XXVIII domenica del Tempo Ordinario: Gesù ed i dieci lebbrosi

Condividi su...

La gratitudine è umiltà e rivela la sensibilità del cuore. La lebbra ai tempi di Gesù era considerata una malattia drammatica: il lebbroso veniva relegato ai margini della società; non poteva avvicinarsi ad alcuno né essere avvicinato. Un giorno sulla strada, che unisce Gerusalemme e Gerico, dieci lebbrosi da lontano gridano: ‘Gesù, Maestro, abbi pietà di noi’.

I dieci invocano un miracolo; Gesù legge la fede e la speranza che albergano nel loro cuore e, conforme a quanto prescriveva la legge, risponde: ‘Andate a Gerusalemme, presentatevi ai sacerdoti del Tempio’. Chiedere un miracolo significa credere in Dio; porre in Lui ogni speranza ed avere il coraggio della gratitudine e della conversione del cuore. Miracolare è atto di amore; amore con amore si paga. Gesù non guarda in faccia ad alcuno; Egli guarda il cuore. Per Gesù non esiste ebreo o pagano, amico o avversario: Egli è venuto per salvare l’uomo, tutti gli uomini.  

Il miracolo è sempre un segno eclatante che ferma le leggi della natura; la natura, creata da Dio, serve a rendere lode a Dio creatore e padre di tutti. I dieci lebbrosi ubbidiscono, si avviano verso il tempio per presentarsi ai sacerdoti quando, all’improvviso, pieni di gioia avvertono l’avvenuta guarigione. La loro fede e l’intervento divino li hanno salvati.

Alla realizzazione di un miracolo non si richiede mai qualcosa di forte o di gravoso da attuare perché Dio guarda il cuore dell’uomo e non le forze fisiche che regolano la realtà. i miracoli sono una breccia che Dio apre nel cuore o nella natura per rivelarci la sua santità e onnipotenza; costituiscono un dono di Dio; da parte dell’uomo necessita la fede e la gratitudine verso Dio grande e misericordioso. 

Per i dieci lebbrosi Gesù premia la loro fede; essi, però, eccetto il samaritano dimenticano il Donatore, il Padre  celeste che, nella persona di Gesù li aveva guariti e, lieti, se no tornarono a casa. Solo un samaritano, uno straniero sentì il bisogno e il dovere di lodare e ringraziare Gesù. Ecco l’ingratitudine: dare tutto per scontato come se tutto ci è dovuto. Da qui le parole di Gesù: ‘Non sono stati guariti tutti e dieci?; gli altri nove dove sono? Solo uno straniero  ha sentito il bisogno di dire: Grazie!’

La società va male perché c’é troppo egoismo, molto orgoglio e superbia. Dio resiste ai superbi, dà la grazia agli umili. L’umiltà è verità. Siamo deboli e limitati; quello che siamo è solo dono di Dio; da qui la necessità della riconoscenza, della gratitudine, della preghiera. Dio è essenzialmente amore, per ringraziare occorre umiltà. Il samaritano guarito loda il Signore Gesù; Naaman il Siro, guarito, volle erigere un altare al Signore in atto di ringraziamento. Io, tu, amico che leggi o ascolti, dobbiamo alzare gli occhi al cielo; come la Santissima Vergine Maria poter cantare: ‘L’anima mia magnifica il Signore… perché ha fatto cose grandi in me colui che è potente’.       

151.11.48.50