Migrantes, Mons. Montenegro: I migranti non sono un peso
L’Italia continua ad essere un Paese caratterizzato da una forte emigrazione. Lo ha confermato il Rapporto italiani nel mondo, curato dalla Fondazione Migrantes.
Nel corso del 2013 94.000 connazionali hanno lasciato l’Italia per raggiungere l’estero, nella maggior parte dei casi per ragioni di lavoro. Una conferma di quanto sia ancora dura la crisi economica che da anni sta attanagliando il nostro Paese. Nella maggior parte dei casi sono gli uomini ad emigrare, e in particolare i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni (36,2%).
Nel mondo sono complessivamente 4.482.115 i cittadini italiani residenti all’estero, il 3.1% in più rispetto all’anno precedente.
L’Italia dunque fa i conti con il doppio binario della emigrazione-immigrazione. Un tema che abbiamo affrontato con Mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, Presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e Presidente della Fondazione Migrantes.
Eccellenza, il rapporto Migrantes parla chiaro. Gli italiani cercano ancora una vita migliore all’estero.
E’ una fotografia in bianco e nero perché noi parliamo sempre di immigrazione ma ci stiamo dimenticando che c’è una emigrazione che in alcune parti si sta risvegliando. Io lo vedo dalle mie parti prendono non più le valigie di cartone ma prendono i pullman per andare altrove, quindi questa realtà di crisi che c’è ovunque non solo la subiamo ma anche la viviamo.
Cosa dobbiamo intendere quando, nel rapporto, si parla di ‘risorsa migrazione’?
Questi spostamenti, questa mobiltà di tanta gente non è soltanto un problema come noi solitamente lo vediamo. Chi si sposta e va in un’altra nazione come noi che riceviamo gli altri porta una ricchezza, una capacità, una professionalità: chi riceve dovrebbe essere in grado di rendersene conto e di approfittarne in senso buono. Tutti gli immigrati che arrivano da noi non sono un peso, molti sono laureati, molti hanno svolto la loro professione nella loro terra e ora per la guerra o per altri motivi devono lasciare ma è assurdo che debbano fare gli ambulanti perché io ho visto un ingegnere che vendeva oggettini per strada… Ecco quella non è una ricchezza se ci fosse una accoglienza? E quanti dei nostri, non solo operai e lavoratori, ma anche persone con un titolo di studio andando in altre nazioni potrebbero mettere a profitto quello che hanno dentro.
Molti italiani emigrano. Questo vuol dire che in Italia ci sono profondi problemi strutturali…
Questo non è solo in Italia perché si calcola che sono circa 300 milioni di persone che nel mondo si muovono, infatti questo viene chiamato il sesto continente. Se le persone si muovono è perché c’è un problema, chi sta bene non ha bisogno di muoversi, chi ha necessità per poter vivere meglio è chiaro che tenta altrove la sorte e la fortuna. Questo ci fa dire che se tanta gente si allontana da qui è perché qualche problema c’è.
L’Italia è un Paese che continua a emigrare, dovremmo ricordarlo quando si presentano i barconi nelle acque del Mediterraneo?
Credo di sì, la storia è un cerchio. Se ricordiamo forse l’animo si predispone diversamente e quindi le braccia riusciremo ad aprirle. Se vogliamo dimenticare perché ci fa paura la povertà allora facciamo il gioco dello struzzo.
Eccellenza, ad un anno dal disastro di Lampedusa che cosa è cambiato?
Se guardiamo a Lampedusa, lì non arrivano più gli immigrati. E se arrivano è solo per poco tempo perché poi li portano via anche perché il centro non è stato ancora ristrutturato. Forse c’è una maggiore sensibilità e me la spiego perché ormai hanno spalmato per tutta l’Italia questi immigrati e allora anche chi non voleva vedere ora è costretto a vedere. Però il bello è stato che in molti posti questa costrizione è diventata accoglienza e quindi vedi che c’è anche disponibilità, certo non ovunque. Ma è cresciuta questa sensibilità.
Si va verso il superamento dell’operazione Mare Nostrum, a novembre si insedierà la nuova Commissione Europea. Pensa che si assumerà le proprie responsabilità a differenza della Commissione uscente?
Io temo che questo non avverrà immediatamente, anche perché secondo le norme per prendere delle decisioni bisogna pensarla tutti alla stessa maniera. E non tutti la stanno pensando allo stesso modo anche perché altre nazioni hanno problematiche grosse nelle loro terre: il cammino dovrebbe essere questo. Speriamo che a furia di contare i morti ci rendiamo conto di come e perché dobbiamo aspettare che la gente muoia e non ci rendiamo conto dei vivi per cambiare atteggiamento.