Papa Francesco e il Papa che verrà
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 04.03.2024 – Andrea Gagliarducci] – Forse il problema più grande con il profilo del prossimo Papa fornito da Demos II è, che sembra far parte di un mondo disincarnato. Proprio come Papa Francesco è sfuggente nelle sue decisioni, Demos II diventa meno concreto quando lui – e il dibattito che sta cercando di guidare – dovrebbe essere concreto.
L’anonimo cardinale che si autodefinisce Demos II ha paura di uscire allo scoperto, nonostante o forse perché esprime opinioni condivise da molti nel Sacro Collegio. Questo ci dice molto sui tempi, forse, ma lascia una domanda: chi è Demos II?
Ebbene, un documento firmato da Demos è circolato tra i cardinali nel 2022, che metteva in luce le criticità dell’attuale pontificato nel tentativo di dare ai cardinali una base di discussione. Si scoprì che Demos altri non era che il Cardinale George Pell, come rivelò poi Sandro Magister dopo la morte improvvisa del cardinale australiano [QUI].
Il 29 febbraio scorso, La Nuova Bussola Quotidiana ha pubblicato un nuovo documento scritto da un cardinale, che si firma Demos II [QUI], che afferma di essere l’espressione di molti, dentro e fuori il Sacro Collegio, alle prese con la necessità di fotografare la realtà di oggi per capire come sarà il futuro del pontificato. Prendendolo per oro colato, quindi, Demos II è un cardinale con il dito sul polso del Collegio.
Cosa dice Demos II?
Demos II è un documento breve, che chiede di riaffermare le verità di fede e di dottrina, che sono state adulterate con nozioni deleterie di compassione, di recuperare un’ermeneutica della continuità e di attuare una vera collegialità nelle decisioni.
Demos II lamenta che il Papa ha spesso legiferato per Motu proprio e che i cardinali raramente hanno potuto discutere insieme questioni di carattere generale. Il risultato è che si arriverà al futuro Conclave senza che i cardinali sappiano chi siederà accanto a loro, con tutte le difficoltà che l’elezione di un nuovo pontefice comporta in questo caso.
Questi sono tutti temi ampiamente dibattuti, messi nero su bianco e in forma autorevole, dottrinalmente impeccabile, a dimostrazione che si tratta di temi condivisi.
Il motivo per cui escono documenti come quelli di Demos I e Demos II è facilmente comprensibile. I cardinali sono rimasti scottati dall’esperienza di Papa Francesco, eletto in emergenza, sull’onda dell’emozione data da una rinuncia e una pressione mediatica senza precedenti, con il desiderio di rilanciare la narrazione della Chiesa. La scelta di Papa Francesco è stata atta a dare qualche respiro alla Chiesa, a permetterle di guadagnare qualche terreno nell’opinione pubblica.
I cardinali volevano qualcuno che attuasse riforme strutturali, ma non rivoluzionarie; un candidato per rimettere in carreggiata il governo e l’immagine della Chiesa, innanzitutto.
Francesco, però, ha interpretato il suo mandato di riforma in modo del tutto personale, così come personale è stato finora il suo governo. Portò il suo spirito e le sue idee, ma le impose con forza, spesso intervenendo personalmente in questioni dove non avrebbe potuto intervenire (come la riforma dell’Ordine di Malta). Francesco ha creato una rottura netta tra la Chiesa precedente e la Chiesa successiva. Francesco ha diviso, ha causato discutere, si è espresso con quel modo autoritario di cui parla Demos II.
Perciò, questi documenti costituiscono un primo pezzo di informazione necessario, una sorta di orientamento per il dibattito che si svolgerà nelle Congregazioni generali o negli incontri pre-Conclave. Perché questi documenti sono necessari?
Innanzitutto, coloro che li scrivono temono, che le discussioni saranno manipolate. Papa Francesco si è rivelato quasi subito un candidato forte, che ha attratto anche i cardinali del Nord America per personalità e area geografica. Non piaceva a tutti i cardinali nordamericani, ma a molti sì. Dopo undici anni di pontificato, la volontà di non ripetere la storia – o l’errore, come lo chiama qualcuno – è evidente.
C’è il timore che Papa Francesco cambi le regole del Conclave, soprattutto che cambi le regole della discussione nella Congregazione generale, escludendo i cardinali che non potranno votare in Conclave e magari chiedendo che i cardinali si riuniscono in gruppi, diretti da un moderatore.
Questo documento serve a superare ogni possibile orientamento del Conclave da parte dei “guardiani della rivoluzione” di Papa Francesco.
C’è infine la delusione, ed è una delusione che nasce soprattutto nel mondo anglosassone. Demos era il Cardinal Pell, e Demos II (non a caso, dal suo nome è in continuità con il documento precedente) sembra provenire dallo stesso ambiente anglosassone.
Questa mentalità permea il testo; arriva fino a chiedere una nuova organizzazione e una vera trasparenza per le finanze; chiede un papato meno coinvolto nei viaggi internazionali e più impegnato a mettere ordine nel governo e nelle finanze della Chiesa. La Chiesa, sottolinea il documento, non è né una democrazia né un’autocrazia; non può essere letta con criteri sociologici ma divine.
Tuttavia, il documento sembra concentrarsi su questioni destinate agli specialisti. È vero che il Conclave sarebbe una cosa per specialisti; quindi non deve risultare un testo inappropriato per chi lo legge. Eppure, scorrendo il testo, sembra che manchi qualcosa.
A questo punto, ci rendiamo conto che alla casualità del governo di Francesco si contrappone una diversa casualità. Demos II offre quelli che suonano e forse appaiono esempi concreti e scelte concrete: chiarezza nella dottrina, per dirne uno.
Tuttavia, il profilo di Demos II sembra distaccato dalla realtà.
Demos II chiede al Papa di viaggiare meno, per esempio, o di ripartire dall’ermeneutica della continuità e dalla teologia del corpo. Da un certo punto di vista è abbastanza facile appoggiare questo tipo di proposte.
Poi, però, viene da chiedersi se un pontificato ormai globale e globalizzato possa fare a meno di viaggiare per governare la Chiesa? Se questo governo della Chiesa, sempre controllato, non sia diverso da quello di Francesco?
Se parlare di teologia del corpo non è riduttivo — ed è vero che si parla anche di Grazia, di Gesù Cristo come unica via di salvezza, di dottrina come aiuto per i fedeli — il problema ora sta tuttavia nell’annuncio.
La vera questione è se un testo del genere non sia disfattista e se, invece di un’analisi dura, specialistica, dettagliata e casistica, non sarebbe stato meglio un testo che guardasse positivamente al futuro, alla ricostruzione, alle possibilità della Chiesa. Non per negare i problemi esistenti, ma per superarli, guardare oltre e iniziare a ricostruire.
Quando il testo parla della riorganizzazione della Chiesa, usa la stessa terminologia di Papa Francesco, la stessa terminologia sociale, oserei dire, vista solo nella prospettiva opposta. Sono due mondi che non si incontrano, eppure sono due mondi presenti e vivi nella Chiesa, ed entrambi devono in qualche modo riconciliarsi.
Allora, chi dovrebbe essere il prossimo Papa?
Un uomo di fede, senza ombra di dubbio. Un uomo che crede in Gesù Cristo e nella sua presenza salvifica. Che possa mettere al primo posto l’annuncio del Vangelo. Sia qualcuno che non consideri il passato come qualcosa da buttare via in nome di un mondo nuovo, ma che sappia valorizzare al meglio tutte le esperienze della Chiesa?
Anche i cardinali che si riuniranno in Conclave, guarderanno probabilmente agli annunci positivi, piuttosto che a quelli negativi. Proveranno ad aggiungere, invece che a sottrarre. Forse guarderanno prima a chi dimostrerà il carisma per superare ogni sfogo pratico con una buona dose di fede e coscienza.
In ultima analisi, Demos II non ha fatto altro che evidenziare ciò che molti attenti osservatori del pontificato evidenziavano da tempo. Allo stesso tempo, però, il documento non dovrebbe influenzare il prossimo Conclave troppo.
Il prossimo, quando si svolgerà, sarà probabilmente un Conclave di sorprese.
Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].