Resurrezione e vita

Condividi su...

Giovanni inizia il suo Vangelo con un inno: In principio era il VerboIn lui era la vita e la vita era la luce degli uomini (1,1.4). E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (v. 14). Poi, nella sua Prima Lettera, scrive che le nostre mani toccarono il Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi (1Gv 1,1-2). Lo stesso Gesù poi dirà: Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10). 

Quasi in crescendo sinfonico, l’itinerario quaresimale ci ha condotti, dal deserto delle tentazioni alla Trasfigurazione sul monte Tabor, dal pozzo di Sicar alla piscina di Siloe, sino a Betania. L’acqua e la luce della vita ci danno la vera Vita, quella dello Spirito. La risurrezione di Lazzaro (cf Gv 11,1-54) è segno della restaurazione della creazione nel suo primitivo splendore, è tipo della risurrezione di Cristo e della nostra, sia alla vita divina del battesimo, sia a quella definitiva della risurrezione finale.

Gesù, con solenne affermazione, dice a Marta: Io sono la risurrezione e la vita… chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno (Gv 11,25-26). Dio è la Vita ed è la fonte originaria della vita fin dall’eternità. La morte è la condizione di peccato quando l’uomo, per la disobbedienza a Dio, interruppe la comunicazione vitale col suo Creatore e Padre, cadendo sotto il potere del nemico della vita. Dio però ci riporta sempre a vita nuova mediante il Figlio suo. Con Cristo, venne Colui che è la Vita (Gv 1,4), il Verbo Pane di vita (Gv 6,35-48), l’Acqua di vita (Gv 4,14), la Vita del mondo (Gv 6,51). L’uomo vive una duplice vita: quella umana, dono preziosissimo, e quella divina, ineffabile tesoro.

Morte è quella fisica, come quella di tutti gli uomini e perciò anche quella di Lazzaro che, risuscitato da Cristo, diventa il simbolo della risurrezione e della vita. Ezechiele, nella sua visione profetica, ci fa vedere che il soffio dello Spirito di Dio fa rivivere un popolo di peccatori-cadaveri. Con il suo Spirito risuscitò il Cristo, con il suo Spirito risusciterà i nostri corpi mortali per configurarli al Corpo glorioso del Figlio. Talvolta ci sembra di vivere in quella valle disseminata di ossa aride. Il profeta Ezechiele trasforma in visione la drammatica esperienza di Israele che, nell’esilio babilonese, si lamentava con l’amara trenodia: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti (37,11). La rivivificazione delle ossa inaridite è simbolo che il ritorno dall’esilio è già risurrezione. Il Soffio dello Spirito di JHWH ridona vita, libera l’umanità da ogni schiavitù e dalla morte.

La pagina giovannea è articolata in due grandi scene poste tra un preludio (vv. 1-16) e un postludio (vv. 45-54). Nella prima scena è narrato il dialogo tra Gesù e due sorelle di Lazzaro, Marta e Maria (vv. 17-37); nella seconda c’è Gesù dinanzi la tomba di Lazzaro che viene risuscitato (vv. 38-44). Nel preludio Gesù intende preparare i discepoli a vedere il miracolo come segno di gloria del Padre che deve portare i discepoli a credere che Lui, inviato dal Padre, dona la vita. Nel postludio il Sinedrio decide di dare la morte a Colui che si era definito Luce del mondo. Lazzaro ritorna alla vita, a Gesù sarà data la morte.

Il luogo in cui si svolge l’evento è Betania, distante circa tre chilometri da Gerusalemme e posta sul versante ovest del Monte degli ulivi. Qui venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro (Gv 11,17). Marta, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta a casa (v. 20).

Gesù, prima di compiere un miracolo, chiede sempre un gesto di fede. A Marta chiede un gesto di fiducia e di speranza: fiducia nel potere di Gesù, speranza che egli esaudirà la sua preghiera, quella di risuscitare il fratello morto già da quattro giorni. Ai tempi di Gesù, la fede-fiducia nella risurrezione universale alla fine dei tempi era convinzione comune, tranne che per i sadducei. Prima di ridonare la vita all’amico Lazzaro, Gesù, sin dall’inizio, conduce Marta a proclamare la sua fede nella risurrezione dell’ultimo giorno (v. 24) sino alla professione più grande di fede: Gesù è la risurrezione e la vita (v. 25). Con decisione chiede a Marta: Credi tu questo? (v. 25-26). Gesù, non soltanto è la Vita ma dona anche la vita a chi si unisce a lui attraverso la fede; Egli è anche la Risurrezione e dà la risurrezione perché è il primo Risuscitato. La risurrezione è la rivelazione del suo stesso essere e il coronamento della sua missione. A ogni credente, nell’ora della prova, Gesù rivolge la stessa domanda: Credi tu questo? Gesù è risurrezione e vita per chi risponde in entusiasmo: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui viene nel mondo (v. 27).

Dinanzi alla tomba dell’amico Lazzaro, Gesù ha due reazioni: una di grande indignazione e l’altra di profondo turbamento. Il primo verbo, tradotto con si commosse profondamente (v. 33), indica una reazione violenta. Gesù, infatti, reagisce contro i dubbi di Maria (v. 32) e l’incredulità di alcuni giudei (v. 37). Essi non credono che Egli, il Salvatore del mondo, si è incarnato per liberare l’uomo dalla disperazione e dalla morte. Il secondo verbo rafforza la reazione attraverso il gesto del turbamento. Gesù, come ogni umana creatura di fronte al dolore generato dalla morte, scoppiò in pianto (v. 35), rievocazione di lacrime silenziose per quanti, a causa della loro incredulità, non può risuscitare dalla morte del peccato. Gesù non è insensibile alla situazione umana, Egli s’incarna per assumere la nostra carne mortale. Partecipando al dolore dell’uomo, s’immerge nell’intimo dell’umana avventura scardinata dal peccato e intrisa di dolore e di morte. Certo, all’inizio, Dio, ammirato della sua creazione, disse ripetutamente che tutto era molto buono e bello (Gn 1,31). Questo progetto originario, però, fu sconvolto e distrutto dal peccato dell’uomo, e col peccato entrarono nel mondo il dolore e la morte. Vedendo piangere Gesù, i Giudei dissero: Guarda come lo amava! (v. 36).

Il corpo di Lazzaro, ormai da quattro giorni nel sepolcro, inizia a putrefarsi. Il grido imperativo di Gesù: Lazzaro, vieni fuori! (v. 43), ridona la vita a quel corpo morto dell’amico che già emanava fetore (v. 44). Il divino gesto vivificatore accende la fede in molti dei presenti che credettero in Lui (v. 45). Gesù, con questo gesto d’infinita tenerezza, non solo restituisce a Lazzaro la vita fisica del corpo, ma rivela altresì di essere Lui la Risurrezione e la Vita.

La “carne dell’uomo” che guarda soltanto a se stessa attraverso l’affermazione di sé, il servizio di sé, l’idolatria di sé, fa vivere l’uomo, abbandonato a se stesso secondo la carne, in maniera egoistica ed egocentrica. San Paolo afferma con decisione che vivere secondo la carne conduce inesorabilmente alla morte. Ecco la novità: nel mondo dell’uomo-carne s’immerge lo “Spirito di Dio” che dona la vita. Lo professiamo con convinta credulitas, nell’atto di fede: Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la Vita. San Paolo lo scrive ai Romani: Colui che ha risuscitato Cristo dai morti, darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi (v. 11). Il fine della vita non è, perciò, la morte, ma la risurrezione, perché la Vita di Dio non tradisce mai l’uomo, nato dal suo Soffio creatore.

La voce di Gesù continua sempre a dire: Togliete la pietra (v. 39). Nella carne dell’uomo, abbandonato a se stesso, c’è la pietra che lo imprigiona nella tomba del proprio egoismo. Il servizio di sé, l’affermazione di sé, l’adorazione di sé, il delirio del potere, il blocco relazionale di titoli e di ruoli, bloccano il cuore e tolgono il respiro della vita. La voce di Cristo chiama alla vita e continua a gridare: Lazzaro, vieni fuori! (v. 43). Il grido dello Spirito che ridona la vita, libera l’uomo dall’impotenza, dal fallimento, dalle chiusure mentali, dalle mille schiavitù dell’idolatria. Anche se bendati e legati, bisogna uscire dalle tombe del peccato e dalle situazioni di morte per andare lì dove il Signore ci vuole, ci chiama e ci conduce.

Il battesimo è dono di vita divina. Se il peccato interrompe il flusso vitale che dalla Trinità fluisce nell’uomo, il battesimo ristabilisce il collegamento con la sorgente della vita divina. Il battesimo è il lavacro di rigenerazione (Tt 3,5) che rende tutti, creature nuove (cf Ef 4,24). San Paolo parla, infatti, dello Spirito che vivificò l’umanità di Cristo, gli restituì la vita fisica e gli conferì la glorificazione. La glorificazione di Cristo si completa nel suo Corpo che è la Chiesa: E io sono glorificato in loro, afferma Gesù nella preghiera sacerdotale (Gv 17,10). Lo stesso Spirito vivificherà il battezzato, gli restituirà la vita fisica e lo glorificherà nella risurrezione dell’ultimo giorno. Nessuna vita può germogliare senza una fede profonda in chi è la Vita e la Risurrezione: Chi crede in me, anche se è morto, vivrà (Gv 11,25).

 

151.11.48.50