Il sacerdozio secondo l’arcivescovo Piacenza
Un anno dedicato ai sacerdoti. Benedetto XVI sa che ce n’è bisogno. I sacerdoti vivono le stesse difficoltà dei laici in una società “desacralizzata”. E poi ci sono le infedeltà “motivo di scandalo e di rifiuto”, scrive in una lettera pubblicata per l’ occasione. “Nulla fa soffrire tanto la Chiesa quanto i peccati dei suoi pastori” ha detto ieri il papa in una celebrazione a San Pietro. Ma ci sono i testimoni, i martiri, gli innamorati di Cristo. La Congregazione per il Clero, il dicastero che si occupa proprio della vita dei sacerdoti e alla quale il Papa ha affidato l’Anno Sacerdotale, è la fucina operativa. Da poco tempo è in vigore una nuova norma che permette alla Congregazione di rimettere allo stato laicale un prete che convive con una donna e continua a svolgere il suo ministero. E’ il vescovo locale che segnala il caso a Roma. Il prefetto, il cardinale francescano proveniente dal Brasile, Claudio Hummes ha al suo fianco un genovese doc: l’arcivescovo Mauro Piacenza. Anni di servizio alla Santa Sede, e in particolare nel dicastero di cui ora è segretario, lo rendono un vero esperto.
Eccellenza che immagine ha la Congregazione del sacerdote, oggi?
L’immagine di sempre! In Italia pur essendoci una certa “stanchezza anagrafica”, si registra una sostanziale tenuta del clero, soprattutto, fanno ben sperare le nuove generazioni, così come i Movimenti e le nuove Comunità.
Dopo il Concilio Vaticano II, esaurita l’ondata “progressista” sta nascendo una generazione di sacerdoti “tradizionalisti”?
La distinzione “progressisti-tradizionalisti” è di natura politica più che ecclesiale e, malauguratamente, viene troppo spesso utilizzata anche per parlare della Chiesa. Potremmo dire che siamo tutti “progressisti”, perché la nostra mèta è Cristo, che sta davanti a noi, e siamo tutti “tradizionalisti”, perché abbiamo duemila anni di storia sacra, che non possono, essere dimenticati. Certamente, tra le nuove generazioni c’è un grande desiderio di serietà, di spiritualità, di formazione solida, d’impegno ascetico e penitenziale. Tutti aspetti poco valorizzati in alcuni decenni passati che non hanno portato grandi frutti pastorali, men che meno a livello di vocazioni.
E c’era chi immaginava che i sacerdoti si sarebbero sposati e si pensava anche al sacerdozio femminile…
Nessuno dei Padri conciliari ha mai pensato seriamente a toccare il celibato sacerdotale o all’ordinazione delle donne, anzi, il Concilio Vaticano II, ha ribadito con grande forza il valore irrinunciabile del sacro celibato. Per quanto riguarda la seconda questione, non ci sono nemmeno i presupposti dottrinali per aprire il discorso, che sarebbe destituito di ogni fondamento sia dogmatico-teologico sia storico-disciplinare, e quindi totalmente impraticabile per la Chiesa che non “inventa” la propria dottrina ma l’ha ricevuta dal Signore Gesù.
Secondo lei oggi i sacerdoti sono abbastanza identificabili e riconoscibili?
Il popolo ha bisogno di incontrare nel Sacerdote una paternità unica. Le virtù personali, e lo stesso abito ecclesiastico, sono trasparenza di questa identità sacerdotale, che, non confusa con il mondo, domanda di poter essere riconosciuta da tutti. La presenza, poi, in ogni ambito, soprattutto della cultura, è fondamentale per la missione. Se non torniamo ad educare, soprattutto le nuove generazioni, veniamo meno al mandato apostolico! La Chiesa non può permettersi, come purtroppo sta facendo larga parte della società, di rinunciare all’educazione dei giovani. Equivarrebbe a rinunciare al futuro!
C’è rischio che i sacerdoti siano troppo “affaccendati”?
Il Signore Gesù si è speso totalmente per l’uomo. “Tutto” e “Per sempre” sono nella logica dell’amore cristiano. Questa radicalità del donarsi, domanda un ordine, una disciplina. Ad esempio, la regola di preghiera deve esser preservata. È di qui che sgorga il dinamismo pastorale, è di qui che sgorga la carità operosa, è l’anima di ogni apostolato. Laddove fosse, per qualunque ragione, venuta meno, tale regola di preghiera, deve essere prontamente ristabilita. Con essa la giusta attenzione al riposo quotidiano, alla sana alimentazione, ai legittimi tempi di “vacanza”, che per il Sacerdote sono sempre “tempi dello spirito”.
Parliamo di liturgia. “C’è oggi il rischio di una secolarizzazione strisciante anche all’interno della Chiesa come ha ricordato il papa?
Il Sacerdote, nella liturgia ha un ruolo determinate ed insostituibile. Non è appena un “animatore liturgico” o della preghiera, come talvolta si crede! Nella liturgia, il Sacerdote rappresenta Cristo stesso, nel suo atto di offerta al Padre, ne ripete efficacemente i gesti e le parole. La vera unica cosa necessaria per il sacerdote durante la celebrazione della liturgia è pregare! Il rischio della banalizzazione, della superficialità e della secolarizzazione, anche nella Liturgia, si evita e si supera, attraverso l’educazione del Sacerdote e del popolo di Dio. Se tutti ci concepiamo “alla presenza del Signore” la Liturgia cambia immediatamente volto. E con essa la fede!