La sagra delle polemiche

Volto di un bambino africano
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Ancora una polemica, ancora una volta un caso mediatico partito dalle parole di Benedetto XVI, ancora una volta una vicenda molto ampia (il viaggio nel continente africano) ridotto ad un solo aspetto, guarda caso quello che l’occidente sente più vicino ai propri bisogni: non quello – ad esempio – della fame, ma quello del contrasto all’Aids. Regole della comunicazione.

Il papa ha detto, testualmente: “Non si può superare questo problema dell’Aids solo con i soldi, che sono necessari, ma se non c’è l’anima che sa applicarli, non aiutano; non si può superare con la distribuzione di preservativi che, al contrario, aumentano il problema”. Frasi riportate sul sito della Santa Sede in modo differente: “Direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con slogan pubblicitari. Se non c’è l’anima, se gli africani non si aiutano, non si può risolvere il flagello con la distribuzione di profilattici: al contrario, il rischio è di aumentare il problema”.

Il “cambio di parole” non aiuta certo a placare la polemica, che viene poi alimentata dalle reazioni di Francia e Germania. “La Francia – ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Eric Chevallier – esprime fortissima preoccupazione davanti alle conseguenze di queste frasi di Benedetto XVI: se non spetta a noi dare un giudizio sulla dottrina della Chiesa – ha aggiunto – riteniamo che frasi del genere mettano in pericolo le politiche di sanità pubblica e gli imperativi di protezione della vita umana”. Anche il governo tedesco ha criticato le parole di Benedetto XVI sull’Aids, in un comunicato stampa congiunto le ministre della Salute, Ulla Schmidt, e della Cooperazione economica e dello sviluppo, Heidemarie Wieczorek-Zeul. “I preservativi giocano un ruolo decisivo, i preservativi salvano la vita, tanto in Europa quanto in altri continenti”. “Una moderna cooperazione allo sviluppo – si legge nel testo – deve dare ai poveri l’accesso ai mezzi di pianificazione familiare e tra questi rientra in particolare anche l’impiego dei preservativi; tutto il resto sarebbe irresponsabile”.

Ora, le polemiche sono davvero gratuite. Della questione si è parlato più volte, e più volte si è messo in risalto come l’epidemia di Hiv/Aids sia un flagello per il continente. Ne discutono anche i vescovi e i sacerdoti, ed è stata anche avanzata l’idea di considerare in termini differenti la questione nei casi di coppie sposate nei quali uno dei partner sia sieropositivo, o in contesti gravissimi come quelli africani. E’ un discorso aperto, da un punto di vista dottrinale e morale, ma che non merita di essere ridotta a polemiche anti-papale. Che sono un po’ troppe e un po’ troppe frequenti, al punto da essere pure diventate noiose, ormai.

Rimane una semplice realtà; che nelle parole delle cancellerie occidentali, e non solo in quelle, prevale l’idea che il preservativo possa risolvere il problema Aids in Africa. Come si combatte? Inondando il continente di preservativi. Tale posizione apodittica appare superficiale, e contrasta con la necessità di una vera lotta alla malattia. E non tiene conto dei contesti culturali africani, il che non è di poco conto. er la Chiesa il flagello si combatte anzitutto “con l’educazione alla responsabilità delle persone nell’uso della sessualità e con il riaffermare il ruolo essenziale del matrimonio e della famiglia” e poi “con la ricerca e l’applicazione delle cure efficaci dell’Aids e nel metterle a disposizione del più ampio numero di malati attraverso molte iniziative ed istituzioni sanitarie”. In terzo luogo “con l’assistenza umana e spirituale dei malati di Aids come di tutti i sofferenti, che da sempre sono nel cuore della Chiesa”. La Chiesa insomma non ritiene che “puntare essenzialmente sulla più ampia diffusione di preservativi sia la via migliore, più lungimirante ed efficace per contrastare il flagello dell’Aids e tutelare la vita umana”. E’ un discorso più ampio e a lungo termine, ma non può essere bollato con la solita accusa di inutilità 

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