Un concistoro per il Medio Oriente

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Papa Francesco, terza mossa. Dopo aver mandato un inviato speciale in Iraq e aver convocato un meeting tra nunzi del Medio Oriente, ufficiali della Segreteria di Stato e alcuni capi dicastero della Curia, il Papa ha allargato i temi del Concistoro del prossimo 20 ottobre. Convocato per discutere di alcune cause di canonizzazioni, ha inserito nell’agenda una discussione sul Medio Oriente. Con la speranza che cardinali e patriarchi, chiamati in forze a partecipare a un concistoro generalmente destinato ai soli cardinali presenti a Roma e con qualche interesse nell’argomento, trovino una soluzione al dubbio vero che attanaglia in questi giorni la diplomazia vaticana.

Dai tre giorni di incontri con i nunzi in Medio Oriente, una domanda è stata quella più pressante, nel mezzo di tutte le relazioni: quale è la causa ultima della violenza in Iraq? Una domanda esistenziale, che però va posta. Perché è solo in quel modo che le forme di violenza, in particolare quelle dello Stato Islamico che ora avanza minacciosamente a nord della Siria, e ha la Turchia in vista, che si può trovare una via della pace duratura.

Le basi della discussione del concistoro saranno proprio le conclusioni dell’incontro che si è tenuto in Vaticano dal 2 al 4 ottobre. Al termine dell’incontro, nunzi e officiali della Santa Sede si erano detti concordi che era innanzitutto importante fermare l’ingiusto aggressore. Ma il passo successivo, che coinvolge anche i leaders religiosi, è quello di educare alla pace. I cardinali presenti al concistoro saranno incoraggiati a muoversi anche a livello politico diplomatico, a preparare terreni di dialogo tra tutte le forze in campo, a trovare il bandolo della matassa di un conflitto che sembra non trovare una analisi precisa nemmeno tra gli esperti dell’ONU.

Uno dei partecipanti a quell’incontro afferma che “la situazione, critica, drammatica, potrebbe essere provvidenziale. È tempo per l’Islam di “chiarire la sua posizione nell’uso della forza. Non è un discorso solo di protezione dei diritti umani fondamentali e delle persone sotto attacco. Si tratta di vedere come l’universalità dei diritti umani fondamentali può essere accettata e come lo stato deve comportarsi di fronte ai suoi cittadini indipendentemente dal credo e dalle convinzioni personali in modo che l’uguaglianza di tutti i cittadini sia rispettata. Tutti i cittadini devono avere lo stesso diritto, non devono essere trattati da minoranze.”

Di diritto/dovere alla protezione ha parlato il cardinal Parolin, segretario di Stato, durante la sua settimana al Palazzo di Vetro. Ed è un tema che ritorna anche nel discorso che Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, ha messo in campo anche il 1 ottobre, quando ha parlato di fronte all’alto commissariato ONU per i rifugiati.

“L’obiettivo comune di una protezione è una sfida sempre in crescita. Questo è dovuto soprattutto a un numero di persone in movimento che non ha precedenti nella storia; alla mancanza di risorse finanziare come risultato di una fatica di donatori; al sempre più ristretto accesso ai ricercanti asilo; alla realtà di tensioni che tendono a crescere tra popolazioni locali e nuovi arrivati; e in più, al fenomeno dei minori non accompagnati, sempre più visibile nelle Americhe e anche in Europa”.

Servono misure preventive, ha sottolineato Tomasi. Il quale, in una precedente sessione all’UNHCR (tenutasi il 30 settembre) aveva anche lodato la generosità dell’Africa nell’accogliere i profughi, ma aveva anche detto che questa non può essere illimitata.

L’Africa è un continente di passaggio, dove ci sono profughi, ma da dove anche si è alimentato un po’ del terrorismo islamico. E sempre Tomasi si era interrogato sulle ragioni profonde di questo terrorismo al meeting di Rimini ad agosto, mentre promuoveva l’Università Cattolica in Etiopia, stabilita da poco e bisognosa di fondi, ma che può essere il vero antidoto all’emorragia di persone in Africa, a questo crescente numero di migranti e di migranti pronti a combattere una loro guerra personale. Perché la cultura crea sviluppo.

Parleranno anche di questo i cardinali al prossimo Concistoro, dopo l’introduzione del Segretario di Stato vaticano – il definitivo ordine del giorno è stato dato oggi al sinodo. E ci dovrebbero essere anche i cinque patriarchi cattolici e ortodossi, che a settembre sono prima andati da Obama e poi al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra per chiedere che la comunità internazionale si prendesse la responsabilità di fermare il possibile genocidio.

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