Luigi Rossini, l’archeologo disegnatore
L’Istituto Nazionale della Grafica – in via della Stamperia 6, accanto alla Fontana di Trevi – in collaborazione con il museo di Chiasso presenta fino all’11 gennaio 2015 la mostra “Il viaggio segreto” dedicata all’opera grafica di Luigi Rossini (Ravenna 1790 – Roma 1857) architetto e incisore, Rossini è stato – dopo Giuseppe Vasi e Giovanni Battista Piranesi – l’ultimo grande illustratore delle meraviglie di Roma con i mezzi del disegno e della stampa da matrice in rame. Dopo di lui si sono affermati gli acciai e, soprattutto, l’immagine fotografica come strumento della memoria artistica e del ricordo dei viaggiatori. L’Istituto attinge al proprio patrimonio di incisioni rossiniane ed espone disegni, matrici, studi autografi ed edizioni originali delle stampe.
L’attività incisoria di Luigi Rossini fu molto intensa e va dagli anni venti agli anni cinquanta dell’Ottocento proprio a ridosso della stagione culturale neoclassica e in coincidenza con il programma archeologico di scavo e di rivalutazione del patrimonio dell’arte e dell’architettura antiche che venivano in luce – sotto forma di rovine e di ruderi – in diversi angoli di Roma. In particolare è in mostra il magnifico “Panorama di Roma Antica e Moderna” del 1827: una stampa di più di tre metri di lunghezza che è un vero inno alla ritrovata fisionomia classica e romanistica dello skyline di Roma e che illustra, con assoluta fedeltà, la città quale era prima delle modificazioni urbanistiche moderne. Rossini si dedicava anche all’esecuzione dei cosiddetti “capricci”, vedute di luoghi arcaici di pura fantasìa, realizzate giustapponendo ad effetto elementi architettonici e archeologici reali e appena rielaborati. Molto interessanti sono le stampe della raccolta di vedute dedicate ai “Sette colli” di Roma in cui si intrecciano le preesistenze classiche ai nuovi edifici seicenteschi e settecenteschi.
Rossini si distingue per la compostezza architettonica delle incisioni, derivanti da lunghe sedute di planimetria, di rilievo e di disegno dal vero che hanno fatto parlare di lui come di un archeologo prestato all’arte. La ricostruzione grafica dei reperti non è mai fredda, ma è sempre ornata e partecipata, tesa alla riproposizione della monumentalità di templi e sculture con viva sensibilità neoclassica. Rossini vede l’antichità romana – aggiungendo nel disegno le figurine degli osservatori – come qualcosa di ancora attivo e comunicante. A questa prima fase farà seguito – con intuizione romantica – una seconda fase in cui nel disegno, tra i marmi e le colonne, vi sono gruppi di abitanti dei luoghi colti in atteggiamento folkloristico: danzanti e conversanti. Si muovono disinvolti fra le rovine a testimoniare la continuità fra l’antico e il moderno, fra il popolo della Roma ottocentesca e quei remoti antenati illustri: una continuità storicamente del tutto irreale, ma che ai primi turisti piaceva tanto di immaginare.
La suggestiva mostra dell’ING ci rappresenta il versante grafico quell’interesse per il primo Ottocento letterario, pittorico e musicale che non si è mai sopito a Roma, ed è stata curata da Rita Bernini con la collaborazione di Gabriella Bocconi e Isabella Rossi. Sono in esposizione anche il busto in marmo di Luigi Rossini del 1839 e un dipinto raffigurante l’artista realizzato nella prima metà del XIX secolo dal figlio Filippo, prestato dall’Accademia di San Luca.
Nella foto: Luigi Rossini “Veduta del portico di Ottavia” (1822).