In attesa dell’ aurora

Condividi su...

Il De profundis è uno dei Salmi più amati e più pregati dal popolo orante, forse perché lo pervade il clima d’attesa, di fiducia e di speranza. Il grido d’invocazione che sgorga dalla profondità dell’essere e dell’esistere dell’uomo si trasforma in sereno abbandono alla misericordia divina.

Il De profundis è canto d’Avvento che contempla la venuta di Cristo, Verbum Caro, che, nell’incontro con l’uomo, s’incarna per condividere e redimere il “profondo” abisso della fragilità creaturale. Il grido di speranza, che erompe dal cuore umano e va verso Dio “ricco di misericordia e di perdono”, elimina l’angoscia che il peccato produce nel cuore pentito. Soltanto la coscienza del peccato, illuminata dall’Amore, può fare vibrare le profondità del cuore umano che attende perdono, grazia e misericordia.

Questa supplica penitenziale e individuale è inserita all’interno dei “Salmi delle ascensioni” (120-134). Definiti anche “Canti delle salite”, erano pregati dai pellegrini durante il viaggio che li conduceva verso Gerusalemme per chiedere perdono col “cuore contrito e umiliato”. Il Salmo diventa così il canto dell’uomo che si avvia di giorno in giorno verso la Gerusalemme celeste. Il pellegrinare è grido orante, attesa ardente, speranza serena e paziente di redenzione cosmica. Al grido della voce, che sale dal profondo della propria miseria, risponde, in contrappunto d’amore, l’ascolto di Dio che è perdono e redenzione: la sua misericordia è più grande di ogni peccato. L’incarnazione di Dio nell’abisso della natura umana è innalzamento dell’uomo nell’immensità dell’amore divino. Il salmista, pregando con i verbi della speranza e dell’attesa, anima il suo grido con l’immagine luminosa del vegliare in attesa dell’aurora. Il suo sguardo implorante rivolto verso l’alto è orientato verso la sorgente luminosa dell’aurora.

Il Salmo 130 (129) non è lamento di sfiducia, ma di speranza che esprime fiducia nel Dio redentore che vede, ascolta e perdona. Esso si articola tra il grido e l’ascolto, le colpe e il perdono, la speranza e l’attesa, la grazia e la redenzione.

Dal profondo a te grido, o Signore;

Signore, ascolta la mia voce.

Siano i tuoi orecchi attenti

alla voce della mia supplica (v. 1-2).

Il peccato è l’abisso più profondo che ci sia, ma, dal buio di questo abisso, l’uomo grida e invoca perdono. Il grido orante, che si trasforma in speranza luminosa e gioiosa, è rivolto al Signore che, con orecchio attento e paterno, ascolta e perdona.

Se consideri le mie colpe, o Signore,

Signore, chi ti può resistere?

Ma con te è il perdono:

così avremo il tuo timore (v. 3-4).

Se il peccato nasce da un gesto di sfiducia, il perdono è offerto da un atto di fede nell’amore. Riconoscersi peccatori non dev’essere gesto disperante, ma fiduciosa apertura all’amore di Dio che libera e redime. Se il peccato è un torrente di male e di miseria, il perdono divino è un oceano d’amore e di grazia. Il timore non è spavento disperato e disperante, ma stupore e gioia perché esperienza di misericordia.

Io spero nel Signore,

Spera l’anima mia, attendo la sua parola.

L’anima mia è rivolta al Signore

Più che le sentinelle all’aurora (v. 5-6).

L’itinerario redentivo inizia dal cuore e si fa fiducia, fiorisce sulle labbra oranti nella speranza d’attesa, come luce d’aurora. Il grido del peccatore è preghiera che spera, è speranza che attende la Parola di misericordia che è certezza di perdono redentivo.

Più che le sentinelle l’aurora,

Israele attenda il Signore,

perché con il Signore è la misericordia

e grande è con lui la redenzione.

Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe (v. 7-8).

Il perdono ricevuto dal Signore non chiude egoisticamente in se stessi, ma spalanca le porte del cuore per annunciare agli altri la salvezza ricevuta. La grazia del perdono, infatti, non si esaurisce nel singolo orante, ma si proietta in quella stessa comunità dalla quale egli attinge il dono della parola che salva e nella quale vive l’esperienza di fede nel Dio della redenzione. In questo respiro ecclesiale, ogni figlio prodigo può sollevare il grido dal profondo del suo peccato e può ottenere la certezza sacramentale del perdono dal suo Dio ricco di misericordia. La redenzione può e sa donarla soltanto il nostro Dio che è Amore.

151.11.48.50