniera inequivocabile e libera da confusione, e senza ritoccare cancellando le differenze a scapito della verità”. L’insegnamento della religione nelle scuole, ad esempio, “deve tener conto delle particolarità di ogni confessione”.
“Vi incoraggio – prosegue il Papa – a pronunciarvi insieme in maniera chiara sui problemi della società, in un tempo in cui diverse persone – perfino all’interno della Chiesa – sono tentate di prescindere dal realismo della dimensione sociale del Vangelo”, che “possiede una propria forza originaria di fare proposte”. “Spetta a noi – ricorda Francesco – presentarlo in tutta la sua ampiezza, renderlo accessibile senza offuscarne la bellezza né affievolirne il fascino, affinché raggiunga le persone che si devono confrontare con le difficoltà della vita quotidiana, che cercano il senso della propria vita o che si sono allontanate dalla Chiesa”. “Deluse o abbandonate a se stesse”, esse “si lasciano tentare da modi di pensare che negano consapevolmente la dimensione trascendente dell’uomo, della vita e dei rapporti umani, specialmente dinanzi alla sofferenza e alla morte”. La testimonianza dei cristiani può allora “illuminare il loro cammino e sostenere la loro ricerca di felicità”.
Quanto ai rapporti tra la Chiesa e i Cantoni, devono essere “portati avanti tranquillamente”, indicando “i valori evangelici nella vita della società e nelle scelte civiche”, promuovendo un “lavoro comune” tra le diocesi.
L’ultimo accenno del Pontefice è alla Pentecoste, cioè il momento in cui “gli apostoli uscirono e si misero a parlare tutte le lingue”. L’impegno della Chiesa oggi è ancora quello di “predicare il Vangelo a tutti”. “Bisogna annunciare la Buona Novella, non piegarsi alle fantasie degli uomini”. “I nostri interlocutori – conclude Francesco – non cercano risposte. Bisogna annunciare, andare avanti, porre interrogativi con la visione apostolica mai superata: «Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni»”.