Papa Francesco, maestro di amicizia

In questi momenti di dolore riprendiamo la testimonianza del vicario ausiliare dell’Opus Dei che da una frequentazione personale con il Santo Padre riporta alcuni aneddoti confidando che possano servire per imparare la ‘catechesi’ di Jorge Mario Bergoglio (1936-2025) sull’amicizia.***
Una delle grazie che apprezzo di più nella mia vita sono i gesti di amicizia che Papa Francesco mi ha regalato, in un insolito mix di vicinanza paterna e buonumore tipicamente argentino. L’ho conosciuto nel lontano 2000, nella curia dell’arcidiocesi di Buenos Aires, ma posso dire che la nostra amicizia sia iniziata davvero in occasione dell’assemblea di Aparecida nel 2007.
I ricordi di questa nostra amicizia sono accuratamente custoditi nella mia memoria. Nei momenti di dolore che seguono alla sua morte, scrivo la mia testimonianza sul Santo Padre confidando che tutti noi possiamo imparare, anche attraverso gli aneddoti che riporterò, la catechesi di Francesco sull’amicizia. Inizierò a raccontarli a partire dalle lettere che ho ricevuto negli anni, tutte scritte di suo pugno. Per evitare di essere indiscreto, citerò soltanto le più significative di queste lettere. Esse rivelano alcune caratteristiche della personalità del Papa come la gratitudine, il buon umore – con il tocco ironico tipico della sua città natale, Buenos Aires -, la vicinanza e la fiducia nella preghiera.
Quando era ancora cardinale di Buenos Aires, mi scrisse diverse lettere – sempre accompagnate, all’interno della busta, da alcuni santini della Madonna ‘che scioglie i nodi’, di San Giuseppe e di Santa Teresa di Lisieux – per ringraziarmi di avergli inviato dei libri o trasmesso alcune informazioni sulle attività apostoliche dell’Opus Dei nella capitale argentina.
In un’occasione particolare, ricordo che gli inviai un libro che conteneva alcune sue citazioni da discorsi e omelie. Nella sua lettera del 22 ottobre 2010, oltre a ringraziarmi per questo volume, reagì così al fatto di esser stato citato: «Per quanto riguarda le citazioni nelle conclusioni, sono già evidentemente un passo avanti verso quel momento in cui sarò “citato” negli Avvisi funebri de La Nación» (il giornale caratteristico argentino conosciuto per la pubblicazione degli ‘avvisi mortuari’).
Dopo la sua elezione a Romano Pontefice, la mia sorpresa è stata grande quando, in ben quattro occasioni in un anno, ho ricevuto una busta dalla nunziatura contenente un’altra busta più piccola scritta da Francesco in risposta alle mie lettere, sulle quali aveva persino messo il codice postale della casa in cui abito. Nella lettera del 6 giugno 2013 mi incoraggiava ad evangelizzare ‘in questo momento in cui le acque finalmente si stanno muovendo. Benedetto sia Dio’.
Quando a Buenos Aires sono riuscito per la prima volta a dargli del ‘tu’, assicurandogli che da quella volta in poi mi sarei rivolto a lui in questo modo amichevole, visto che nel frattempo era divenuto il Vicario di Cristo, Francesco ha commentato: ‘Mi ha divertito che tu abbia finalmente iniziato ad essere confidenziale… ti abituerai (del resto sono stato declassato: prima ero un cardinale, ora un semplice vescovo)’. Poiché la lettera si riferiva all’anniversario della mia ordinazione sacerdotale, il Papa sottolineò: ‘Sei sacerdote da 22 anni. È impressionante come il tempo passi. Io lo sono dal doppio del tempo e mi sembra ieri’. La richiesta di preghiere non mancava mai nelle sue lettere: ‘Ti chiedo, per favore, di continuare a pregare e a far pregare per me’.
La missiva successiva che ricevetti fu per ringraziarmi di un libro che avevo scritto su di lui e che un amico gli aveva inviato. Il 4 luglio, il Papa commentò che questo amico gli aveva portato ‘il libro che hai osato scrivere su di me. Che faccia tosta! Mi riprometto di leggerlo e sono già convinto che troverai nei miei scritti categorie metafisiche e ontologiche che sicuramente non mi sono mai venute in mente. Sono sicuro che mi divertirò. Sono anche sicuro che la tua penna farà del bene alle persone. Ti ringrazio molto’. Ed, ancora, alla fine, sempre la richiesta di preghiere: ‘Per favore, non dimenticare di pregare e far pregare per me. Che Gesù ti benedica e la Vergine Santa vegli su di te’.
Alla fine del 2014 mi sono trasferito dall’Argentina a Roma. L’anno successivo gli ho inviato un libro sui grandi scrittori russi. L’ammirazione del Papa per questi classici e, in particolare, per Dostoevskij, è ben nota. Commentando il libro e la ricchezza della letteratura russa, il 3 dicembre 2016 mi ha scritto: ‘Alla base c’è quella frase programmatica (non ricordo di chi), nihil humanum a me alienum puto (nulla che sia umano mi è estraneo), o l’esperienza del pagano più cristiano, Virgilio, sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt (La storia è lacrime, e l’umano soffrire commuove la mente)’. Allo stesso tempo, mi ha incoraggiato a continuare a scrivere sui classici della letteratura come mezzo efficace per evangelizzare.
In occasione di un messaggio in cui gli comunicavo che sarei andato in Ecuador, mi rispose per posta, il 3 febbraio 2022: ‘Buon viaggio in Ecuador. Salutami la Dolorosa del Colegio San Gabriel di Quito. Ogni giorno le rivolgo una preghiera’. Il Papa si riferiva a un’immagine miracolosa in una scuola gestita dai gesuiti nella capitale ecuadoriana. Ho esaudito il suo desiderio, pregando per qualche minuto per le sue intenzioni davanti all’immagine, insieme alla comunità religiosa della scuola.
L’ultima lettera che ho è datata 4 agosto 2024. Il Papa aveva pubblicato un documento sull’importanza della letteratura nella formazione degli operatori pastorali. Mi trovavo in Camerun e, quando ho letto questo documento, mi sono emozionato e gli ho inviato un messaggio tramite il suo segretario. La risposta è stata immediata: ‘Grazie per la tua e-mail. Grazie per il tuo incoraggiamento. Alcuni vescovi italiani mi hanno chiesto di fare qualcosa per la formazione umanistica dei futuri sacerdoti… e ho riesumato questi appunti che avevo scritto molto tempo fa. In questo non sei il mio ‘maestro’ con i tuoi libri. Il Camerun ha una buona squadra di calcio. Io prego per voi. Ti prego di fare lo stesso per me. Che Gesù ti benedica e la Santa Vergine vegli su di te. Fraternamente. Francesco’.
Anche le telefonate al cellulare mi hanno lasciato un ricordo indelebile della sua amicizia. Da un incontro personale nel 2016, in occasione del mio compleanno, ha iniziato a chiamarmi ogni anno per farmi gli auguri. Proprio nel 2017 mi ha chiamato mentre stavo celebrando la Santa Messa. Mi sono imbattuto in un messaggio audio, in cui mi salutava per il mio compleanno, mi assicurava le sue preghiere, mi chiedeva di pregare per lui e aggiungeva che, se avesse potuto, mi avrebbe chiamato quel pomeriggio.
Alle ore 15 circa stavo ricevendo una persona quando il cellulare ha squillato. Quando l’ho tirato fuori dalla tasca, la chiamata si è interrotta, ma ho visto che era lui. Mi sono quindi messo in contatto con il suo segretario, per dirgli che ero commosso dal fatto che il Papa avesse cercato di mettersi in contatto con me per la seconda volta. Gli ho detto di trasmettere i miei ringraziamenti e le mie preghiere per lui. Nel giro di cinque minuti, il Papa mi stava chiamando per la terza volta! Non appena ho alzato la cornetta, ha esclamato: ‘Com’è difficile parlare con te!’
Un anno dopo, ammetto che mi aspettavo già i saluti del Papa. Mi chiamò solo il giorno seguente. Incredibilmente, mi spiegò come se dovesse giustificarsi che mi aveva avuto nei suoi pensieri per tutta la giornata, ma non aveva avuto il tempo fisico di salutarmi. Alla fine del 2019 e nei primi mesi del 2020 ho avuto frequenti contatti con il Papa, esprimendogli la mia vicinanza. A novembre gli ho comunicato, tramite il suo segretario, che mia madre si era rotta l’anca.
Ho chiesto la sua preghiera e la sua benedizione per mia madre. Sono rimasto sorpreso nel vedere il mio cellulare squillare dieci minuti dopo aver inviato l’e-mail. Era il Papa. Mi chiese quanti anni aveva mia madre, come si chiamava e aggiunse che mi stava inviando la sua benedizione e che avrebbe vegliato su di lei. Grazie a Dio, l’operazione subita da lei subìta è andata bene e l’ho comunicato a Francesco in una lettera che, ancora una volta, ha ricevuto una risposta scritta immediata.
Poco dopo ho avuto una dermatite complicata. Mi sono sfogato in una lettera, dicendogli che offrivo il mio disagio per lui e per la Chiesa. Mi chiamò il giorno dopo. Con una singolare ironia tipica della sua città natale Buenos Aires, mi chiese come avevo chiamato la malattia. Risposi: ‘Dermatite’. ‘No – rispose -, è scabbia’, cercando di aggiungere un tocco di umorismo alla dolorosa situazione. Si interessò subito al mio stato di salute e mi ringraziò sinceramente per avergli offerto le sofferenze causate dalla mia malattia.
Passarono alcune settimane e ricevetti una notizia dolorosa: uno dei miei migliori amici fin dagli anni della scuola elementare, un sacerdote dell’Opus Dei, era morto vittima del COVID. Ancora una volta ho condiviso la mia sofferenza con il Papa, perché Francesco conosceva molto bene questo sacerdote, appartenente a una famiglia sua amica. Poco dopo mi chiamò per consolarmi: ‘Non preoccuparti, Pedro era un santo e sarà in Paradiso’. Gli dissi che, appresa la notizia, avevo pianto come un bambino. Con grande affetto, mi confidò che quelle lacrime erano molto salutari e che il Regno dei Cieli appartiene ai bambini. Mi chiese anche come andava la ‘scabbia’.
La serie di contatti fra di noi continuò: compleanni, ringraziamenti per l’invio di libri etc. Una volta volle persino sapere se avevo il numero di telefono di un amico comune. Tipiche cose da amici. Pensando a quelle telefonate, sono giunto alla conclusione che, a parte il Prelato dell’Opus Dei e i miei fratelli dell’Opera che vivono a casa con me, oltre naturalmente alla mia famiglia in Argentina, solo Francesco ha condiviso con tale intensità la mia preoccupazione per mia madre, per la mia ‘dermatite’, il dolore per la morte di un amico e la gioia dei compleanni. Molti erano presenti in una o l’altra di queste circostanze, ma solo lui era presente in tutte. E, ovviamente, non era il meno impegnato dei miei amici…
Se mi sono indotto a raccontare queste cose, è perché sono consapevole che il mio caso non è affatto unico. Ore e ore del suo pontificato – della sua vita – sono state spese in questo tipo di gesti e conversazioni, di vicinanza e amicizia. In occasioni difficili e in occasioni gioiose, sempre con buon umore e fiducia nella preghiera. In questo momento di dolore, il ricordo del Papa è quello di un amico che c’è stato sempre, che ha vissuto con me tutte le mie più significative esperienze e che lo ha fatto predicando incessantemente in tutto il mondo.
Articolo comparso con il titolo ‘Francisco, maestro de amistad’ sulla testata spagnola ‘Omnes’ del 23 aprile 2025: https://www.omnesmag.com/firmas/francisco-maestro-de-amistad/.