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Papa Francesco: ridare il sorriso ai bambini in guerra

La settimana di papa Francesco si è aperta con il ricevimento in udienza dei partecipanti al Capitolo Generale dei Fratelli dell’Istruzione Cristiana di Ploërmel, che ha a tema l’evangelizzazione nei giovani attraverso l’educazione, ricordando l’opera fondamentale dei fondatori nel bicentenario della fondazione:

“Questo vostro Capitolo si colloca nella scia delle celebrazioni del bicentenario dell’Istituto, e vi offre l’occasione per tornare alle intuizioni fondamentali che hanno guidato il venerabile Jean-Marie de La Mennais e padre Gabriel Dashayes.

Oggi la loro opera è presente in diversi Paesi del mondo, perché hanno creduto che tutto è possibile a chi si affida totalmente al Signore e si mette al servizio dello sviluppo umano integrale di ogni persona. Non dobbiamo mai dimenticare da dove proveniamo e conservare sempre la memoria delle motivazioni del nostro agire”.

Il papa ha ricordato che il loro compito, lavorando nelle regioni più povere del mondo, è quello di portare la speranza: “In un mondo in continuo cambiamento, vi ponete generosamente al servizio dei giovani, attenti alle loro aspirazioni e nello stesso tempo sempre rivolti a Cristo, regola suprema della vostra vita. La vostra vocazione vi spinge ad andare là dove altri non vanno, in periferia, verso le persone che formano la categoria dei rifiutati, dei feriti dalla vita e delle vittime. Che la vostra presenza sia sorgente di speranza per molti”.

In particolare papa Francesco li ha invitati ad aiutare i giovani a realizzare i propri sogni: “Nel vostro spirito di fraternità e di accoglienza riconoscano un altro volto dell’umanità sfigurata dalle guerre, dall’indifferenza e dallo scarto dei più deboli. Quei bambini, quei giovani, quelle persone hanno anch’essi dei sogni, ma oggi, per tanti motivi, sono sogni frantumati. Possiate aiutarli a rivivere i loro sogni, a credere in essi e a realizzarli!”

E’ stato un invito a far ritornare il sorriso ai bambini che soffrono per le guerre: “I bambini giocano, anche sotto le bombe, nei Paesi in guerra. Quando vediamo le fotografie di questi Paesi, ci sono bambini che giocano. Ma una cosa che mi colpisce, quando vengono qui a Roma bambini dell’Ucraina che sono trasferiti qui e vivono qui, questi bambini non sorridono: hanno perso il sorriso. La guerra fa questo: fa perdere il sorriso dei bambini. Lavorate perché loro riprendano la capacità di sorridere!”

Infine ha invitato la congregazione a collaborare con le diocesi, in cui essi sono in missione: “In questo stupendo mistero di comunione, posso contare sulla vostra fiducia filiale e sul vostro attaccamento al ministero del Successore di Pietro.

Vi incoraggio a lavorare in stretta collaborazione con le diocesi dove siete in missione e con il Popolo fedele di Dio; a tenere lontano dalla vostra vita ogni spirito di orgoglio, di chiusura, di divisione e di pettegolezzo. Il pettegolezzo fa tanto male alle comunità religiose. Un bel proposito per un religioso e una religiosa sarebbe mordersi la lingua ogni volta che viene voglia di sparlare dell’altro”.

(Foto: Santa Sede)

Obesity day: 1 italiano su 2 in sovrappeso

Quasi un italiano maggiorenne su due (46%), per un totale di circa 23.000.000 persone, è in sovrappeso o obeso, un fattore di rischio che favorisce molte malattie come problemi cardiocircolatori, diabete, ipertensione, infarto e certi tipi di cancro. E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti sulla base degli ultimi dati Istat, diffusa in occasione della Giornata mondiale dell’obesità, celebratasi lunedì 4 marzo.

L’eccesso di peso interessa il 35% della popolazione italiana adulta, con l’11% è addirittura obeso, rileva Coldiretti: una situazione più grave per gli uomini, dove le percentuali salgono rispettivamente al 43% e al 12%. Meglio le donne, dove i problemi di eccesso ponderale riguardano il 28% della popolazione, mentre è uguale la quota di quelle obese.

Ma il fenomeno, purtroppo, non risparmia neppure le giovani generazioni, soprattutto a causa della tendenza ad alimentarsi con cibi ricchi di grassi, sale, zuccheri abbinati spesso a bevande gassate a scapito di alimenti sani come la frutta e la verdura. In Italia consuma verdura tutti i giorni solo un bambino su tre (31,3%) mentre ben il 7,8% dichiara di portarla a tavola meno di una volta alla settimana e il 6% di non mangiarla mai, secondo l’analisi della Coldiretti sull’ultimo rapporto dedicato all’obesità infantile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità;

“A preoccupare è anche il fatto che meno della metà dei bambini italiani (45,2%) consuma frutta tutti i giorni mentre ben il 4,6% dichiara di portarla a tavola meno di una volta alla settimana e il 3,6% di non mangiarla mai”.

Una situazione preoccupante per un Paese come l’Italia che è leader mondiale nella qualità dell’alimentazione con i prodotti base della dieta mediterranea che sono diventati un modello di consumo in tutto il mondo: “Non a caso la dieta mediterranea si è classificata come migliore dieta al mondo del 2024 davanti alla dash e alla mind, sulla base del best diets ranking elaborato dal media statunitense U.S. News & World’s Report’s, noto a livello globale per la redazione di classifiche e consigli per i consumatori. Una vittoria ottenuta grazie agli effetti positivi sulla longevità e ai benefici per la salute, tra cui proprio la perdita e il controllo del peso, oltre a salute del cuore e del sistema nervoso, prevenzione del cancro e delle malattie croniche, prevenzione e controllo del diabete”.

Le ‘Donne Coldiretti’ sono per questo impegnate nel progetto ‘Educazione alla Campagna Amica’, che coinvolge alunni delle scuole elementari e medie in tutta Italia che partecipano a lezioni in programma nelle fattorie didattiche e nei laboratori del gusto organizzati nelle aziende agricole e in classe: “Così come Fondazione Campagna Amica che, oltre alla presenza nelle scuole, ha promosso negli anni un progetto in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, finalizzato all’educazione alimentare dei più piccoli grazie al coinvolgimento dei pediatri che, insieme ai produttori agricoli, spiegano ai bambini l’importanza di una merenda e un’alimentazione sana con un’attenzione ad alcuni temi importanti fin dalla crescita come la stagionalità dei prodotti, il Km0 e i corretti stili di vita.

L’obiettivo è quello di formare dei consumatori consapevoli per valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea e ricostruire il legame che unisce i prodotti dell’agricoltura con i cibi consumati ogni giorno e fermare così il consumo del cibo spazzatura”.

Inoltre il 2024 fa segnare un nuovo record per le esportazioni di cibo Made in Italy, con una crescita del 14% a gennaio rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, nonostante le tensioni internazionali, con guerre e blocchi che ostacolano i transiti commerciali: è quanto emerge da una analisi Coldiretti su dati Istat che fotografano un andamento dell’alimentare in controtendenza rispetto all’andamento generale delle esportazioni che registrano un arretramento dello 0,2%, mentre frena il Pil.

Tra i principali Paesi acquirenti, la crescita più consistente è quella sul mercato statunitense, il primo sbocco extra Ue, con un aumento del 31% delle vendite di alimentari tricolori– rileva Coldiretti –, ma l’aumento è a doppia cifra anche in Gran Bretagna (+26%). L’agroalimentare nazionale si conferma anche in Germania (con un +9%) e in Francia, dove si registra un +3%. Tra gli altri mercati, da segnalare la crescita del 52% in Cina e del 14% in Russia. Il risultato conferma il record storico fatto segnare nel 2023, per un valore che ha superato € 64.000.000:

“Per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia nazionale serve rimuovere gli ostacoli commerciali ma anche agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra sud e nord del paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo con l’obiettivo di portare il valore annuale dell’export agroalimentare ad € 100.000.000 nel 2030”.

Save the Children: in Sudan ed a Gaza i bambini muoiono

“Quasi 230.000 bambini, donne incinte e neomamme rischiano di morire di fame nei prossimi mesi in Sudan, a meno che non vengano stanziati fondi urgenti e la comunità internazionale non si mobiliti per rispondere alla drammatica crisi che colpisce il Sudan”: è l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.

Più di 2.900.000 bambini in Sudan sono gravemente malnutriti e altri 729.000 sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta grave, la forma più pericolosa e mortale di fame estrema, secondo i nuovi dati, diffusi dal Cluster per la Nutrizione in Sudan, una partnership che include varie organizzazioni, tra cui Save the Children, le Nazioni Unite e il Ministero Federale della Salute. Di questi bambini, più di 109.000 rischiano di avere complicazioni mediche come disidratazione, ipotermia e ipoglicemia, che richiedono cure intensive e specializzate in ospedale.

Secondo il Cluster, circa 222.000 bambini gravemente malnutriti e più di 7.000 neomamme rischiano di morire nei prossimi mesi se non si farà fronte alle loro esigenze nutrizionali e sanitarie. Si tratta di una proiezione basata sugli attuali livelli di finanziamento del programma di alimentazione d’emergenza in Sudan, che al momento copre solo il 5,5% del fabbisogno totale del Paese. L’anno scorso, invece, il programma di alimentazione d’emergenza era finanziato al 23%, una percentuale di gran lunga inferiore rispetto alle necessità, ma comunque superiore a quella attuale.

La distruzione della catena di approvvigionamento di alimenti terapeutici pronti per l’uso, fondamentali per il trattamento dei bambini gravemente malnutriti, ha ostacolato duramente la risposta degli aiuti alla crisi. In particolare, l’unico produttore di alimenti necessari per la riabilitazione di bambini e donne affetti da malnutrizione acuta grave non è più operativo dopo essere stato distrutto lo scorso anno durante i combattimenti, come ha dichiarato Arif Noor, direttore di Save the Children in Sudan:

“In Sudan la situazione nutrizionale, in particolare la possibilità per i bambini e per gli altri gruppi vulnerabili di accedere al cibo di cui hanno bisogno per crescere e sopravvivere, è una delle peggiori al mondo. Se non si è piantato l’anno scorso, non c’è cibo oggi. Non piantare oggi significa non avere cibo domani. Il ciclo della fame si aggrava sempre di più e all’orizzonte non se ne vede la fine, esiste solo miseria. A dicembre, il territorio di Al-Jazirah, un tempo granaio del Paese, è stato teatro di intensi combattimenti che hanno portato a una nuova ondata di sfollati, con oltre mezzo milione di persone costrette a fuggire dalle proprie case in cerca di sicurezza. Questo ha portato a un’interruzione senza precedenti dei sistemi alimentari”.

Intanto a Gaza i bambini che muoiono di fame e di malattie non possono aspettare il tempo necessario per costruire un porto temporaneo al largo della Striscia, o avere solo la speranza che gli aiuti lanciati dagli aerei li raggiungano: “Pur accogliendo con favore gli sforzi volti a fornire maggiori aiuti a Gaza, compreso quello italiano volto a partecipare ai corridoi marittimi, questi metodi alternativi di consegna degli aiuti rischiano di essere costosi, inefficienti e distraggono dalla soluzione principale per salvare la vita dei bambini e delle famiglie a Gaza: un cessate il fuoco immediato e definitivo, l’accesso sicuro e senza restrizioni per gli aiuti umanitari, attraverso tutti i valichi di frontiera e all’interno della Striscia”.

Finora il Ministero della Sanità di Gaza ha registrato la morte di 18 bambini e due adulti per malnutrizione e disidratazione. Secondo Save the Children con le strutture sanitarie a malapena funzionanti e una minoranza di famiglie in grado di accedere ai servizi, questi numeri sono solo la punta dell’iceberg. A febbraio l’Organizzazione ha riferito che alcune famiglie sono state costrette a cercare gli avanzi di cibo lasciati dai ratti o a mangiare foglie nel tentativo disperato di sopravvivere e la situazione si aggrava ad ogni ora che passa, come ha dichiarato Jason Lee, direttore di Save the Children per i Territori palestinesi occupati: “I bambini di Gaza non possono ancora aspettare il cibo. Stanno già morendo per malnutrizione e salvare le loro vite è una questione di ore o giorni, non di settimane.

La negazione dell’assistenza umanitaria è una grave violazione contro i bambini ed è contraria al diritto internazionale umanitario. Da mesi chiediamo un accesso sicuro e libero in tutta Gaza.  Esiste già un sistema collaudato per coordinare efficacemente gli aiuti, ma i camion di cibo e medicinali che potrebbero salvare vite umane aspettano ai valichi, mentre i bambini muoiono di fame a pochi chilometri di distanza. I lanci aerei di beni, senza alcun coordinamento sul campo per chi li raggiunge, e i corridoi marittimi, come quello annunciato ieri, non sono soluzioni per mantenere in vita i bambini.

Né sono sostitutivi di un’assistenza umanitaria senza ostacoli attraverso le rotte terrestri stabilite. Il governo di Israele e i membri della comunità internazionale devono facilitare l’ingresso immediato di beni di prima necessità e commerciali, attraverso tutti i valichi di frontiera disponibili e in tutta la Striscia di Gaza. Per i bambini di Gaza ogni minuto è importante. Abbiamo bisogno di un cessate il fuoco definitivo ora e, nel frattempo, è necessario garantire l’accesso umanitario immediato e senza ostacoli attraverso tutte le vie disponibili”.

Save the Children chiede un cessate il fuoco immediato e definitivo per salvare e proteggere la vita dei minori a Gaza, un’effettiva attuazione delle misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia e ha invitato il governo israeliano a consentire il flusso illimitato di aiuti e la ripresa dell’ingresso di beni commerciali a Gaza per evitare che i bambini muoiano di fame e di malattie.

L’Organizzazione chiede inoltre a tutti i governi donatori e al resto della comunità internazionale di riprendere e aumentare il più rapidamente possibile i finanziamenti per l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA), da cui dipende la risposta degli aiuti a Gaza.

Papa Francesco: la cura è carità

Oggi papa Francesco, ancora non in piena salute, ha ricevuto in udienza la comunità dell’Ospedale Pediatrico ‘Bambino Gesù’ in occasione del 100° anniversario della donazione dell’Ospedale alla Santa Sede da parte della famiglia Salviati, e nel discorso, letto ancora da mons. Filippo Ciampanelli, ha sottolineato il valore di questo ospedale per i bambini:

“Il dono fu accolto da Pio XI, che vide nell’opera l’espressione della carità del Papa e della Chiesa verso i piccoli infermi, e da allora è conosciuto come ‘Ospedale del Papa’. Fermiamoci allora un momento a riflettere, con riconoscenza, sulla ricchezza di questa istituzione, sviluppatasi in un secolo di storia, sottolineandone tre aspetti: il dono, la cura e la comunità”.

Innanzitutto l’ospedale è sorto come ‘dono’ per la cura di bambini i cui genitori non avevano risorse per curarli: “Oggi il ‘Bambino Gesù’ è un centro di ricerca e di cura pediatrica tra i più grandi in Europa, punto di riferimento per famiglie che vengono da tutto il mondo. Resta però fondamentale, nella sua storia e nella sua vocazione, l’elemento del dono, con i valori di gratuità, generosità, disponibilità e umiltà”.

E ne ha raccontato la storia: “E’ bello ricordare, in proposito, il gesto dei figli della duchessa Arabella Salviati che, all’inizio della vostra storia, regalarono alla mamma il loro salvadanaio per realizzare un ospedale per i bambini: esso ci dice che questa grande opera si fonda anche su doni umili, come quello di questi ragazzi a beneficio dei loro coetanei malati.

E nella stessa ottica fa bene, ai nostri giorni, menzionare la generosità dei molti benefattori grazie a cui si è potuto realizzare, a Passoscuro, un Centro di Cure Palliative per giovanissimi pazienti affetti da malattie inguaribili”.

Però il dono ha bisogno di impegno, che si compie nella cura: “La scienza, e di conseguenza la capacità di cura, si può dire il primo dei compiti che caratterizza oggi l’Ospedale Bambino Gesù. Essa è la risposta concreta che date alle accorate richieste di aiuto di famiglie che domandano per i loro figli assistenza e, ove possibile, guarigione. L’eccellenza nella ricerca biomedica è dunque importante”.

E’ stato un incoraggiamento ad avanzare nella ricerca: “Vi incoraggio a coltivarla con lo slancio di offrire il meglio di voi stessi e con un’attenzione speciale nei confronti dei più fragili, come i pazienti affetti da malattie gravi, rare o ultra-rare. Non solo, ma perché la scienza e la competenza non restino privilegio di pochi, vi esorto a continuare a mettere i frutti della vostra ricerca a disposizione di tutti, specialmente là dove ce n’è più bisogno, come fate ad esempio contribuendo alla formazione di medici e infermieri africani, asiatici e mediorientali”.

Inoltre la cura dei bambini ha necessità di accoglienza per i genitori: “A proposito di cura, sappiamo che la malattia di un bambino coinvolge tutti i suoi familiari. Per questo, è una grande consolazione sapere che sono tante le famiglie seguite dai vostri servizi, accolte in strutture legate all’ospedale e accompagnate dalla vostra gentilezza e vicinanza.

Questo è un elemento qualificante, che non va mai trascurato, anche se so che a volte lavorate in condizioni difficili. Piuttosto sacrifichiamo qualcos’altro, ma non la gentilezza e la tenerezza. Non c’è cura senza relazione, prossimità e tenerezza, a tutti i livelli”.

Per questo è necessaria la comunità: “Una delle più belle espressioni che descrivono la missione del ‘Bambino Gesù’ è ‘Vite che aiutano la vita’. E’ bella, perché parla di una missione portata avanti insieme, con un agire comune in cui trova posto il dono di ciascuno. Questa è la vostra vera forza e il presupposto per affrontare anche le sfide più difficili. Il vostro infatti non è un lavoro come tanti altri: è una missione, che ognuno esercita in modo diverso.

Per alcuni essa comporta la dedizione di una vita intera; per altri l’offerta del proprio tempo nel volontariato; per altri ancora il dono del proprio sangue, del proprio latte (per i neonati ricoverati le cui mamme non possono provvederlo), fino al dono di organi, cellule e tessuti, offerti da persone viventi o prelevati dal corpo di persone decedute”.

Ugualmente ai membri ai membri della fondazione ‘Mons. Camillo Faresin’ di Maragnole di Breganza nel vicentino ricevuti  in occasione del ventesimo anniversario di fondazione, ha chiesto di non dimenticare gli ‘ultimi’: “Ricordiamo, in proposito, che il nome del Vescovo Camillo è annoverato, a Gerusalemme, tra quelli del ‘Giardino dei Giusti’, proprio perché, prima ancora di poter partire per il Brasile, bloccato a Roma a causa della seconda guerra mondiale, non si è lasciato fermare dalle circostanze, prodigandosi con carità e coraggio nell’assistere gli ebrei perseguitati.

Così è stato per tutta la sua vita, come sacerdote e poi come vescovo, con un impulso irresistibile a farsi vicino ai più sfortunati. Fino a quando, terminato il suo mandato episcopale, ha chiesto e ottenuto di poter rimanere fra la sua gente, nel Mato Grosso, fino alla sua morte, come umile servo degli umili, continuando così nel nascondimento, come amico e compagno di cammino, lo stesso ministero che per tanti anni aveva svolto come guida e pastore”.

E’ un invito a non abbandonare il suo esempio: “Quello che ci ha lasciato è un esempio grande da imitare: stare con gli ultimi, sempre! Ma in che modo? Scegliendo e privilegiando, nei vostri progetti, le realtà più povere e disprezzate come luoghi speciali in cui rimanere, e come ‘terre promessa’ verso cui mettervi in marcia e in cui ‘piantare le vostre tende’ per iniziare nuove opere.

E farlo con una presenza concreta e vicina alle comunità che servite, dal di dentro, in loco, lavorando tra i poveri e condividendone il più possibile la vita. Solo così, infatti, si sente ‘il polso’ dei bisogni reali dei fratelli e delle sorelle che il Signore mette sulla nostra strada; e soprattutto ci si arricchisce della luce, della forza e della saggezza che vengono dallo stare con Gesù, presente in modo unico nelle membra più sofferenti del suo Corpo”.

(Foto: Santa Sede)

Ad Haiti si rischia una guerra civile

Bande criminali che controllano il centro della capitale, Port-au-Prince, dopo aver preso d’assalto le carceri e liberato 4mila detenuti. Il primo ministro, Ariel Henry, al quale viene impedito di rientrare nel Paese dopo il viaggio in Kenya per firmare un accordo relativo ad una missione multinazionale per la sicurezza, che dovrebbe mettere a disposizione un migliaio di soldati. Haiti è allo sbando, con un primo ministro considerato illegittimo dagli oppositori, che si è dimesso, ed ancora nessuna alternativa politica concreta da poter proporre come soluzione, come ha dichiarato la coordinatrice umanitaria delle Nazioni Unite, Ulrika Richardson, ai giornalisti in una conferenza stampa virtuale dalla capitale haitiana, Port-au-Prince: “Prosegue l’escalation di violenza ad Haiti, “con bande armate che compiono omicidi e atti di violenza sessuale”.

Attualmente sono più di 5.000.000 le persone bisognose di assistenza, poco meno della metà della popolazione totale. La maggiore criticità è quella dell’insicurezza alimentare, per cui si riscontra un aumento importante dei casi di malnutrizione soprattutto tra i bambini e le donne incinte. Gli atti di violenza a cui è sottoposta quotidianamente la popolazione sono un’altra delle questioni nodali. Nel 2023 erano state segnalate più di 8.400 persone uccise, ferite o rapite, più del doppio rispetto al 2022. Le bande continuano a combattere per il territorio e si stima che controllino fino all’80% di Port-au-Prince.

I bambini costituiscono la maggior parte della popolazione bisognosa, circa 3.000.000 e l’escalation delle violenze sta compromettendo il loro accesso all’istruzione, senza contare che molti di questi facevano affidamento al sostegno dell’alimentazione scolastica e si trovano così privati anche di questo apporto alimentare, come ha raccontato Flavia Maurello, responsabile AVSI ad Haiti: “Le principali vittime della condizione in cui versa Haiti sono i bambini e le donne incinte. Ci sono interi mesi in cui i bambini non vanno a scuola, e questo incide sullo sviluppo del Paese. Ci sono poi le donne incinte che non riescono ad accedere agli ospedali, molte di loro arrivano al nono mese di gravidanza senza aver mai incontrato un medico. La situazione sanitaria è anch’essa disastrosa. La non cura dei politici ha reso ingestibile la situazione nei quartieri in cui si lavora. Non vi è più la pulizia dei canali, vi sono cumuli di spazzatura alti come montagne, case completamente allagate, e questo ha portato al ritorno dell’epidemia di colera”.

All’Agenzia Sir mons. Max Leroy Mésidor, arcivescovo metropolita di Port-au-Prince, è molto lapidario: “L’insicurezza imperversa a Port-au-Prince da più di due anni. Ma negli ultimi mesi la situazione è peggiorata. Le bande controllano più di tre quarti del territorio della capitale. Occupano ogni giorno nuove aree sotto lo sguardo impassibile e indifferente delle autorità”. Di fronte a questo scenario, l’arcivescovo di Port-au-Prince ha descritto le difficoltà della Chiesa nell’opera di evangelizzazione: “La Chiesa condivide il destino della popolazione: è anche particolarmente esposta. Sacerdoti e religiosi sono stati rapiti e poi rilasciati per riscatto. Una religiosa italiana, suor Luisa Dell’Orto, è stata freddamente giustiziata in pieno giorno lo scorso anno”.

Anche i missionari salesiani continuano a cercare di operare nel Paese, prendendosi cura della popolazione, pur di fronte all’attuale ondata di violenza senza precedenti, come racconta ‘Misiones Salesianes’: “La situazione ad Haiti è caotica. Non ci sono parole per descriverla. Stiamo vivendo un inferno… La violenza e le bande dominano Haiti. La situazione di instabilità che vive il Paese dall’assassinio del presidente Jovenel Moïse, nel 2021, è esplosa negli ultimi giorni quando il primo ministro Ariel Henry ha annunciato il suo impegno a tenere le elezioni prima dell’agosto 2025. Da allora, l’assalto al due carceri della capitale ha liberato più di 3.000 detenuti, sparatorie e tentati assalti al Palazzo Nazionale, danni all’aeroporto e la richiesta dei capi delle bande criminali, ex alti funzionari della Polizia, al Primo Ministro, chi si trova a Porto Rico e non può tornare nel Paese, rinuncia al potere”.

Haiti è in attesa del dispiegamento di una missione internazionale di sostegno alla sicurezza guidata dal Kenya e approvata dalle Nazioni Unite lo scorso ottobre. Nel frattempo, Haiti sopravvive nel mezzo del collasso istituzionale, dell’incapacità della polizia e dell’esercito di far fronte alle bande criminali e con una popolazione che non ha abbastanza da mangiare: “Noi salesiani, per il momento, stiamo bene, ma non possiamo svolgere alcuna attività dal 29 febbraio, quando è iniziata questa situazione… Le bande stanno saccheggiando le stazioni di polizia e tutto ciò che incontrano, gli esercizi commerciali, i negozi… vogliono impossessarsi del Palazzo Nazionale, dell’aeroporto”.

I missionari salesiani operano ad Haiti dal 1935: “Le nostre opere educative si estendono in 8 città del Paese, da Cap-Haitien nel nord, attraverso la capitale ed a Les Cayes nel sud e servono più di 22.000 minori e giovani ogni anno nelle scuole, nei centri di formazione professionale, nei centri giovanili e di affidamento le case”.

Ed il futuro di Haiti è complesso. Perché si rischia una guerra civile: “Viviamo nella paura ogni giorno perché non sappiamo cosa potrebbe accadere un minuto dopo. Questa è la nostra vita negli ultimi giorni, per questo chiediamo preghiere e che non ci dimentichiate”.

FIAGOP: aumentare il numero dei centri di oncologia pediatrica

“Vaste aree in Italia risultano sprovviste di centri per la cura dei tumori pediatrici: un buon funzionamento della Rete Nazionale Tumori Rari potrebbe sicuramente ridurre il fenomeno della migrazione sanitaria, anche se è comunque necessario, in prospettiva, che vi sia un maggior numero di centri in grado di trattare i pazienti oncologici pediatrici, soprattutto nelle zone che attualmente ne sono privi”.

E’ quanto ha dichiarato Paolo Viti, presidente della Federazione italiana associazioni genitori e guariti oncoematologia pediatrica (FIAGOP), a conclusione della settimana di iniziative per la Giornata Mondiale contro il Cancro Pediatrico. In Italia sono circa 1.500 i bambini che ricevono una diagnosi di malattia oncologica ogni anno, a cui si aggiungono circa 900 adolescenti:

“Chiediamo la realizzazione della Rete Nazionale Tumori Rari, con particolare attenzione alla rete pediatrica, per dare risposta ai bisogni dei piccoli pazienti, creando sul territorio accessi diffusi e accreditati dalle regioni”, ha sottolineato Viti.

“E’ inoltre necessario potenziare e strutturare le collaborazioni inter-istituzionali, sostenere la ricerca scientifica e ottimizzare gli investimenti delle regioni anche attraverso la telemedicina, come mezzo per contenere la migrazione sanitaria. Chiediamo infine la realizzazione di strutture per le cure palliative, l’attivazione di progetti di sorveglianza dei pazienti guariti da tumore pediatrici e l’implementazione della pediatria ospedaliera e territoriale”.

In occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro Pediatrico, FIAGOP ha organizzato presso la Camera dei Deputati un convegno su ‘Rete Nazionale Tumori Rari: criticità e prospettive per l’oncoematologia pediatrica’, che ha visto la partecipazione del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè, del ministro della Salute, Orazio Schillaci, del viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Teresa Bellucci, e del ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli, oltre a numerosi medici ed esperti.

Inoltre, in tutta Italia si sono svolte due iniziative, che hanno visto in azione le 35 associazioni federate con FIAGOP e anche altre realtà che ne condividono gli obiettivi. La prima iniziativa è ‘Diamo radici alla speranza, piantiamo melograni’, con la messa a dimora di decine di piccole piante di questo arbusto da frutto, come simbolo della vita e della solidarietà, presso parchi pubblici, giardini di ospedali e istituti scolastici.

La seconda iniziativa è stata invece ‘Ti voglio una sacca di bene’, che ha avuto lo scopo di promuovere la donazione di sangue e piastrine presso i centri trasfusionali degli ospedali di varie città italiane, grazie al servizio di centinaia di volontari.

Il bambino leucemico, come quello in terapia per un tumore, è infatti a rischio di infezioni per la riduzione dei globuli bianchi, ma soprattutto di emorragie per l’abbassamento delle piastrine e di gravi anemie: si rendono allora necessarie trasfusioni di sangue, che deve quindi essere sempre disponibile. Ulteriori informazioni su www.fiagop.it e www.giornatamondialecancroinfantile.it.

Con i Bambini racconta la vita dei bambini in Italia

Nell’agosto 2021 oltre 1.300 minorenni in fuga dall’Afghanistan soli o con le loro famiglie arrivano in Italia attraverso l’operazione ‘Aquila Omnia’ e i corridoi umanitari. Poche settimane dopo l’ong ‘Con i Bambini’, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa, lancia l’iniziativa ‘Con i bambini afghani’ per avviare in tempi rapidi azioni di accompagnamento educativo, dentro e fuori la scuola, e di inclusione di bambini e famiglie. Nasce il progetto ‘Comunità in crescita’ che coinvolge circa 100 enti sociali già impegnati nei territori nell’accoglienza e inclusione e che prende in carico 861 minorenni.

Per questo il presidente dell’ong Marco Rossi-Doria si è chiesto come vivono in Italia questi bambini: “Con il susseguirsi delle emergenze e la velocità con cui purtroppo dimentichiamo facilmente, si mettono in secondo piano altri drammi come quello vissuto dagli afghani. Per fortuna esiste una grande comunità educante nel nostro Paese che si prende cura di oltre 860 bambini e bambine, fuggiti con le famiglie dall’Afghanistan e accolti dall’Italia. Una straordinaria alleanza educativa che vede insieme Istituzioni, Fondazioni e Terzo settore e che rappresenta un orgoglio nazionale”.

In Italia oltre 860 bambine e bambini afghani scappati dalla guerra e dagli orrori di un nuovo regime talebano sono stati inseriti in un percorso di accoglienza e inclusione insieme ai loro genitori, con azioni di accompagnamento educativo dentro e fuori la scuola.

L’iniziativa straordinaria ‘Con i bambini afghani’ promossa da ‘Con i Bambini’ nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha permesso la nascita, nel 2022, di una grande ‘comunità educante’ attorno al progetto ‘Comunità in crescita’, sostenuto con oltre € 3.200.000 ed ancora in corso.

Sono stati coinvolti 861 minorenni, di cui 138 bambini della fascia 0-3 anni, 122 di età compresa tra 4 e 6 anni, 248 tra 7 -11 anni, 139 tra 12-14 anni, 108 nella fascia di età 15-17 anni. 58, il numero dei ragazzi coinvolti di età compresa tra 18 e 20 anni, a cui si aggiungono 48 altri minorenni.

Di questi giovanissimi, 496 sono in affidamento al padre, 204 alla madre, solo 20 sono affidati ad altri familiari o strutture, 17 ad un tutore e solo 6 a entrambi i genitori (per i restanti 118 il dato non è ancora disponibile). Quasi 400 tra insegnanti e operatori sono coinvolti ad oggi nella realizzazione dei percorsi.

Una vera e propria comunità educante estesa su tutto il territorio nazionale, in grado di lavorare con successo, seppure tra molte difficoltà, per aumentare le possibilità di inclusione scolastica e educativa. Le macro aree, omogenee per numero di minorenni accolti, sono sette: Lombardia (14% dei minorenni), Liguria e Piemonte (10%), Emilia Romagna, Veneto e Friuli (13%), Lazio e Campania (18%), Sardegna e Toscana (7%), Abruzzo, Marche, Molise e Umbria (11%), Basilicata, Calabria, Puglia e Sicilia (27%).

La cabina di regia nazionale è composta da Con i Bambini, il Tavolo minori migranti, Tavolo asilo e immigrazione, AOI e Consorzio Communitas (soggetto responsabile). Complessivamente sono coinvolti circa 100 enti sociali già impegnati nei territori nell’accoglienza, inclusione ed educazione.

Per aumentare l’efficacia dell’inclusione dei minorenni nella comunità, il progetto affianca e sostiene il sistema di accoglienza istituzionale CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria affidati dalle prefetture a enti profit e non profit) e SAI (‘sistema di accoglienza e integrazione’, coordinato dal Ministero dell’Interno in collaborazione con ANCI, progetti affidati dai comuni a enti non profit. La costante cooperazione tra comuni, Ministero Interno e Con i Bambini rappresenta un esempio di sussidiarietà operante.

I percorsi di inclusione dei nuclei famigliari sono estremamente complessi, perché gravati da una generale incertezza e precarietà economica su diversi fronti quali la casa, il lavoro e dunque anche i percorsi educativi e scolastici dei figli.

Il radicamento e la conoscenza del territorio da parte dei tantissimi enti di terzo livello che curano direttamente la realizzazione dei percorsi, pur rappresentando dal punto gestionale una sfida complicata, è certamente uno degli elementi di forza per favorire l’inclusione sociale e l’autonomia dei minori e delle loro famiglie. Il fatto che i partenariati si siano costituiti anche per la pregressa competenza nelle lingue e nelle culture dell’Afghanistan, ha rafforzato la loro capacità di impatto.

Numerosi interventi riguardano le bambine e i bambini dai 3 ai 6 anni e anche i più piccoli (0-2 anni), in particolare attraverso il sostegno alle donne che hanno partorito in Italia, successivamente al forzato allontanamento dall’Afghanistan. L’esigenza di azioni di sostegno alla genitorialità diventa necessaria poiché le fragilità dei nuclei famigliari e le difficoltà riguardanti in particolar modo i figli, assumono una dimensione più grande nel contesto migratorio, aggravato dalla sua dimensione forzata e dall’urgenza di lasciare il proprio ambiente di vita a causa di persecuzioni o del timore di subirle.

(Foto: Con i bambini)

In Terra Santa nessuna possibilità di pace

“Se per pace si intende un epilogo felice dovremo aspettare qualche generazione. In questo momento non c’è il contesto adatto per arrivare alla pace, perché le ferite hanno bisogno di tempo per essere curate. I cristiani però non possono perdere la speranza; quindi è importante arginare la deriva di odio, che si manifesta soprattutto nel linguaggio; e occorre lavorare per creare occasioni per ricostruire la fiducia e questo non si fa solo con le parole, ma anche con i gesti. Come Chiesa possiamo costruire occasioni di incontro e di relazione attraverso le nostre istituzioni, i nostri ospedali, le nostre chiese”.

Lo ha affermato ieri sera il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, intervenendo a Lodi al ‘Colloquio di San Bassiano’ che si tiene un mese dopo la festa patronale, come riportato da ‘Il Cittadino’, sottolineando la drammatica situazione di Gaza:

“A Gaza la situazione è drammatica: il 90% della popolazione è sfollata, e stiamo parlando di circa 1.800.000 persone. Gran parte della popolazione è ammassata nella zona di Rafah, per la strada, dove non c’è assolutamente nulla. Tutte le infrastrutture al momento sono distrutte. Per la ricostruzione ci vorranno anni, la domanda però è: nel frattempo cosa si fa?

In Cisgiordania ci sono circa 3.000.000 di palestinesi in un’area che, fino a un paio di settimane fa, era ermeticamente chiusa. E per effetto di questo si sono creati grossi problemi economici perché le due fonti di reddito della popolazione palestinese qui sono i pellegrini e il pendolarismo verso Israele”.

E secondo l’ong ‘Save the Children’ dopo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è riuscito ad approvare la risoluzione per il ‘cessate il fuoco’ a Gaza, la vita di almeno 1.000.000 di bambini rimane a rischio a causa dei combattimenti, della fame e delle malattie, oltre che per il grave disagio mentale causato da mesi di guerra.

La notizia giunge mentre il bilancio delle vittime tra i bambini di Gaza supera i 12.400, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, e gli almeno 36 in Israele, secondo le Nazioni Unite, nonché dopo che il governo di Israele ha dichiarato Rafah, l’ultimo luogo che i civili ritenevano sicuro a Gaza, come prossimo obiettivo. 

Più di 1.300.000 di civili palestinesi, tra cui più di 600.000 bambini, sono ora intrappolati lì, senza un altro posto dove fuggire, dopo aver seguito gli ‘ordini di evacuazione’ emessi da Israele che li indirizzavano verso l’area, con la falsa premessa che sarebbe stata sicura:

“Siamo sconcertati nell’apprendere di questo nuovo fallimento, l’ennesimo da parte della comunità internazionale. Dopo più di quattro mesi di violenze incessanti, non abbiamo più parole per descrivere ciò che stanno passando i bambini e le famiglie di Gaza, né gli strumenti per rispondere in modo adeguato.

L’entità della morte e distruzione è enorme, mentre i carri armati sono pronti a entrare a Rafah, dove la maggior parte della popolazione di Gaza è stata costretta a fuggire a causa della fame e delle malattie, questa guerra sta per entrare nella fase più letale possibile. I bambini sono una categoria particolarmente vulnerabile, con diritti e tutele uniche e, come in ogni guerra, stanno pagando il prezzo più alto.

E l’incapacità della comunità internazionale di proteggerli, un dovere legale, sta facendo lievitare questo prezzo a una velocità e con dimensioni mai viste prima. Anche dopo quattro mesi, il più alto organo decisionale delle Nazioni Unite per la pace e la sicurezza internazionale non è stato in grado di farlo. 

I bambini vengono delusi dagli adulti che dovrebbero proteggerli. E’ giunto il momento che questi adulti si assumano le loro responsabilità e i loro obblighi legali nei confronti dei bambini, coinvolti in un conflitto in cui non hanno avuto alcun ruolo e che vogliono solo poter vivere”.

Inoltre Inger Ashing, direttrice di Save the Children International, ha riferito che a Gaza si sta assistendo ad una catastrofe: “Quanto accaduto in questi mesi è stato catastrofico, ma qualsiasi estensione delle operazioni militari da parte di Israele a Rafah sarebbe probabilmente fatale per i bambini e le loro famiglie. Oltre la metà della popolazione di Gaza, compresi più di 610.000 bambini, sono stipati in un frammento di terra che non può accoglierli né sostenere la loro sopravvivenza.

Nell’area sovraffollata non c’è nessun posto dove ripararsi dalle bombe, e nessun altro posto dove le famiglie possano fuggire. In concreto, i bambini sono in trappola. Nel caso di un’escalation a Rafah, ci sarà inevitabilmente un aumento significativo delle gravi violazioni contro i bambini, che sono già state commesse a un ritmo senza precedenti.

I responsabili devono essere chiamati a risponderne. Tutte le parti in conflitto, comprese le Forze di Difesa israeliane, le Brigate Qassam (Hamas) e la Jihad islamica, devono essere aggiunte alla lista degli autori di gravi violazioni contro i bambini nei conflitti armati e impegnarsi a compiere azioni immediate per garantire la protezione dei bambini. La responsabilità è essenziale per riconoscere i gravi danni procurati ai bambini, per spezzare i cicli di violenza e prevenire ulteriori violazioni e per ricostruire società pacifiche basate sullo stato di diritto”.

La piaga dei bambini-soldato alimentata dalle guerre

“Nel 2022 quasi 8.000 minori, alcuni anche di soli cinque anni, sono stati arruolati ed utilizzati nelle guerre. Lo afferma il Segretario Generale dell’ONU in un rapporto dedicato alla situazione dell’infanzia nei conflitti. Va evidenziato che tale numero è aumentato rispetto al 2021. I piccoli vengono sottratti con la forza dalle scuole e dai propri villaggi e arruolati nelle milizie e negli eserciti regolari.

Salute: troppa disparità nei centri di oncologia pediatrica in Italia con un convegno a Roma

In Italia c’è ancora troppa disomogeneità nell’offerta sanitaria per bambini e ragazzi affetti da patologie oncologiche. E’ quanto evidenzia la FIAGOP, Federazione italiana associazioni genitori e guariti oncoematologia pediatrica, in vista della 23^ Giornata Mondiale contro il Cancro Pediatrico di giovedì 15 febbraio, istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei tumori infantili e per esprimere sostegno a bambini e adolescenti malati di cancro e alle loro famiglie.

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