Mons. Spina invoca san Ciriaco per dare speranza

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Nella solennità di san Ciriaco, patrono di Ancona e dell’arcidiocesi di Ancona-Osimo, celebratasi domenica 4 maggio, mons. Angelo Spina ha presieduto la celebrazione eucaristica nella cattedrale, preceduta dall’omaggio floreale del sindaco Daniele Silvetti ha offerto l’omaggio floreale a san Ciriaco, mentre al termine della messa l’arcivescovo ha elevato una preghiera al patrono cittadino ed ha impartito la benedizione con il reliquiario, contenente un frammento della croce di Cristo e la reliquia del santo.

Nell’omelia l’arcivescovo di Ancona ha ribadito che la speranza non delude: “In questo anno giubilare siamo tutti pellegrini di speranza, perché la speranza non delude. Oggi la nostra Chiesa locale guarda a San Ciriaco, colui che ci indica la via di come essere cristiani. Ci invita a ritrovare la croce, ad abbracciarla, a testimoniarla. Tre momenti significativi. Nel cammino della Croce, Gesù è vicino a ciascuno di noi, piange con noi. Tutti noi nella vita abbiamo pianto e piangiamo ancora”.

L’omelia ha riflettuto sulla tenerezza di Gesù: “E Gesù è con noi. Piange con noi perché ci accompagna nel buio che ci porta alle lacrime. Gesù, con la sua tenerezza, asciuga le nostre lacrime nascoste. Gesù spera di riempire, con la sua vicinanza, la nostra solitudine. Come sono tristi i momenti di solitudine! Lui è lì, Lui vuole colmare questa solitudine. Gesù vuole colmare la nostra paura, la tua paura, la mia paura, quelle paure oscure vuole colmarle con la sua consolazione. E Lui spera di spingerci ad abbracciare il rischio di amare. Perché, voi lo sapete, lo sapete meglio di me: amare è rischioso. Bisogna correre il rischio di amare. E’ un rischio, ma vale la pena correrlo, e Lui ci accompagna in questo. Sempre ci accompagna. Sempre cammina. Sempre, durante la vita, sta insieme a noi”.

Ha messo in guardia dalle false speranze: “Quante false speranze ci vengono proposte nel nostro tempo, soprattutto nel mondo giovanile. Viviamo in un mondo di specchi dove tutto ciò che conta è il nostro apparire, il nostro aspetto, la nostra immagine. Selfie dopo selfie. La tirannia del corpo giusto e del sorriso perfetto. Foto di noi sui social media in pose accuratamente studiate. Post artificiali in attesa di like. Purtroppo, come spesso costatiamo, le speranze terrene illudono e deludono”.

L’arcivescovo ha domandato il motivo per cui il Crocifisso è la speranza: “E’ una speranza diversa quella che nasce dalla croce. E’ una speranza diversa da quelle che crollano, da quelle del mondo. Ma quale speranza nasce dalla croce?.. Proviamo a pensare a un chicco o a un piccolo seme, che cade nel terreno. Se rimane chiuso in sé stesso, non succede nulla; se invece si spezza, si apre, allora dà vita a una spiga, a un germoglio, poi a una pianta e la pianta darà frutto… Per portare frutto Gesù ha vissuto l’amore fino in fondo, lasciandosi spezzare dalla morte, come un seme si lascia spezzare sotto terra. Proprio lì, nel punto estremo del suo abbassamento è germogliata la speranza”.

Per questo la speranza nasce dalla croce: “Guarda la croce, guarda il Cristo Crocifisso e da lì ti arriverà la speranza che non sparisce più, quella che dura fino alla vita eterna. E questa speranza è germogliata proprio per la forza dell’amore. Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, la nostra morte in risurrezione, la nostra paura in fiducia. Ecco perché lì, sulla croce, è nata e rinasce sempre la nostra speranza; ecco perché con Gesù ogni nostra oscurità può essere trasformata in luce, ogni sconfitta in vittoria, ogni delusione in speranza”.

Ed ha elencato i molti crocifissi odierni: “Guardando alla croce di Gesù, oggi purtroppo vediamo i tanti crocifissi nella storia, uomini e donne a causa di violenze, di guerre, di ingiustizie. Penso ai giovani. A volte il dolore di alcuni giovani è lacerante, è un dolore che non si può esprimere a parole, è un dolore che ci colpisce come uno schiaffo. Il non sentirsi capiti, la mancanza di relazioni vere e sane, il vuoto educativo…

La situazione che stiamo vivendo certamente non è delle migliori. Le sfide sono tante: la dignità del lavoro, la famiglia, l’istruzione, l’impegno civico, la cura del creato e le nuove tecnologie che creano relazioni on line a volte disumane. Gli spazi digitali che rendono ciechi alla fragilità dell’altro e impediscono l’introspezione. L’immersione nel mondo virtuale favorisce una sorta di “migrazione digitale”, vale a dire un distanziamento dalla famiglia, dai valori culturali e religiosi che conduce molti giovani verso un mondo di solitudine e di auto-invenzione, fino a sperimentare la mancanza di radici”.

Per questo l’arcidiocesi è in cammino per non deludere i giovani: “Non possiamo deludere i giovani, sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire. E’ bello vederli sprigionare energie, ad esempio quando si rimboccano le maniche e si impegnano volontariamente nelle situazioni di calamità e di disagio sociale. Ma è triste vedere giovani privi di speranza, quando un venti per cento non studia e non lavora; d’altronde, quando il futuro è incerto e impermeabile ai sogni, quando lo studio non offre sbocchi e la mancanza di un lavoro o di un’occupazione sufficientemente stabile rischiano di azzerare i desideri, è inevitabile che il presente sia vissuto nella malinconia e nella noia”.

Non deludere i giovani con le illusioni: “L’illusione delle droghe, il rischio della trasgressione e la ricerca dell’effimero creano in loro più che in altri confusione e nascondono la bellezza e il senso della vita, facendoli scivolare in baratri oscuri e spingendoli a compiere gesti  di violenza nei confronti degli altri e di sé stessi.

Per questo il Giubileo sia nella Chiesa occasione di slancio nei loro confronti: con una rinnovata passione prendiamoci cura dei ragazzi, degli studenti, dei fidanzati, delle giovani generazioni! Vicinanza ai giovani, gioia e speranza della Chiesa e del mondo! Questo ci ha ricordato il compianto papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo. Tutti siamo chiamati a prenderci cura delle nuove generazioni: famiglia, scuola, istituzioni, tutti”.

Infine ha invocato la protezione di san Ciriaco per non far morire la speranza: “San Ciriaco ci aiuti, lui che ci fa capire con la sua testimonianza che prendere la croce di Cristo è abbracciare il giogo dell’amore. Sostituiamo la parola croce con amore. Ed ecco: se qualcuno vuole venire con me, dice Gesù, prenda su di sé il giogo dell’amore, tutto l’amore di cui è capace, e mi segua… Oggi siamo raccolti in questa cattedrale di san Ciriaco per ricevere ancora una volta la consegna della croce che abbraccia cielo e terra, nord e sud, est ed ovest, tutti.

Essa è profezia, e in tempi di paura come i nostri, abbiamo bisogno di profezia che ci porta avanti nella speranza. Essa è la nostra unica speranza. Essa ci viene consegnata nelle mani perché porti linfa nuova per costruire anche oggi quella civiltà dell’amore che san Ciriaco ha testimoniato. Noi siamo chiamati a edificare questa nostra città, non più con le pietre ma con le persone, con uomini e donne che sanno raccogliersi e unirsi per edificare un futuro migliore per sé e per tutti. San Ciriaco ci protegga e ci benedica”.

(Foto: arcidiocesi di Ancona-Osimo)

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