Roncalli raccontato dal suo cancelliere
Venezia, anni Cinquanta. Da una foto in bianco e nero, anzi quasi seppiata, ecco la figura del Patriarca Angelo Roncalli per le strette calli della città. Accanto, un giovane prete che lo segue sorridente, don Sergio Sambin. Un lungo sodalizio e un’amicizia che hanno segnato la vita di entrambi. In questi giorni, anzi in questi mesi in cui si è letto, scritto e detto di tutto sui due nuovi santi, papa Giovanni Paolo II e papa Giovanni XXIII. Ma probabilmente, in riferimento proprio a papa Giovanni, è il suo periodo veneziano che ora si potrebbe “riscoprire”. Non che non sia conosciuto, certamente, soprattutto agli specialisti, ma forse non molto al grande pubblico. E in particolare il rapporto di Roncalli e padre Sambin, il suo cancelliere a Venezia, meno conosciuto, anch’esso, rispetto a quello universalmente noto del futuro Papa con Loris Capovilla. Un rapporto intenso, quello tra Roncalli e Sambin, nato fin dal loro primo incontro nel marzo 1953, alla vigilia dell’ingresso di Angelo Giuseppe Roncalli nella laguna.
Ora è uscito per i tipi di Marcianum Press “Roncalli padre e pastore. Il Patriarca Roncalli e il suo cancelliere don Sergio Sambin” (collana “Varie”, pagine 72, prezzo € 9,00), scritto da Sandro G. Franchini. Il volume descrive appunto il rapporto di collaborazione nato tra Roncalli negli anni in cui era Patriarca di Venezia e don Sambin, quando era un giovane prete (oggi 93enne) rientrato nella città lagunare al termine degli studi di Diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e chiamato da Roncalli a far parte della famiglia patriarcale, prima come pro-cancelliere, poi come cancelliere. Molti documenti inediti e fotografie dell’epoca completano e approfondiscono questa testimonianza d’eccezione, che è anche una documentata analisi di un capitolo importante della storia ecclesiastica degli anni Cinquanta.
In particolare vengono pubblicate le trascrizioni di una lettera inviata a Roncalli da Paolo Savino, all’epoca Presidente dell’Accademia Pontificia Ecclesiastica, e la risposta di Roncalli, oltre a una lettera inviata dal futuro Papa a don Sambin in cui Roncalli affida al giovane collaboratore il compito di sovrintendere ai lavori di restauro nel Patriarcato e nei locali della curia. Delle lettere di Roncalli sono riportate anche le riproduzioni fotografiche degli originali.
Come scrive l’autore nella presentazione, in cinque anni si racchiude questo intenso periodo che coincide con l’esperienza più intensa di <pastore> del cardinale Roncalli. Quei cinque anni e sette mesi durante i quali Roncalli fece il vescovo diocesano fino in fondo, come principio fondamentale della propria vocazione. Lui stesso descrisse minuziosamente questa sua posizione, rilevando che era accaduta la stessa cosa quando aveva fatto il diplomatico in giro per il mondo. <È interessante che la Provvidenza mi abbia ricondotto là dove la mia vocazione sacerdotale prese le
prime mosse, cioè al servizio pastorale. In verità ho sempre ritenuto che per un ecclesiastico la diplomazia così detta deve essere permeata di spirito pastorale; diversamente non conta nulla e volge al ridicolo una missione santa>, aveva scritto infatti nel suo diario spirituale, diventato poi famoso come “Giornale dell’anima”.