La “notte bianca” della preghiera attimo per attimo

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Preghiere, canti, confessioni e liturgie in tutte le lingue, sono gli ingredienti che hanno caratterizzato la notte “bianca” (tra virgolette) di una Roma che ho potuto rivedere ancora protagonista di emozioni che vengono dal profondo e affiorano negli sguardi attoniti di giovani, adulti con bimbi al seguito e anziani che pare affermino una sola parola d’ordine: Santità.

Diverse le lingue, diverse le età, ma gli sguardi mi hanno raccontato una sola verità variamente declinata: la bellezza di essere nella storia, la bellezza di condividere un cammino, la bellezza di sapersi innamorati perché amati, la bellezza di vivere perché attesi da Dio. Sono queste le declinazioni della bellezza della santità raccontate da Ale di Roma, da Maria di Napoli, da Andrea e Gabry di Verona e da don Antonio di Palermo.

Si tratta della notte appena trascorsa che in ben 11 chiese del centro ha dato inizio ad una maratona spirituale di “riscaldamento” (anche questa tra virgolette) per la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.

La mia impressione è stata quella di un flusso continuo che ieri sera tra le piazze e le strade del centro di Roma ha unito, come in un unico canto, le chiese che in varie lingue hanno risuonato di preghiere per tutta la notte.

“Non sono qui per curiosità, ma perché questo tratto di storia che stiamo vivendo qui in questa città magica, oggi, in questo momento della mia vita che tutto mi sembra ingarbugliato, sì, questa storia, mi parla di Dio” afferma Ale tirando fuori l’Iphone e mostrandomi le foto della “sua” città coperta di volti sorridenti, “non so come spiegarlo, ma è così bello che pare pure semplice” mi dice appena fuori da S. Ignazio “e dimmi non è questa santità?”.

Alla chiesa del Gesù ho pizzicato Maria mentre fumava una sigaretta: “penso che la parola più efficace per descrivere cosa stiamo facendo tutti qui è Condividere” afferma mentre si sistema i capelli, “non siamo tanti “soli” che decidono di fare un viaggio a Roma, ma condividiamo un cammino, appunto camminiamo insieme. Io ho tanti difetti, tu avrai i tuoi no?” “certo!” rispondo, “ma se camminiamo insieme ho capito che non si moltiplicano i difetti ma ciò che di più bello siamo; e i difetti o i nostri problemi, o le nostre preoccupazioni diventano più leggere” e chiosa risoluta: “appunto condivise” e, mentre simpaticamente mi fa una piccola smorfia di espressione, gira il suo tablet verso di me mostrandomi tutte le “condivisioni” (anche qui è il caso di mettere le virgolette) continuando la frase “anche con chi non è potuto venire qui oggi!”

Andando verso largo Argentina, pensando in cuor mio di dirigermi verso casa, ho incontrato verso mezzanotte Andrea e Gabry che mano nella mano stavano uscendo dalla chiesa della SS. Stimmate: “è l’amore che ci rende santi” risponde di botto Gabry “se non si ama non si può conoscere Dio, ce lo ha poco fa ricordato don Fabio Rosini” e Andrea, prendendo su di se anche lo zaino di Gabry, quasi sottovoce “impariamo ad amare quando capiamo, non so bene come, di essere amati: ti confido che spesso penso di non meritare il suo amore, le sue attenzioni e allora mi viene come una botta di nostalgia di lei o qualcosa di simile e la osservo” e rigirando lo sguardo verso di me afferma “ecco è così che secondo me fa pure Dio si prende cura di noi, ci ama e a noi viene nostalgia di Lui e così … lo vediamo!” la vibrazione del suo smartphone rompe il piccolo silenzio che si era creato.

Con l’animo rincuorato mi avvio decisamente verso casa, mentre incontro all’ingresso della mia residenza romana il mio confratello don Antonio, abbastanza provato dalle lunghe confessioni. Anche a lui faccio la stessa domanda: “cosa significa essere santi?” con un sorriso celato dalla stanchezza “scoprire di essere attesi! Vivere con questa consapevolezza ti fa capire che tutto ciò che fai, tutto ciò che pensi e progetti e realizzi e ami acquista un senso più profondo e vero anzi più bello: perché tu sei atteso da Dio” e prendendomi le chiavi del portone le infila nella toppa dicendomi “e ora andiamo a casa perché domani come ogni giorno dobbiamo” continuo io “alzarci presto” “no” risponde lui “dobbiamo celebrare la bellezza dei santi e della santità”.

Due trilli sordi mi annunciano che “anche” (le virgolette qui sono superflue forse) le batterie del mio Samsung si sono esaurite.

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