Un nuovo ministro degli Esteri. Effetto Francesco sui vertici vaticani

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È stato l’ultimo nunzio ad essere ricevuto da Benedetto XVI prima della rinuncia, e si trova ad essere il primo dei nuovi tasselli (dopo il Segretario di Stato Pietro Parolin) nella nuova Segreteria di Stato targata Francesco. L’arcivescovo Paul Gallagher, inglese di Liverpool, considerato simpatico, umile, gran lavoratore, prende il posto dell’arcivescovo Dominique Mamberti alla Segreteria per i Rapporti con gli Stati. Da nuovo ‘ministro degli Esteri’, Gallagher coordinerà il lavoro diplomatico secondo le nuove linee indicate da Papa Francesco. Ovvero, quelle di entrare in conversazione con il mondo, piuttosto che di cercare di formarlo secondo la verità evangelica, perché – come si legge nell’ “Evangelii Gaudium” – “la realtà è più importante dell’idea”.  

È una linea che si vede testimoniata anche nelle nuove nomine episcopali. In quella di Chicago, ad esempio, dove Blase Cupich è stato nominato a prendere il posto di Francis George, segnale alla Chiesa USA di perlomeno diminuire l’intensità della battaglia culturale e sui temi della libertà religiosa. È una linea che invece non è stata portata avanti proprio in Australia, lì da dove viene Gallagher. Perché il nunzio aveva un suo candidato per la successione al Cardinal George Pell alla guida dell’arcidiocesi di Sydney. Ma alla fine è stato scelto Anthony Colin Fisher, un fedelissimo di Pell, che lo aveva caldamente promosso. In quel caso, insomma, l’ha spuntata la linea dell’attuale Prefetto della Segreteria per l’Economia, più ancorato alla tradizione e alla missione evangelizzatrice della Chiesa basata sulla verità, in nome della quale ha portato avanti una vera e propria battaglia all’ultimo sinodo dei vescovi.

 

Di certo, la nomina di Gallagher segna l’inizio ufficiale della nuova era della diplomazia pontificia. Mentre ci si prepara ad una riunione di capi dicastero a fine mese che servirà ad annunciare a tutti in che modo si procederà agli accorpamenti (sembra praticamente sicuro quello dei Pontifici Consigli Giustizia e Pace, Cor Unum e Migranti in un’unica grande congregazione chiamata Giustizia e Carità), in Vaticano il dibattito interno, le due linee, sono rappresentate proprio dalla Segreteria per l’Economia e dalla Segreteria di Stato. Ma alla fine è sempre Papa Francesco a decidere, appoggiandosi ora sui consigli di Pell, ora sulle indicazioni di Parolin, nonché sulle decine di conversazioni fuori agenda con persone di cui si fida che il Papa intrattiene ogni giorno.

 

Nel caso di Gallagher, è stata la linea di Parolin ad aver trovato ascolto. Il Segretario di Stato ha lavorato con Gallagher per cinque anni in Seconda Sezione della Segreteria di Stato, e ne ha apprezzato il lavoro. Gallagher parla italiano, francese, spagnolo, durante questo anno e mezzo di pontificato ha avuto due volte l’occasione di incontrare Papa Francesco e ha dalla sua molte altre esperienze, tra le quali alcune sono da segnalare: quella al Consiglio d’Europa, cruciale in questi giorni dato che Papa Francesco il 25 novembre sarà a lì a tenere un importante discorso; quelle da nunzio in Guatemala e nel disastrato Burundi; e poi quella di nunzio in Australia, arrivata dopo che nel 2009 Gallagher era stato persino indicato tra i possibili successori del Cardinal Cormac McMurphy alla guida dell’arcidiocesi di Westminster.

 

La scelta di Vicent Nichols per il posto, secondo una linea dialogante ma ferma, aveva un po’ lasciato di stucco i progressisti, che avevano individuato proprio in Gallagher l’erede della linea di McMurphy, tra l’altro molto amico di Papa Francesco.

 

Gallagher prende il posto di Dominique Mamberti, un diplomatico di lungo corso con una forte formazione giuridica (ha studiato diritto canonico e diritto civile), che fu catapultato alla guida degli ‘Esteri’ vaticani nel 2006. Mamberti era uno dei fedelissimi della vecchia segreteria di Stato in odore di ‘promoveatur ut amoveatur’, e il suo nuovo incarico come Prefetto della Suprema Segnatura Apostolica è un’uscita morbida che va proprio in questa direzione: avrà la berretta cardinalizia, e allo stesso tempo sarà chiamato a sovrintendere a tutti i processi della “Cassazione” vaticana (tra le cui competenze ci sono anche le sentenze sulle querele di nullità matrimoniale, ma anche i conflitti di competenza tra dicasteri vaticani).

 

E vi sarà chiamato in maniera più lieve di quanto abbia finora fatto il Cardinal Raymond Leo Burke, che dalla Segnatura Apostolica è stato spostato all’incarico di Patrono all’Ordine di Malta. Burke, un canonista fine e un difensore della verità evangelica, sovrintendeva ai processi con rigore metodologico, perché non c’è misericordia senza giustizia. Ma la predicazione di Papa Francesco sulla misericordia ha aumentato moltissimo i ricorsi canonici, e Francesco vuole che la mano sia sicuramente più leggera e conciliante di quella che avrebbe avuto Burke. Così, il cardinale americano, seppur ancora al di sotto dei 70 anni, viene spostato in un posto onorifico, ma generalmente destinato ai cardinali a fine carriera.

 

Basti dire che a Malta, prima di lui, c’era il Cardinal Paolo Sardi, ormai ottantenne. Sardi sarebbe andato comunque in pensione, ma il recente provvedimento sulla nova disciplina delle dimissioni lo ha di fatto messo fuori dai giochi. L’incarico all’Ordine di Malta è uno di quelli di “nomina pontificia” per cui si decade ai 75 anni di età, e il provvedimento toccherà anche il Patrono dei Cavalieri del Santo Sepolcro, il Cardinal O’Brien, ora 75enne, liberando così un altro posto onorifico per rimpastare i ranghi della Curia. Nel calderone del provvedimento è finito anche il Camerlengo, il Cardinal Tarcisio Bertone. Il provvedimento non era diretto a lui, anche perché tra un mese Bertone compirà 80 anni e lascerà ufficialmente l’incarico. Ma un lieve accenno anche alla sua posizione in una conversazione informale ha fatto comprendere come in fondo l’ultimo sgarbo alla Segreteria di Stato di Benedetto XVI, seppur non preventivato, è stato perlomeno gradito ad alcuni centri di potere.

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