Giovanni Paolo II, una santità raccontata da una polifonia di voci

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Per raccontare una storia, non basta un punto di vista. Per raccontare un santo, ancora meno. Ecco perché, per cogliere in appieno il senso della vita terrena di Giovanni Paolo II, e ancora di più il senso della canonizzazione, c’è bisogno di una polifonia di voci. È l’idea alla base del libro di prossima uscita “Giovanni Paolo II raccontato da chi lo ha raccontato”, curato dai vaticanisti Angela Ambrogetti e Raffaele Iaria ed edito dalla Tau Editrice.

Un libro polifonico. E forse, se si può trovare un filo conduttore tra tutti i contributi del volume, questo si può trovare proprio in un qualcosa di così musicale come la poesia, che pervade tutta la vita di Giovanni Paolo II. Di Giovanni Paolo II e la poesia ne parla Caterina Maniaci, partendo proprio dal “Trittico Romano”, il componimento poetico del Papa tutto dedicato al conclave che fu pubblicato nel 2003. Ma è quell’amore per la poesia che ha in qualche modo plasmato tutta la vita di Giovanni Paolo II.

Non sono forse poetiche le parole (profondissime e di amore profondo) che Giovanni Paolo II dedica alle donne, raccontate da Angela Ambrogetti? E non sono forse poetiche, perché vive e spesso persino profetiche, le parole contenute nelle quattordici encicliche di Giovanni Paolo II, raccontate da Salvatore Izzo? E non è forse poetico l’amore di Giovanni Paolo II per la Madonna, un amore che diventa il suo motto episcopale e la sua ragione di vita, il “Totus Tuus” che scriverà su una lavagnetta pochi giorni prima della morte?

L’amore per Maria è una cosa che accomuna Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, come racconta Emanuele Roncalli, tracciando il filo conduttore più vero tra due pontificati che sono stati distanti nel tempo, e che pure si caratterizzano per diversi punti di contatto.

E tra i punti di contatto c’è quella diplomazia portata avanti dai due Papi, tutta basata sulla difesa dei diritti umani universali, tutta fondata sull’uomo. Come Giovanni Paolo II l’abbia declinato lo racconta Enzo Romeo, da dove venga l’attenzione “politica” di Karol Wojtyla ai fatti del mondo lo racconta Gianfranco Svidercoschi, che il papato lo ha vissuto davvero da vicino. Con passione, Svidercoschi parte dalla fuga da Cracovia di Karol Wojtyla nei giorni del blitzkrieg tedesco che diede il via alla seconda guerra mondiale, racconta il ritorno in una città invasa, va alle radici della storia di una vocazione che poi porterà al Papato.

Ma c’è molta poesia anche nel rapporto di Giovanni Paolo II con l’Italia. Lo racconta Gianni Maritati, culminando con la preghiera composta per la nazione che era diventata un po’ la sua seconda patria. E c’è molta poesia nel modo in cui Giovanni Paolo II comunicava. Angelo Scelzo, ora vicedirettore della Sala Stampa Vaticana, ne traccia le linee di comunicazione, sfata i miti della stampa tutta in favore del Papa, ma mette anche in luce il patto della stampa con Giovanni Paolo II nei giorni del silenzio, quelli che precedettero la morte.

La poesia sa anche essere profetica. Un Papa indirizza la vita della Chiesa, e già negli anni Novanta il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali parlava di Internet. Eppure, Giovanni Paolo II amava soprattutto parlare a tavola, improvvisare discorsi.

Alcuni di questi, inediti, sono raccontati da padre Giorgio Costantino, che da sempre racconta il sinodo dei vescovi ai giornalisti italiani. Giornalisti che, racconta padre Costantino, il Papa seguiva e conosceva, e dei quali si informava. A tavola con gli addetti al sinodo, Giovanni Paolo II aveva raccontato di quando non aveva partecipato al sinodo del 1967 per rispetto verso il primate di Polonia Wyszinski, che non poteva partecipare. Lo stesso Giovanni Paolo II lodò a braccio nel 1990 la crescente “spiritualità e maturità” dello strumento “profetico” del sinodo.

Piccoli momenti di vita quotidiana che raccontano di un Papa che sapeva guardare avanti. Ma che sapeva anche creare una Chiesa forte. Una Chiesa orientata al dialogo, come racconta Marco Tosatti. E una Chiesa che si basava sul forte esempio dei santi, proclamati ad un ritmo che ha fatto parlare di fabbrica dei santi, come racconta Fabio Zavattaro. Quando al Papa gli fu fatto notare che forse troppi erano stati portati agli onori degli altari, Giovanni Paolo II – racconta Zavattaro – sembra rispose: “E’ colpa dello Spirito Santo”.

Zavattaro dipana anche i nomi di santi con storie incredibili, come quella di Zeferino Jimenez Malla, detto El Pele, “gran ballerino e cantante di flamenco e abile commerciante di muli”, ucciso durante la guerra civile spagnola perché aveva difeso un prete.

E storie bellissime le racconta anche Paloma Gomez Borrero, vaticanista di lungo corso, che ha seguito tutti i viaggi di Giovanni Paolo II. E ad ogni viaggio gli chiedeva di andare in Spagna. Quando il Papa effettivamente va in Spagna, durante il volo, lei viene chiamata per un saluto nella zona riservata al Pontefice. Lei in tasca ha una lettera della sorella di Victor, un giovane studente universitario che aveva chiesto, una volta che il Papa fosse arrivato in Spagna – era il viaggio del 1982 – di consegnargli la sua capa de tuno, il mantello tipico degli studenti universitari, perché “quando il Papa arriverà là io non ci sarò”. Paloma ha l’occasione di dare la lettera nelle mani del Papa. Giovanni Paolo II la legge. E vuole che la capa de tuno gli sia consegnata dalla madre di Victor. Non solo. Vuole che la banda della Facoltà di Medicina suoni “Clavelitos”, la canzone favorita del ragazzo.copeok

Anche i cronisti, in fondo, hanno bisogno della poesia della vita. E c’è voluto un coro di più cronisti per raccontare la poesia di un pontificato e una parte della storia di un Papa che in fondo, racconta Raffaele Iaria, era già santo. Così santo da abbracciare tutte le storie su di lui in una copertina bellissima, nei toni del celeste, con una foto bellissima e intensa di  Catholic Press Photo, partner storico di Korazym firmata da Giancarlo Giuliani. Perché in fondo i santi non si possono raccontare fino in fondo, nemmeno in una polifonia di voci. Ma un santo riesce a raccogliere tutti intorno a sé, e a raccontare qualcosa di sé a ciascuna delle persone che incontra.

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