Papa Francesco: il gesuita è colui che adora Dio solo e ama e serve i fratelli

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“La nave della Compagnia è stata sballottata dalle onde e non c’è da meravigliarsi di questo. Anche la barca di Pietro lo può essere oggi. La notte e il potere delle tenebre sono sempre vicini. Costa fatica remare.” Parole del Papa nel rito vespertino tutto particolare che Francesco ha voluto privato e vissuto solo tra confratelli quasi come se lui fosse il Preposito della Compagnia. Nel pomeriggio nella chiesa del Gesù si è celebrata una liturgia di ringraziamento in occasione del 200° anniversario della ricostituzione, nel 1814, della Compagnia fondata da S. Ignazio di Loyola. Missionarietà, servizio, fiducia nella volontà divina, queste le chiavi della riflessione del primo papa gesuita della storia che celebra un evento estremamente significativo.  Sette lampade accese a rappresentare la Curia e le conferenze mondiali, fedeltà a Dio e le solenni promesse rinnovate insieme.

Il Papa ricorda Lorenzo Ricci ultimi preposito prima dello scioglimento della Compagnia, che il Papa di allora Clemente XIV rinchiuse a Castel Sant’ Angelo nel 1773. La Compagnia fu ricostituita  da Pio VII nel 1814.

Papa Francesco ha citato Giovanni Paolo II e ricordato che il tempo di turbamento è pieno di tentazioni: “fermarsi a discutere di idee, lasciarsi trasportare dalla desolazione, concentrarsi sul fatto di essere perseguitati e non vedere altro”. Padre Ricci non cadde in queste tentazioni “Non ha perso tempo a discutere di idee e a lamentarsi, ma si è fatto carico della vocazione della Compagnia.”

Il Papa ripercorre la storia spirituale di quell’evento: “Davanti alla perdita di tutto, perfino della loro identità pubblica, non hanno fatto resistenza alla volontà di Dio, non hanno resistito al conflitto cercando di salvare sé stessi.”

Perchè  “non ci si salva mai dal conflitto con la furbizia e con gli stratagemmi per resistere. Nella confusione e davanti all’umiliazione la Compagnia ha preferito vivere il discernimento della volontà di Dio, senza cercare un modo per uscire dal conflitto in modo apparentemente tranquillo.”

Ribadisce il senso profondo del discernimento: “Non si deve mai cercare il «compromesso» facile né si devono praticare facili «irenismi». Solo il discernimento ci salva dal vero sradicamento, dalla vera «soppressione» del cuore, che è l’egoismo, la mondanità, la perdita del nostro orizzonte, della nostra speranza, che è Gesù, che è solo Gesù.”

Aggiunge il Papa gesuita: “Riconoscersi peccatori, riconoscersi davvero peccatori, significa mettersi nell’atteggiamento giusto per ricevere la consolazione.”

Francesco ricorda le tappe principali che portarono allo scioglimento della Compagnia dopo l’espulsione da vari paesi europei: “L’importante per il padre Ricci è che la Compagnia fino all’ultimo sia fedele allo spirito della sua vocazione, che è la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime.”

Usa la pagina della Scrittura che racconta di Tobia e chiosa: “I nostri fratelli gesuiti nella soppressione furono ferventi nello spirito e nel servizio del Signore, lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera (cfr Rm 12,13). E questo ha dato onore alla Compagnia, non certamente gli encomi dei suoi meriti. Così sarà sempre.”

Occorre rimanere forti davanti al vento contrario e sperare nel Signore.

Il Papa rilegge poi la storia della ricostituzione della Compagnia. “Pio VII scrisse di voler ricostituire la Compagnia per «sovvenire in maniera adeguata alle necessità spirituali del mondo cristiano senza differenza di popoli e di nazioni» . Per questo egli diede l’autorizzazione ai gesuiti che ancora qua e là esistevano grazie a un sovrano luterano e a una sovrana ortodossa, a «restare uniti in un solo corpo». Che la Compagnia resti unita in un solo corpo!”

Poi il Papa parla dell’ oggi della operosità verso rifugiati e profughi e del  discernimento per “integrare il servizio della fede e la promozione della giustizia, in conformità al Vangelo.”

Cita Paolo VI Papa Francesco: “Ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i gesuiti” e conclude: “ L’identità del gesuita è quella di un uomo che adora Dio solo e ama e serve i suoi fratelli, mostrando attraverso l’esempio non solo in che cosa crede, ma anche in che cosa spera e chi è Colui nel quale ha posto la sua fiducia (cfr 2 Tm 1,12). Il gesuita vuole essere un compagno di Gesù, uno che ha gli stessi sentimenti di Gesù.”

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