Il papa invita alla missione per una Chiesa in uscita
Con l’udienza di papa Francesco ai 880 delegati e 100 collegati con skype si è concluso a Sacrofano (Roma) il IV Convegno Missionario Nazionale, ‘Alzati e va a Ninive, la grande città’: “Nell’Esortazione apostolica ‘Evangelii gaudium’ ho parlato di ‘Chiesa in uscita’. Una Chiesa missionaria non può che essere ‘in uscita’, che non ha paura di incontrare, di scoprire le novità, di parlare della gioia del Vangelo.
A tutti, senza distinzioni. Non per fare proseliti, ma per dire quello che noi abbiamo e vogliamo condividere senza forzare verso tutti, senza distinzione. Le diverse realtà che voi rappresentate nella Chiesa italiana indicano che lo spirito della ‘missio ad gentes’ deve diventare lo spirito della missione della Chiesa nel mondo: uscire, ascoltare il grido dei poveri e dei lontani, incontrare tutti e annunciare la gioia del Vangelo.
Le Chiese particolari in Italia hanno fatto tanto… La Chiesa italiana ha dato numerosi sacerdoti e laici ‘fidei donum’, che scelgono di spendere la vita per edificare la Chiesa nelle periferie del mondo, tra i poveri e i lontani. Questo è un dono per la Chiesa universale e per i popoli. Vi esorto a non lasciarvi rubare la speranza e il sogno di cambiare il mondo con il Vangelo, con il lievito del Vangelo, cominciando dalle periferie umane ed esistenziali.
Uscire significa superare la tentazione di parlarci tra noi dimenticando i tanti che aspettano da noi una parola di misericordia, di consolazione, di speranza. Il Vangelo di Gesù si realizza nella storia. Gesù stesso fu un uomo della periferia, di quella Galilea lontana dai centri di potere dell’Impero romano e da Gerusalemme”.
Il convegno ha evidenziato il carattere missionario della Chiesa, che è chiamata ad annunciare la liberazione, come ha affermato padre Gustavo Gutierrez, per il quale la povertà non è una fatalità: è piuttosto ‘una creazione di noi esseri umani’, pertanto non è ineluttabile. Il padre della Teologia della Liberazione ha detto che “la povertà è una realtà multidimensionale. Non riguarda solo l’aspetto economico ma comprende quello culturale, razziale e di genere”.
Il povero, ha affermato il teologo, “è colui che non ha diritto d’avere diritti; che viene considerato insignificante nella nostra società”. Esiste poi un secondo tipo di povertà, stavolta con accezione enormemente positiva, che è quella spirituale: “La povertà spirituale è la santità. L’infanzia spirituale è un mettere le nostre vite nelle mani di Dio. I poveri spirituali sono discepoli e santi”. Quindi la missione deve fare un’opzione preferenziale per i poveri: “L’opzione preferenziale per i poveri non è solo una questione sociale ma teologica e se siamo vicini ai poveri siamo vicini a Dio”.
I sociologi Mauro Magatti e Chiara Giaccardi hanno proposto un’analisi sociologica della città come luogo di incontro con la Grazia. Nella rilettura sociologica del senso dell’incontro, emerge forte il senso dell’ ‘andare nelle periferie esistenziali per riapprendere un’umanità che abbiamo perduto’ e dell’ ‘andare nelle periferie esistenziali per mettersi accanto alla devastazione che il nostro mondo produce’:
“Sono queste le due dinamiche che costituiscono la sostanza della missione e coincidono con il processo di evangelizzazione di oggi… Ma il modo di abitare il nostro tempo non può prescindere dalla riconfigurazione dinamica dei luoghi. Leggere i segni dei tempi significa comprendere che i due movimenti di ‘andare’ e ‘stare’ non possono essere separati e contrapposti”.
Quindi per comprendere le sfide dell’incontro nella città di Ninive, icona del mondo globalizzato di oggi, non si può prescindere dall’analisi, le riflessioni e l’elaborazione dei vissuti della missione ad gentes italiana di oggi, che il pedagogista, prof. Aluisi Tosolini, ha presentato parlando sia di ‘idea di contemporaneità del mondo missionario che si percepisce sotto assedio’ sia della ‘centralità della missione come annuncio del Vangelo di Gesù, annuncio che viene prima di ogni altra attività’:
“La conversione di Ninive lascia stupito lo stesso inviato che quasi ne ha a male della bontà e della pietà di Dio… Con una domanda che interpella Giona, e con lui ognuno di noi, sulle infinite vie della misericordia e della pietà di Dio stesso verso Ninive che si è convertita lasciando stupefatto (incredulo?) Giona stesso. Quel Giona che, malgrado il suo goffo tentativo di sfuggire alla sua missione, era stato inviato da Dio a Ninive con un compito preciso: ‘Alzati, và a Ninive, la grande città, e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me’.
Sono parole attualissime anche per l’oggi, per i missionari, per la chiesa missionaria tutta che è chiamata ad annunciare la salvezza proclamata dal Signore nelle molte Ninive di oggi. Una salvezza che non è la ‘nostra’ salvezza ma la salvezza di Dio”. In apertura di convegno la teologa domenicana, suor Antonietta Potente, ha commentato il passo del vangelo di san Luca (4, 30):
“La missione abbandona ogni logica di proselitismo per diventare esperienza mistica del Mistero di Colui che nella storia ha lasciato solo delle tracce da ricercare nell’alterità; nei percorsi di trasformazione e liberazione di donne e uomini e di interi popoli, nelle loro sapienze, nelle loro fatiche e nelle loro gioie”.
Il convegno era stato aperto dal saluto di mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione Episcopale per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese e l’Evangelizzazione dei Popoli, parlando della validità della Parola di Dio nell’epoca della globalizzazione: “Quale forza ha la parola di Dio! Quale forza la profezia! Persino il peggiore dei nemici può ascoltarla e convertirsi, cioè cambiare se stesso. Ma c’è bisogno di qualcuno che accetti di ‘uscire’ per andare fin nelle periferie!..
Il libro di Giona termina con una domanda che riguarda il guardare con compassione questo nostro mondo, a partire dalle periferie della ‘missio ad gentes’. La domanda viene posta a noi e alla Chiesa in Italia: con quale sguardo guardiamo il mondo in cui siamo? Con quale sguardo guardiamo le periferie dei poveri, della gente segnata dal dolore e dalla fragilità? E’ lo sguardo della compassione e della misericordia di Dio, che è disposto persino a ribaltare la storia pur di rendere possibile a tutti di cambiare e salvarsi?
Oppure è lo sguardo ristretto di Giona, che pur era uscito e aveva incontrato, ma poi non aveva saputo gioire del dono della conversione dei niniviti? Oggi è urgente e necessario porsi questa domanda davanti a gente spaesata e rassegnata, che per paura crea nemici e costruisce muri invece di uscire, incontrare, donarsi, perché anche la nostra Chiesa accolga e viva come Chiesa in uscita”.