Il papa: tre elementi essenziali nel metodo storico-critico per lo studio della Bibbia

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Avvicinare la Bibbia alla vita del Popolo di Dio “perché sappia affrontare in maniera adeguata le inedite sfide che i tempi moderni pongono alla nuova evangelizzazione.” E’ il compito che 100 anni fa San Pio X aveva affidato al Biblicum, che il Concilio Vaticano II ha rinnovato e che oggi il papa teologo Benedetto XVI chiede di rafforzare ai professori e studenti di Roma e Gerusalemme. Udienza questa mattina per l’ anniversario del primo secolo di vita con un grazie del papa al Preposito Generale dei gesuiti, che gestiscono l’Istituto, Padre Adolfo Nicolás Pachón, e alla Compagnia di Gesù. Un impegno culturale e finanziario per la gestione della Facoltà dell’Oriente antico, della Facoltà biblica a Roma e della sede dell’Istituto a Gerusalemme.

Grazie al Concilio Vaticano II, ha detto il papa “è certamente aumentato l’interesse per la Bibbia”, e ha ricordato che in particolare grazie alla “Costituzione dogmatica Dei Verbum – della cui elaborazione fui diretto testimone partecipando come teologo alle discussioni che ne hanno preceduto l’approvazione – si è avvertita molto più l’importanza della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.” Una occasione di autentico rinnovamento spirituale e pastorale cui ha dato “un proprio significativo contributo con la ricerca scientifica biblica, con l’insegnamento delle discipline bibliche e la pubblicazione di qualificati studi e riviste specializzate” il Biblicum.

7 mila i professori formati nella aule dell’ Istituto da docenti come il Cardinale Bea che hanno lavorato per “interpretare i testi biblici nello spirito nel quale sono stati scritti”con una mente “aperta al dialogo con le altre discipline, con le diverse culture e religioni.” E il papa ha aggiunto: “Anche se ha conosciuto momenti di difficoltà, essa è stata condotta in costante fedeltà al magistero secondo le finalità proprie del vostro Istituto.” Il lavoro dell’ esegeta deve avvalersi “delle metodologie critiche moderne e in collaborazione con gli specialisti in dogmatica e in altre aree teologiche” E Ratzinger ripropone la Dei Verbum, ribadendo “la legittimità e la necessità del metodo storico-critico, riconducendolo a tre elementi essenziali: l’attenzione ai generi letterari; lo studio del contesto storico; l’esame di ciò che si usa chiamare Sitz im Leben. Il documento conciliare al tempo stesso mantiene fermo il carattere teologico dell’esegesi indicando i punti di forza del metodo teologico nell’interpretazione del testo. Questo perché il presupposto fondamentale sul quale riposa la comprensione teologica della Bibbia è l’unità della Scrittura, ed a tale presupposto corrisponde come cammino metodologico l’analogia della fede, cioè la comprensione dei singoli testi a partire dall’insieme.

Il testo conciliare aggiunge un’ulteriore indicazione metodologica. Essendo la Scrittura una cosa sola a partire dall’unico popolo di Dio, che ne è stato il portatore attraverso la storia, conseguentemente leggere la Scrittura come un’unità significa leggerla a partire dalla Chiesa come dal suo luogo vitale e ritenere la fede della Chiesa come la vera chiave d’interpretazione. Se l’esegesi vuole essere anche teologia, deve riconoscere che la fede della Chiesa è quella forma di “sim-patia” senza la quale la Bibbia resta un libro sigillato: la Tradizione non chiude l’accesso alla Scrittura, ma piuttosto lo apre; d’altro canto, spetta alla Chiesa, nei suoi organismi istituzionali, la parola decisiva nell’interpretazione della Scrittura. È alla Chiesa, infatti, che è affidato l’ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta e trasmessa, esercitando la sua autorità nel nome di Gesù Cristo.”

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