Papa: la Sindone è l’ Icona del Sabato Santo

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Sono le monache di clausura dei monasteri della diocesi ad accogliere il papa nel duomo di Torino. Il momento più atteso della visita, la meditazione davanti alla Sindone, si è svolto con la semplici solennità di una riflessione sull’amore:Passio Christi – Passio hominis. Il papa ha sostato davanti al Santissimo Sacramento, poi davanti al Telo. Lo aveva fatto già nel 1998 come cardinale. Anche allora con una breve meditazione. Ma oggi è il papa che parla. “Questa volta-dice- vivo questo pellegrinaggio e questa sosta con particolare intensità: forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria Icona; forse, e direi soprattutto, perché sono qui come Successore di Pietro, e porto nel mio cuore tutta la Chiesa, anzi, tutta l’umanità.”

La Sindone è l’ Icona del Sabato Santo, l’ icona del mistero della Resurrezione: “la Sindone di Torino ci offre l’immagine di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato.” Un mistero che è legato al giorno del silenzio, appunto il Sabato Santo. “Nel nostro tempo- ha detto il papa- specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più. Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità.”

Ma la morte di Gesù ha un aspetto totalmente positivo. E, ha proseguito il papa “questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il Sabato Santo è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra di nessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo”. Ecco cosa ha fatto Cristo, “rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui.” Il papa ha proseguito: “Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori.” Del resto “l’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita.” Un mistero che è Resurrezione.

“Mi sembra- ha detto il papa- che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – “Passio Christi. Passio hominis” – promana una solenne maestà, una signoria paradossale.” La Sindone, ha concluso il papa, è una icona scritta con il sangue. “L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.”

In una Torino bagnata dalla pioggia il papa, dopo la sosta in duomo, è andato incontro alla sofferenza dell’ uomo. In auto è arrivato alla Piccola Casa della Divina Provvidenza dove, nella chiesa del Cottolengo, ha incontrato gli ammalati e gli ospiti della struttura accolto dai Superiori Generali delle tre Congregazioni di San Giuseppe Benedetto Cottolengo: Padre Aldo Sarotto, Fratel Giuseppe Meneghini e Madre Giovanna Massè. ‘Non sentitevi estranei al destino del mondo, ma sentitevi tessere preziose di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno anche attraverso il vostro contributo”.

Ha detto il papa ai malti.”Voi svolgete un’opera importante – ha proseguito il Pontefice – vivendo le vostre sofferenze in unione con Cristo crocifisso e risorto, partecipate al mistero della sua sofferenza per la salvezza del mondo”. E il Papa ha aggiunto: ”questa Casa e’ uno dei frutti maturi nati dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo e manifesta che la sofferenza , il male, la morte non hanno l’ultima parola, perche’ dalla morte e dalla sofferenza la vita puo’ risorgere. In questo luogo comprendiamo meglio che, se la passione dell’uomo e’ stata assunta da Cristo nella sua Passione, nulla andra’ perduto’.

Tanti degli ospiti della struttura hanno assistito all’incontro immobilizzati nelle loro carrozzelle. La prima a salutare il pontefice e’ stata una ragazza dai capelli corti, poi Benedetto XVI si e’ chinato a baciare un’anziana ricoverata su sedia a rotelle, ha stretto le mani agli altri malati, alcuni accompagnati dalle suore, e ad un bambino immobilizzato su una lettiga. Molti dei malati hanno voluto personalmente consegnare dei propri doni al papa. Uno di loro, in piedi, ha gettato le braccia al collo del papa che lo ha baciato e abbracciato. Il papa, poi protetto da un grande ombrello bianco, si e’ affacciato da un terrazzo del Cottolengo per salutare la folla che nonostante la pioggia era in attesa di vederlo. Subito dopo il papa è ripartito da Torino alla volta di Roma e dopo le 21.00 ha fatto rientro in Vaticano.

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