L’osservatore Tomasi: “La Santa Sede da sempre dà il suo supporto morale per eliminare la tortura”

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Più che il discorso, si devono guardare le note. Silvano Maria Tomasi, osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU di Ginevra, presenta al Comitato sulla Convenzione contro la Tortura il rapporto della Santa Sede. Afferma che il rapporto si riferisce allo Stato di Città del Vaticano, su cui la Santa Sede esercita sovranità. Sottolinea che quanti vivono in una particolare nazione sono sotto la giurisdizione delle legittime autorità di quella nazione e che sono soggetti alla legge di quella nazione. Manifesta anche il desiderio della Santa Sede di “prestare il suo supporto morale e collaborazione alla comunità internazionale per contribuire all’eliminazione del ricorso alla tortura”. E spiega che la Santa Sede da sempre si è impegnata con la sua autorità morale per questo obiettivo.

Ed è proprio qui che si devono guardare le note, la serie di interventi che vanno da Pio XII in poi e che raccontano un impegno continuo della Santa Sede nel contrastare la tortura. Pio XII ne aveva parlato al Sesto Congresso Internazionale sulla legge Criminale; si affrontava la questione nella Costituzione Pastorale del Concilio Gaudium et Spes; la reiterava Giovanni Paolo II nel n. 80 dell’enciclica “Veritatis splendor” e n. 3 dell’ “Evangelium Vitae”; e se ne parla ovviamente nel Compendio della Dottrina Sociale.

Non sono citazioni casuali. Servono a mostrare che l’impegno della Santa Sede è ampio e circostanziato. Che la firma della Convenzione non è stata solo una formalità, e che la Santa Sede non adempie alla presentazione del rapporto in maniera formale.

Ma Tomasi ci tiene anche a mettere in guardia da interpretazioni troppo larghe della Convenzione, come quella che sembra porterà nelle Osservazioni finali a delle questioni sulla pedofilia nella Chiesa, che riguardano piuttosto la Convenzione per i Diritti del Fanciullo. “Una analisi delle Osservazioni Conclusive” che hanno riguardato altri Stati parte “suggerisce che una evoluzione dell’interpretazione di questo documento potrebbe far avanzare alcune questioni da parte degli Stati parte”, dice Tomasi. Ma, aggiunge, se la convenzione si deve applicare a nuove situazione, “tutto dovrebbe comunque rimanere all’interno dell’area specifica di interesse” della Convenzione.

Il rapporto si riferisce a come la Convenzione viene implementata nello Stato di Città del Vaticano. Tomasi ricorda il motu poprio del Luglio 2013 di Papa Francesco, con cui si era riformata la legge penale dello Stato di Città del Vaticano, inserendovi specificamente il reato di tortura. I vari cambiamenti legislativi – spiega Tomasi – “avevano lo scopo di implementare i principi contenuti nella Convenzione contro la Tortura agli articoli 3,5,8. In particolare, si dovrebbe notare lo sviluppo della questione dell’estradizione e anche la negazione di questa da parte della Santa Sede se lo Stato che la richiede pratica torture o applica pene capitali”.

Certo, non c’è un sistema penitenziario, la cui necessità “è minima in un territorio così piccolo”, anche perché questo viene regolato da alcuni aspetti del Trattato Lateranense, che “permette al territorio l’opzione di utilizzare l’assistenza giudiziale dello Stato italiano se ritenuta necessaria”.

L’ultima parte del rapporto – spiega Tomasi – si riferisce all’ampia gamma “di documenti, proclamazioni, pubblicazioni, programmi radio e tv in cui la Santa Sede attivamente si appella non solo a fedeli della Chiesa cattolica, ma anche alla comunità internazionale e a tutti gli uomini di buona volontà”.

In questo modo – afferma l’osservatore – “la voce morale della Santa Sede, mentre promuove e difende tutte le forme autentiche di diritti umani, raggiunge tutti i membri della Chiesa cattolica nel tentativo di sviluppare una conversione interiore dei cuori verso l’amore nei confronti di Dio e del prossimo”, un amore che poi dovrebbe tradursi in “buone pratiche a livello locale in accordo con le leggi degli Stati”.

Infine, Tomasi sottolinea l’abbondanza delle “scelte messe in atto dalla Santa Sede per rendere effettive misure giudiziali, legislative morali o di altro genere per prevenire e proibire la tortura” e per affrontarne le cause profonde in modo da evitare che queste accadano di nuovo in futuro.

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