Processi canonici: cos’ha realmente detto Papa Francesco?

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Uno dei quotidiani italiani più noti ha pubblicato giorni addietro un ampio articolo corredato da una foto dei Prelati Uditori della Rota Romana con Papa Francesco. Il titolo è ammiccante: “La Sacra Rota dev’essere gratuita”. Un esempio di come i mezzi di comunicazione fanno informazione ma anche disinformazione. Il testo in sé, intendiamoci, è sostanzialmente corretto nel riferire la notizia. Ancora più corretto quello della giornalista che ha trattato la cosa sullo stesso quotidiano, nell’edizione di Brescia. Ma è il modo di organizzare i titoli e di metterli in correlazione con immagini non pertinenti che lascia a desiderare ed induce all’equivoco.

Ed infatti, al lettore superficiale o distratto, sembra che il papa abbia voluto bacchettare il Tribunale Apostolico della Rota Romana per gli affari che lì vi si farebbero attorno alle nullità matrimoniali. Ma ci sono due cose che non vanno: primo, l’incontro non era destinato alla Rota ma ad un gruppo internazionale di studenti che hanno seguito un corso organizzato in seno alla Rota sul matrimonio rato e non consumato; secondo, il papa non ha detto che i processi matrimoniali devono essere gratuiti. In verità ha detto che bisogna essere attenti “… che le procedure non siano entro la cornice degli affari”. Ed ha aggiunto: “… nel Sinodo alcune proposte hanno parlato di gratuità, si deve vedere …”. Una risposta interlocutoria non è una affermazione.

Soprattutto, non è vero che nei tribunali ecclesiastici si facciano affari sulle sventure matrimoniali. Come hanno correttamente informato alcuni giornalisti, oggi la percentuale di gratuità nei processi rotali sfiora il 53 per cento. Il contributo alle spese processuali è modestissimo e si aggira intorno ai 525 euro una tantum. La CEI ha provveduto poi ad assicurare con apposito tariffario che gli onorari degli avvocati non eccedano i 2900 euro, partendo da un minimo di 1500. I tribunali sono tutti dotati di uno o più avvocati d’ufficio (stipendiati dal tribunale stesso) che sono tenuti a svolgere i processi di coloro che chiedono la loro assistenza per ragioni economiche, senza ulteriore aggravio di spese a carico delle parti, oltre al contributo alle spese processuali di cui sopra. 

Dunque, è una vera leggenda metropolitana quella di chi afferma, spesso senza mai aver messo piede in un tribunale della Chiesa, che essi siano il luogo del malaffare. Il fatto che poi ci siano professionisti (avvocati) che non rispettano e volentieri eccedono il tariffario, non può essere addotto come dimostrazione del malaffare. Si tratta di casi dolorosi, ma isolati e perseguibili, qualora denunciati. Il papa stesso lo ha affermato, ricordando un episodio di epurazione nel tribunale di Buenos Aires.

Certo è che però, al di la’ della notizia rettamente o maldestramente esposta, il papa pone un problema che dovrà trovare certo soluzioni che vadano a beneficio della giustizia e dei fedeli che chiedono una risposta della Chiesa sulla loro vicenda coniugale purtroppo naufragata. Dalle parole del papa, se rettamente interpretate, si evincono alcuni dati. Anzitutto, la necessità che i processi rimangano: “… c’è tanta gente che ha bisogno di una parola della Chiesa sulla sua situazione matrimoniale”, ha detto il Santo Padre. Dunque, non un lavoro superfluo nella Chiesa. Ad alcuni piacerebbe l’idea di una Chiesa senza queste strutture o senza strutture tout court, ma il papa ribadisce che la salus animarum non si trova fuori della giustizia, come vorrebbero quelli che oppongono il diritto alla pastorale, con una dicotomia errata perché il Codice è e deve essere uno strumento pastorale.

Un secondo dato: che i processi devono essere più snelli. La Commissione, di recente istituzione, avrà proprio il compito di trovare strade percorribili in questo senso. Forse non sarebbe neppure del tutto peregrina esaminare la possibilità di offrire maggiori strutture giurisdizionali, specie in quei paesi dove le distanze sono decuplicate rispetto a quelle italiane e dove i tribunali hanno un bacino di utenza di dimensioni eccezionali che non favoriscono la collaborazione dei fedeli se non a prezzo di grave incomodo.  Un terzo dato: gli interessi economici mal si compongono, anzi, non si compongono affatto con gli interessi spirituali. Ma è innegabile che anche la Chiesa abbia bisogno di mezzi – per quanto modesti – per il perseguimento degli interessi spirituali. E’ lo stesso motivo per cui i fedeli sono invitati a dare l’offerta che possono – ed in alcuni casi una oblazione obbligatoria – quando chiedono servizi religiosi che comportano un dispendio di mezzi o di denaro: è il caso dei sacramenti o sacramentali (matrimoni, funerali, prime comunioni, incontri di catechesi, etc).

E devo anche dire, secondo la mia esperienza, che i fedeli sono anche generosi, quando possono toccare con mano i benefici che ne derivano per sé e le loro famiglie. Gli unici a protestare è solo un manipolo di bloggers incalliti, che scorazzano nella rete a caccia di notizie religiose per invelenire e gettare discredito, ma che forse non hanno mai messo piede in una chiesa e men che mai hanno messo mano ai cordoni della borsa per sostenere la Chiesa nelle sue attività apostoliche, che ritengono inutili e dannose.

* Monsignor Piero Amenta è Prelato Uditore della Rota Romana

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