Card. Comastri: il venerabile Luigi Rocchi è un ‘grande’!

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“Signore, noi ti ringraziamo per averci donato Luigino Rocchi. Con il suo volto sorridente Tu ci hai dato la certezza che la Croce sboccia sempre nella festa di Pasqua. Signore, attraverso Luigino, Tu hai aiutato tanta gente a riprendere il cammino della vita con la speranza nel cuore e con la luce consolante della fede ritrovata. Signore, ora siamo noi nel viaggio e nella fatica. Apri il nostro cuore alla compassione, facci uscire dall’egoismo per sentire con Luigino la gioia di fare il bene. Amen”.

Questa è stata la preghiera letta al termine della Santa Messa, concelebrata insieme all’Amministratore Apostolico della diocesi di Macerata mons. Claudio Giuliodori ed ai sacerdoti della città venerdì 25 aprile a Tolentino, con cui Luigi Rocchi è stato dichiarato venerabile per le sue virtù eroiche da papa Francesco, dal card. Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, vicario del Papa per la Città del Vaticano e membro della Congregazione per le cause dei Santi, che ha affermato :

“E’ un momento molto bello per la città ed anche per me, in quanto si riconosce che c’è stato un uomo vero che ci ha fatto gustare la dignità della vita; un cristiano che ha fatto brillare il vangelo come ha fatto Luigino Rocchi, questo è un motivo che riempie di grande gioia. Dà anche speranza e fiducia per costruire un mondo più buono moltiplicando uomini così”.

Tratteggiando la sua figura, in una cattedrale piena di amici e conoscenti, ha detto ai suoi familiari che Rocchi era un cristiano autentico ed oggi è un modello di vita per tutti, perché ha compreso il suo senso: vivere per gli altri. Luigino Rocchi era un innamorato della vita e dalla sua immobilità nel letto riusciva a dare agli altri la speranza; quindi il card. Comastri ha letto una sua lettera del gennaio 1974 sul significato della vita, concludendo con un esclamativo (‘E’ stato un grande!’):

“Non amo la croce per la croce. Ma, quando c’è, bisogna farne un mezzo di salvezza, una fonte di misericordia e di perdono. E ciò è possibile solo se uniamo le nostre sofferenze a quelle di Gesù e se con lui trasformiamo la croce del dolore in croce dell’amore. Non sono un eroe, nè un santo. Sono soltanto uno che si è messo nelle mani di Dio, che crede nel suo amore e si lascia guidare”.

Prima della celebrazione è stato proiettato un breve video con le interviste al giornalista Ettore Masina, al defunto cardinale Ersilio Tonini ed al cardinale Loris Capovilla, delegato Pontificio per il Santuario di Loreto fino al 1988: “Ho avuto il piacere di conoscere Luigi Rocchi…sull’ultimo scorcio della sua vita, quand’era ormai un provetto professionista del dolore e aveva collaudato il difficile mestiere dell’infermo; sulle prime immaginavo di dover consolare un uomo e rispondere a terribili e inquietanti interrogativi. Invece no, lo capii subito, e ne rimasi come abbacinato. Egli dava molto di più di quanto ricevesse… Ebbe cuore grande e buono. Amò con tenerezza e fortezza inespugnabile…

Gli chiesi un giorno se gli capitasse sovente di lamentarsi, magari nelle ore di solitudine, o ritenendosi abbandonato da persona amica o magari a motivo di ricorrenti incomprensioni. Mi rispose: ‘No, mia mamma mi ha insegnato che il Padre mi ama. Talvolta mi è accaduto, sui 20 anni, di sentirmi provocato alla disperazione, ma subito mi riecheggiava nell’intimo la parola semplice e ferma di mia madre: ‘Luigi, Iddio ti ama!’…

Questa la lezione vissuta da Luigi Rocchi, lasciata in eredità a uomini e donne che siano umili lettori dei ‘segni dei tempi’. Egli, l’handicappato, è stato misericordioso samaritano per tanti suoi simili imbattutisi nei predoni delle tragiche strade del mondo”. Il cardinale Ersilio Tonini, vescovo della diocesi di Macerata fino al 1975, ha detto:

“Luigi non ama la sofferenza, ma la accetta consapevolmente, perchè essa ti fa penetrare là dove è la verità ultima delle cose: ti fa vedere oltre le parole, è solidale con l’uomo umiliato: ‘se questa società si perderà è perchè tratta con indifferenza e abbandono chi soffre’. Dedica buona parte del tempo e delle risorse agli altri, ma si riserva uno spazio per il silenzio, ‘che rivela a noi stessi’ e soprattutto tempo per la preghiera. Una preghiera continua di ringraziamento, di fiducia, di abbandono totale!”.

Il postulatore don Rino Ramaccioni, da sempre amico, al temine della concelebrazione ha espresso la sua gioia: “Sono contento perché valeva la pena farlo conoscere a tutti. Se serve il miracolo, io non riesco ad attrezzarmi, spero solo che Luigino faccia da solo. Le lettere di Luigino sono un tesoro di testimonianza umana, carico di grazia. Negli ultimi cinque anni della sua vita fu costretto a scrivere battendo i tasti della macchina elettrica con un bastoncino di legno tenuto fisso alla fronte. E ogni giorno scriveva 20/22 lettere; complessivamente ne abbiamo raccolte 1700.

Aveva una parola per tutti. Era un innamorato della vita. Aveva capito che era una ‘candela che doveva ardere’, a causa dell’atrofia muscolare che lo aveva colpito dalla nascita. E visto che le sue lettere rincuoravano tanti sofferenti, fece di questa possibilità il suo modo di amare la gente”. Le sorelle Alba e Gabriella, con i familiari, hanno affermato la loro gratitudine: “E’ indescrivibile quello che stiamo vivendo. Dobbiamo dire grazie a tanta gente che ha lavorato per questo obiettivo ma un grazie particolare al postulatore, don Rino Ramaccioni, per quello che è stato in grado di fare”.

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