Piccoli grandi uomini. “Finché il Signore vuole, noi ci saremo sempre”

Condividi su...

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.09.2023 – Vik van Brantegem] – Il testo che riportiamo di seguito, è una testimonianza scritta da Teresa Mkhitaryan, nata a Yerevan, emigrata in Svizzera a 19 anni, dove ha studiato e ha fatto successo nella finanza internazionale, lavorando con persone molto importanti. Avendo frequentata le scuole nella Repubblica Socialista Sovietica di Armenia, sottomessa all’ateismo comunista dell’Unione Sovietica, si è convertita al cristianesimo a Zurigo.

Però, continuava a vivere nella ricchezza e secondo logiche più mondane che cristiane. Finché andò in Armenia per festeggiare un suo compleanno. Lì incontrò una signora poverissima, che le ha cambiato la vita. Ha cancellato la festa e ha usato i soldi per fare dei pacchi alimentari, aprendo una sezione del Banco Alimentare, la Onlus italiana per cui aveva prestato servizio a Varese. Da quel momento in poi, ha deciso di lasciare il mondo della finanza, anche se tante persone le hanno preso per matta.

Dopodiché fondò l’associazione “Il Germoglio” svizzera con sede a Lugano, con cui è stata fatta una enorme quantità di cose: migliaia di persone in tutto mondo si sono unite all’associazione e così sono state comprate 100 case per i terremotati Armeni, sono stati costruiti asili e scuole, sono state distribuite 152 tonnellate di cibo.

Poi è stato dato da mangiare agli sfollati della guerra dei 44 giorni del 2020, continuando nel #ArtsakhBlockade.

Adesso, Teresa Mkhitaryn si sta attivando per assistere i profughi che lasciano l’Artsakh dopo l’ultimo attacco terroristico del’Azerbajgian del 19-20 settembre scorso. «Tutto quello che facciamo è per l’anima nostra e di chi aiutiamo, per portare luce e speranza e avvicinare al Signore», dice Teresa Mkhitaryan, di cui adesso leggeremo la testimonianza.

Stavo proprio entrando in banca, quando ho ricevuto una chiamata dall’Artsakh, da parte di un caro amico, Gagik. «È urgente, o ti posso richiamare dopo che esco dalla banca?» chiedo. Risponde lui: «È cominciata la guerra, ci bombardano da tutte le parti: droni, bombe, carri armati… Io e mio padre abbiamo preso un fucile e andiamo con altri uomini a difendere la nostra terra. Non c’è quasi nessuna speranza, per ogni uomo Armeno, i Turchi hanno un carro armato, sono in migliaia, le bombe cadono dal cielo come la pioggia. Quindi ho chiamato per salutarti, forse non ci parleremo mai più» (Gli Azeri hanno ammazzato suo fratello, anche la mamma era morta. Erano rimasti solo lui e suo papà).

Ero così scioccata dalla notizia che sono stata in silenzio. Non mi uscivano le parole. L’ho salutato e un paio di minuti dopo come se avessi realizzato la brutta notizia, l’ho richiamato ma non mi ha più risposto.

Dal 12 dicembre 2022 i Turchi/Azeri avevano assediato, bloccato completamente l’Artsakh (Nagorno-Karabakh). È da dicembre che cerco il cibo qua e là quasi ogni giorno per la gente assediata. Gagik era uno dei ragazzi che aiutava lì sul posto. L’ultima volta avevamo trovato un po’ di gasolio per miracolo, 12 euro al litro, e Gagik con un altro ragazzo bravissimo erano andati da un villaggio all’altro a cercare un po’ di cibo per la gente della città. Hanno faticato tutto il giorno, portato grandi pesi, hanno trovato un po’ di grano, un po’ di fagioli, mele e tanta uva. E visto che benzina e gasolio mancano completamente, lungo le strade tante, tante persone gli hanno chiesto di dargli un passaggio, di portare del cibo ai loro parenti in città. Una signora ha chiesto di portare ai suoi amici un po’ di sale.

Sono tornati molto tardi a Stepanakert, la capitale dell’Artsakh, Gagik e il suo amico, felicissimi di aver portato per la gente tante cose da mangiare. Hanno dato ai nostri preti e diaconi tutto il cibo che avevano comprato dai contadini, così che loro il giorno dopo potessero distribuirlo alle persone della città. Alle 23.30 Gagik e il suo amico hanno finito di scaricare le cose in chiesa. Gli ho proposto di stare in città, dormire là da qualche amico. Ma lui assolutamente non ha voluto: «Gli Azeri ci possono attaccare ogni minuto, mio padre sta da solo in casa, nel villaggio. Non lo posso lasciare da solo. Se succede qualcosa, voglio essere vicino a lui». Così si è messo in cammino… 18 km a piedi, stanchissimo dalla giornata per non lasciare il padre da solo.

Il giorno dopo, la domenica – il 16 settembre (chiese pienissime), i nostri preti hanno distribuito l’uva dopo le messe in 2 chiese a circa 600 persone. Tutti erano molto felici. Ai bambini mancano tanto i dolci, era una vera festa.

Per me questi piccoli grandi uomini sono dei veri Eroi. L’eroismo forse è quando fai le piccole cose con grande amore. Quando senza risparmiare le forze vai in giro a cercare il cibo, che non è per te, quando fai di notte a piedi quasi 20 km non per te, quando ti alzi di notte e spendi l’ultimo gasolio non per te. Nonostante la situazione difficilissima, mi fanno tanta tenerezza, mi fa felice incontrare queste ANIME così belle.

Abbiamo scuole domenicali in 28 villaggi di Artsakh con circa 800 bambini, più preti, diaconi, maestre, aiutanti. E nonostante l’assedio e la vita durissima le scuole non si sono mai fermate. Ci sono stati bambini in interi villaggi che hanno voluto battezzarsi dopo un anno di scuola domenicale. Hanno fatto il battesimo collettivo, con tutti i bambini, poi la festa, dove ha partecipato il villaggio intero.

Quindi sono stata in costante contatto con la gente assediata. Ogni settimana ci vedevamo su Zoom con i preti, i diaconi, le maestre per capire a che punto eravamo, anche con il cibo.

E ogni settimana cercavo qualcosa di buono per i nostri bambini – dei biscotti, del pane un po’ dolce. Diverse volte abbiamo comprato la carne (a prezzi stellari) e patate e li abbiamo offerti ai bambini, che avevano sempre tanta fame. Una volta mi sono accordata con una fabbrica di gelati: ci hanno fatto un paio di migliaia di gelati, li abbiamo distribuiti ai bambini. Che felicità il gelato durante l’assedio. All’inizio dell’isolamento, c’erano più prodotti disponibili, ma molto, molto cari. Col passare del tempo il cibo scarseggiava.

Due cose ho notato in questi mesi – che durante l’assedio non ci sono poveri, ricchi, potenti, non potenti, ad un certo punto neanche con soldi e senza soldi… tutti sono uguali.

Prima quelli che avevano Mercedes e Range Rover erano considerati ricchi, durante l’assedio chi aveva un asino o un cavallo era il più ricco. Niente benzina, niente auto. Ma generalmente ho notato che ognuno cercava di condividere con i suoi parenti, con i vicini di casa quello che aveva. A casa di Gagik c’erano 3 litri di olio di girasole, un litro lo ha dato ai vicini, perché loro hanno tanti figli, un litro lo ha dato a un’altra coppia anziana, perché per loro è difficile andare a cercare il cibo, e un litro lo ha tenuto a casa.

Mi domandavo sempre in questi mesi come faceva la gente a vivere senza i macchinari, senza auto, senza niente. Senza il sapone o senza il sale. Come facevano? Forse ci siamo allontanati tanto dalla natura e se finissimo in una foresta, moriremmo di fame… o forse per passare da una ‘evoluzione’ all’altra ci vuole un po’ di tempo.

Comunque abbiamo sempre potuto trovare qualcosa di buono da offrire ai bambini dopo la catechesi ed è stato molto, molto apprezzato. Per il fatto che conosco tanta gente nei villaggi, riuscivo a trovare sempre qualcosa: una maestra di religione mi dava 5 kg di fagioli, un’altra 10 kg di mele, un altro delle zucche, ecc. e così era possibile fare arrivare un po’ di cibo da qua e da là a quelli che non avevano niente. I preti e i diaconi mi informavano sulle persone intorno a loro che non avevano più da mangiare. Da piccoli abbiamo imparato che per sopravvivere bisogna condividere.

Ultimamente però, è diventato molto più difficile trovare il cibo. C’erano dei villaggi che per 15 giorni non avevano più il pane, c’era gente che sveniva dalla fame. I genitori non lasciavano uscire i bambini a giocare per non fargli perdere energia.

I capi del governo dell’Artsakh in questi ultimi giorni erano molto preoccupati, perché le riserve stavano per finire completamente. Hanno lasciato entrare soltanto un camion di aiuti umanitari, che però (mi ha detto il mio amico del governo) sono andati alle forze di mantenimento della pace russe.

Una decina di giorni fa ho trovato altri 20 litri di gasolio per 240 euro. Pensavo a come usarli al meglio. Ho parlato con il nostro amico diacono Hovhannes (Giovanni), che insegna in una delle scuole domenicali, proponendogli di formare un gruppo di una ventina di giovani, e con un minibus andare nella foresta a raccogliere noci, nocciole e funghi. Sono tornati in città e hanno distribuito tantissime noci a tutti i bambini del quartiere.

Hovhannes è un altro di questi piccoli/grandi uomini. Un mese fa un camion si è scontrato con un bus con tanti passeggeri vicino a Gyumri. Quasi tutti i passeggeri sono morti. 4 persone dalla famiglia di Hovhannes, anche la sua mamma e suo papà di 46-50 anni. Hovhannes non è riuscito ad andare al funerale dei suoi genitori in Armenia, perché si trovava assediato dagli Azeri. Tutti i suoi amici e i preti da tutta l’Armenia sono andati a dire addio ai genitori del diacono Hovhannes. Erano contadini, vivevano in un villaggio, coltivavano la terra. Ero molto preoccupata per Hovhannes – ha perso 4 persone dalla famiglia e lui era in assedio. «I miei genitori erano molto buoni, onesti, semplici lavoratori, sicuramente saranno con il nostro Signore», mi ha detto. La sua voce mi ha tranquillizzato, era sicuro che la vita dopo la vita continua. Hovhannes diventerà un bravissimo prete, un vero Uomo di Dio. (In Armenia i diaconi devono sposarsi e aver un figlio per diventare prete). Ho promesso a Hovhannes che lo aiuteremo finanziariamente a mantenere e continuare a coltivare le terre e gli animali dei suoi genitori. Non vuole vedere andare in fumo il lavoro di tutta la vita dei suoi genitori.

Nonostante il profondissimo dolore, Hovhannes ha continuato ad aiutare le persone assediate. «Hovhannes, dobbiamo andare qua, fare questo, aiutare queste famiglie, scaricare roba». Mi ha sempre detto di sì, detto e fatto. Piccoli grandi uomini, veri Eroi. Quando parlavo con gli uomini, erano sempre forti, decisi, sicuri. Invece le donne mi chiedevano in continuazione: «Cosa succederà di noi?». Sapevano che il Male Peggiore non era ancora arrivato.

Così, giorno per giorno, settimana dopo settimana, con migliaia di gesti di Carità sono riusciti a sopravvivere. Tempi incredibili, anche per me, ero entrata così tanto nella loro quotidianità, che ogni tanto mi sembrava di essere lì. Una signora mi dice: «Teresa, mi manca tantissimo il sale». Ogni volta che mi sedevo a tavola, pensavo a loro, a quello che gli mancava. Anche a me piace tanto il sale e poi non so come fanno a vivere senza il caffè. Mi hanno detto che lo facevano con l’orzo.

Abbiamo 800 bambini nelle scuole domenicali in vari villaggi dell’Artsakh. Il giorno in cui si riusciva combinare qualche cosa di buono per questi bambini, era un grande giorno. Invece per i più piccoli, i neonati, i bambini di pochi mesi c’era un vero problema – non avevano latte. Allora ad agosto ho organizzato l’operazione “Latte”.

Come quella volta che siamo riusciti a far passare 2 camion di regali di Natale per i bambini assediati e una bottiglia di champagne per ogni famiglia per il Capodanno (abbiamo trasferito le nostre cose nei camion russi, li abbiamo coperti e fatti passare di nascosto).

Anche questa volta avevo la stessa certezza che l’operazione “Latte” sarebbe riuscita, avevo dei segni nel cuore. Ho chiamato vari amici di Yerevan, dicendogli di andare in tutte le farmacie della città e comprare latte in polvere per i bebè tanto quanto si poteva. Un mio caro amico Artur mi fa: «Non ti chiedo più come farai arrivare il latte in Artsakh, ho capito che hai un collegamento diretto con il Signore». In realtà neanche gli altri me lo hanno chiesto. Il giorno dopo, alle ore 09.00, avevamo 4 tonnellate di latte in polvere, 6.600 pacchetti. Quando il latte per i bebè è arrivato in Artsakh, tutti erano felicissimi, grande sollievo per tante mamme.

E poi questa chiamata di Gagik sull’attacco azero: «La guerra è cominciata». Non è neanche una guerra, perché in una guerra tutte e due le parti combattono. Qui da una parte ci sono gli Azeri, una nazione molto ricca con 10 milioni di persone e dalla nostra parte solo 120.000 Armeni, assediati e affamati da dicembre. Tra questi 120.000, 30.000 sono bambini. Poi donne, anziani. E poi tanti piccoli grandi uomini che con un fucile da caccia vanno contro le bombe, le mitragliatrici, i carri armati. Sanno che non hanno nessuna possibilità di sopravvivere, ma non hanno nemmeno per un attimo il dubbio di non farlo.

Quando comincia la guerra, il primo giorno sono sempre sotto shock, mi viene una profonda tristezza, angoscia. Tutta la notte pensavo a tutte le facce, a tutti i nomi. Erano così tanti che non sapevo a chi pensare: Gagik, Hovhannes, Padre Andreas, Anush, Anna, i bambini, l’amico giudice, che tutte le volte che non avevamo padrino per i bambini che volevano battezzarsi, chiedevamo lui. Chissà se sono vivi? Chissà se i bambini sono riusciti a nascondersi. Dove sarà Hovhannes? Dove sarà Beniamino? Non ho dormito neanche un minuto.

E poi avevo questa profonda tristezza per l’ingiustizia di questo mondo. Anche se so che l’unica Giustizia viene dal Signore, ma nei momenti fragili vorresti la giustizia anche dagli esseri umani. Le notizie che dava RSI sul Nagorno-Karabakh erano talmente menzognere, che facevano venire la nausea. Non difendono la Verità, ma la benzina azera. Chiamare “separatisti” gli Armeni che da 2.500 anni vivono in Artsakh (Nagorno Karabakh) è scandaloso, fa paura pensare a che livello può arrivare il cinismo e la corruzione umana.

Ci sono 300 chiese Armene, del quarto, quinto, tredicesimo secolo. Ci sono migliaia di monumenti storici armeni. Che la RSI vada a studiare un po’ la storia. Il Nagorno-Karabakh da 2.500 anni è stato abitato dagli Armeni. È stato Stalin a decidere di mettere la regione del Nagorno-Karabakh come una regione autonoma di etnia armena all’interno dell’Azerbajgian sovietico. (1920 -1921 – L’Artsakh viene trasferito alla Repubblica Sovietica di Azerbajgian dalle autorità sovietiche, ma come autonomia armena. A quel tempo, l’Azerbajgian, non è un soggetto di diritto internazionale, ma è solo un’unità amministrativo-territoriale interna dell’URSS, uno Stato che non esiste più).

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, il Nagorno Karabakh non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian, i cittadini della regione autonoma avevano proclamato la loro indipendenza con un referendum popolare legale. La popolazione era per il 97% – 99 % di etnia armena e il popolo ha deciso di uscire dall’Unione Sovietica come uno Stato indipendente, come tanti altri Stati che sono usciti dall’Unione Sovietica, come ha fatto anche l’Azerbajgian poco dopo. Già dal 1988 e poi dopo il crollo dell’Unione Sovietica gli Azeri (che sono i Turchi del Caucaso) hanno cominciato ad ammazzare gli Armeni a Sumgait e in Nakhichevan, dove hanno anche distrutto tutti i monumenti armeni e un intero cimitero con oltre 10.000 croci armene finemente scolpite (khatchkar) [QUI]. Pochissimi hanno denunciato questi fatti così gravi.

Il Nagorno-Karabakh non ha mai fatto parte dell’Azerbajgian indipendente dopo la caduta dell’Unione Sovietica. È molto semplice tutto e tutti sanno tutto. Basta prendere qualsiasi libro di storia di qualsiasi civiltà antica di questo mondo – i Greci, i Romani, i Bizantini, i Persiani, i Cinesi – tutti parlano del Regno di Armenia.

I libri di Storia di tutti i popoli antichi parlano sempre dell’Armenia. Ma in nessun libro di storia c’è l’Azerbajgian come Stato, perché non c’è mai stato l’Azerbajgian, è stato creato da Stalin quando voleva formare l’alleanza con i Turchi. (O meglio, in nessun libro ad eccezione di quelli che scrivono gli storici azeri). La Coca Cola è più vecchia dell’Azerbajgian.

Quindi, chiamare “separatisti” gli Armeni, che vivono da 2.500 anni in questa terra, e non si sono mai mossi da là (questo con tutte le prove storiche) è veramente stravolgente.

La RSI dovrebbe aprire un po’ gli archivi e vedere come il Presidente dell’Azerbajgian ha premiato Ramil Safarov con una medaglia d’oro, un tappeto rosso e un appartamento di tre locali come regalo, per uno che ha tagliato la testa a un Armeno che dormiva nella sua stanza. È avvenuto a Budapest, durante una conferenza sulla pace, dove partecipavano rappresentanti da tutti i Paesi del mondo [QUI]. Non sono gli Armeni che lo dicono, ma anche la 20 Minuten di Zurigo ha riportato questa notizia scioccante.

Non solo è scioccante la notizia che uno taglia la testa con un’ascia ad una persona che dorme, solo perché è Armeno, nemmeno lo conosceva, ma è ancora più scioccante che il Presidente del suo Paese lo premi per questo. Bisogna chiedere al Redattore della RSI se lui o lei vorrebbero vivere in un Paese sotto un Presidente che premia gli assassini per le uccisioni delle persone della loro etnia. Gli piacerebbe vivere lì?

«Purtroppo la propaganda di Stato è andata ben oltre questo, instillando un odio feroce non solo contro i simboli “dell’armenità” ma anche nei confronti degli Armeni in quanto esseri umani, e ciò ha avuto esiti in alcuni casi assolutamente scabrosi. Un esempio che vale quanto mille libri di testo è il caso di Ramil Safarov, ufficiale azero che il 18 di febbraio del 2004, mentre partecipava a Budapest ad un corso organizzato dalla “Partnership for Peace” della NATO uccise a sangue freddo nel sonno il tenente Gurgen Margaryan dell’esercito armeno infliggendogli non meno di 16 colpi utilizzando un’ascia. Quando, dopo 8 anni, Safarov venne trasferito dalle autorità ungheresi per servire il resto del suo ergastolo nel Paese nativo, Ilham Aliyev non trovò niente di meglio da fare che perdonarlo e nominarlo eroe nazionale!».

Come fanno i politici europei a dichiarare che l’Azerbajgian, che è tra gli ultimi Paesi del mondo per livello di libertà, tratterà gli Armeni del Nagorno-Karabakh con grande umanità e rispetto per le loro tradizioni e religione?

Un’altra cosa, che non dicono soltanto gli Armeni, ma che si può controllare da diverse fonti internazionali, è come Aliyev ha dato l’ordine di distruggere con dei bulldozer oltre10.000 croci di pietra armene del decimo/undicesimo secolo. Dopo che la distruzione era stata fermata nel 1989 per l’intervento della comunità internazionale, di UNESCO e ICOMOS, è ripresa ed è stata portata a termine nel 2005 senza che nessuno più intervenisse. Poco prima la moglie di Aliyev era diventata Goodwill Ambassador di UNESCO. Prima ha mandato via gli Armeni dal Nakhichevan, poi ha distrutto tutto quello che parla degli Armeni, le tracce lasciate nei secoli e secoli di vita. Non è rimasta nessuna chiesa, nessun monumento, sono state tolte persino le fondamenta.

«La fissazione degli Aliyev padre e figlio di distruggere “tutto ciò che è armeno” è giunta sino al punto di ordinare la quasi completa cancellazione di quello che una volta era il consistentissimo patrimonio culturale armeno presente nel Paese. Grazie ad interazioni di ogni tipo durate millenni, gli Armeni avevano lasciato importantissime tracce nella storia archeologica e nell’architettura del vicino Caucaso. In particolare nella regione del Nakhichevan, una delle culle del popolo armeno, il ricercatore Argam Ayvazian (armeno nativo del luogo) documentò nel corso degli anni ’80 del XX secolo l’esistenza di un ricchissimo patrimonio culturale di origine armena mediante la pubblicazione di ben 80.000 fotografie e disegni rappresentanti la testimonianza (a detta dell’autore, incompleta) della presenza in Nakhichevan di 218 tra chiese, monasteri e cappelle, 41 castelli, 26 ponti, 86 siti di città e villaggi, 23.000 lapidi scolpite e, soprattutto, 4.500 croci di pietra, i leggendari “khachkar”, che rappresentano forse il marchio più importante della cultura armena in ogni epoca storica. In particolare nelle vicinanze della città di Julfa esisteva un cimitero unico al mondo costituito da una “foresta” di khachkar che si ergevano a migliaia (10.000 secondo il missionario francese Alexandre de Rhodes che nel 1648 visitò l’area) in uno spiazzo situato lungo il corso del fiume Arax».

Tutto distrutto per l‘ordine di Aliyev.

Mi vergogno molto per la RSI, al posto loro mi vergogno.

«Ieri mi sono giunte notizie preoccupanti dal Nagorno-Karabakh, nel Caucaso Meridionale, dove la già critica situazione umanitaria è ora aggravata da ulteriori scontri armati. Rivolgo il mio appello accorato a tutte le parti in causa e alla Comunità internazionale, affinché tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana» (Papa Francesco – Udienza Generale, 20 settembre 2023).

Mi vergogno anche per il Vaticano che ha chiesto «alle parti di mettere giù le armi». Ma sul serio? I 10 milioni di Azeri con droni, carri armati, aerei, tutti i tipi di armamenti attaccano 120 mila persone e questi 30.000 uomini che difendono il diritto di vivere dei 120.000, devono mettere giù i fucili da caccia che hanno? È così?

Chi deve mettere giù le armi? In un villaggio armeno c’erano 14 uomini contro 3.000 Azeri che avanzavano. Chi deve mettere giù le armi?  Quelli che vogliono semplicemente vivere sulla loro terra e quelli che non vogliono essere violentati, uccisi, accoltellati. C’è una tradizione turca – tagliano la testa degli Armeni e la usano come un pallone. In generale, durante l’ultima guerra (nel 2020!), per ogni testa tagliata di un Armeno, i soldati Azeri ricevevano 100 dollari.

Queste persone hanno diritto di vivere nella loro terra o no? Queste persone hanno il diritto di conservare il loro patrimonio storico, le loro chiese, le loro croci di pietra o no? Appena i Turchi entrano in un luogo storicamente armeno, radono al suolo tutte le tracce degli Armeni.

Se il Vaticano non difende i Cristiani perseguitati, ma difende i Turchi, i.e. soldi, cosa ci si può aspettare dagli altri? Niente.

Perché Aliyev da una parte fa distruggere i gioielli dei primi Cristiani, le 10.000 croci di pietra armene del decimo secolo non si possono più recuperare, sono state sbriciolate con i martelli pneumatici, dall’altra parte ha finanziato con molti soldi vari lavori al Vaticano. E la coppia Aliyev ha ricevuto un premio importante da parte del Vaticano. Per me questo si chiama corruzione – quando prendi i soldi e poi non riesci più a dire la Verità.

«Papa Francesco ha sottolineato il lavoro di rinnovamento svolto dalla Fondazione Heydar Aliyev in Vaticano e ha ringraziato il governo dell’Azerbajgian, in particolare il Presidente della Fondazione Mehriban Aliyeva. Ha sottolineato che il Vaticano non dimenticherà mai i lavori di restauro effettuati dalla Fondazione Heydar Aliyev, perché, grazie ai progetti della Fondazione, numerosi monumenti storici, tra cui le catacombe, sono stati restaurati».

«Da parte della Santa Sede, il presule ha invece donato al presidente Aliev una medaglia della Sede Vacante e ha lodato la “first lady” Mehriban Aliyeva, capo della Fondazione “Heydar Aliyev”, per il suo contributo al rafforzamento delle relazioni fra Vaticano e Azerbajgian».

Insomma, da una parte il clan di Aliyev distrugge le tracce della storia archeologica e dell’architettura armena, dall’altra parte finanziano il restauro dei monumenti storici in Vaticano. Molto interessante questo.
Chissà se qualcuno in Vaticano ha verificato la provenienza di quei soldi? (Nel 2017, da un sondaggio, il Presidente Aliyev è stato riconosciuto come “L’uomo più corrotto nel mondo”. Il popolo azero muore di fame, mentre i suoi miliardi aumentano sempre).

In Svizzera e anche in tutta l’Europa circa 15 anni fa è arrivata questa mentalità americana dove la cosa più importante è il profitto, l’uomo non conta più, l’importante è fare profitto. Profitto, profitto, profitto. Quando l’UOMO non conta più, tutto diventa disumano, e questa disumanità può toccare ciascuno. Uno che mette il profitto sopra l’umano, non può più essere considerato un essere umano, ma è semplicemente un corpo animale, che mangia, dorme, respira. Ha venduto l’anima per il profitto, è rimasto solo il corpo fisico.

Anche la TV2000, un canale cattolico italiano, ha chiamato gli Armeni ‘’separatisti’’, non Armeni Cristiani, ma separatisti. I separatisti che vivono sulla loro terra per 2.500 anni e si sono “separati” da uno Stato che ha meno anni della Coca-Cola.

TV2000, fatevi un po’ di cultura. Il Nagorno-Karabakh (Artsakh) ha un patrimonio Cristiano enorme, è la culla del Cristianesimo d’Oriente. Invece di ripetere le notizie false della stampa Internazionale, raccontate ai Cristiani che vi seguono del bellissimo monastero di Amaras (foto sopra), che è considerato uno dei più antichi siti cristiani. Infatti è stato il grande santo armeno San Gregorio l’Illuminatore a fondare all’inizio del quarto secolo una piccola chiesa che sarebbe poi diventata la base per la costruzione del Monastero di Amaras. E nel 406, un altro grande santo, Mesrop Mashtotz (361-440), l’inventore dell’alfabeto armeno, fondò ad Amaras la prima scuola che usò il suo alfabeto. Mesrop Mashtotz ha inventato l’alfabeto armeno per poter tradurre la Bibbia. Il 19 settembre 2023 gli Azeri hanno preso il monastero Amaras. Lo distruggeranno, toglieranno le croci, lo faranno diventare una moschea. E faranno cambiare il testo su Wikipedia. Tanto tutto si può fare con i soldi.

Nel 2020 gli Azeri hanno preso durante la guerra la Cattedrale del Santo Salvatore in Artsakh, a Shushi. Guardate cosa hanno fatto con questa chiesa [QUI].

Come hanno fatto gli Armeni “separatisti” a costruire durante tutti i secoli così tante chiese, croci, se il territorio era azero/turco? Come?

Ogni chiese costruita dagli Armeni in Artsakh è un gioiello, irripetibile. Ogni chiesa ha la sua storia. Ogni chiesa è stata costruita da gente devota, come espressione del loro Amore per nostro Signore Gesù Cristo.

Come si può pensare ad una convivenza con gli Azeri che ti vogliono uccidere fisicamente e vogliono anche eliminare tutta la tua storia e tutto il tuo patrimonio culturale? Come si fa a chiamare questo tentativo di un altro genocidio da parte dei Turchi “una operazione antiterroristica’’? Chi è il terrorista in questa storia?

Direi tutto questo alla redazione di TV2000. Mi vergogno moltissimo per loro, perché anche loro difendono quelli che distruggono le croci.

Ormai, in tutti i Paesi occidentali hanno scritto le stesse cose, i Francesi, i Tedeschi. Non ci sono più dei punti di vista, c’è un unico centro che detta le notizie, e tutti i canali mondiali le diffondono in diverse lingue. Sembrano dei robot.

Tutta la comunità internazionale è stata a guardare in silenzio, totale silenzio, come gli Azeri da dicembre volevano far morire di fame i 120.000 Armeni. Tutti sapevano e nessuno faceva niente. Un paio di show qua e là, ma niente.

La Croce Rossa un paio di mesi fa stava portando un uomo di circa 65 anni per una urgenza a Yerevan, gli dovevano fare un’operazione al cuore. Gli Azeri hanno fermato l’auto della Croce Rossa, hanno preso l’uomo malato e l’hanno portato via. La Croce Rossa ha detto che gli dispiaceva molto, ma non poteva fare niente, perché gli Azeri erano armati. La figlia di quest’uomo ha chiesto al nostro amico prete, Ter Beniamin, di pregare tanto perché suo padre muoia per strada, durante il tragitto. Meglio morire per strada che finire nelle mani dei Turchi, che sono grandi esperti di torture. Non si sa più nulla di lui. Come non ci sono notizie delle decine di prigionieri di guerra detenuti illegalmente in Azerbajgian da 3 anni.

C’erano e ci sono migliaia di modi per fare pressione sull’Azerbajgian. Bastava cancellare qualche contratto dove giravano tanti soldi. In Svizzera ormai in ogni angolo vendono la benzina del presidente azero Aliev, SOCAR. Migros è il grande collaboratore di SOCAR. Questo sì che è un finanziamento al terrorismo.

E adesso la Comunità Internazionale, i padroni del mondo, per lavarsi le mani, stanno cercando di giustificare gli Azeri, dicendo che queste 120.000 persone sono terroristi e separatisti. Menzogne senza limite. Giustificano gli Azeri e giustificano il loro non fare niente davanti ad un altro possibile genocidio. Il report di Luis Moreno Ocampo è stato inascoltato [QUI].

Vogliono avere la coscienza “in ordine”. Anche perché uno potrebbe chiedere: perché non si può comprare la benzina russa, ma si può comprare quella azera? (Mica andiamo a difendere i terroristi e separatisti qua! Come scrive Renato Farina, che ha chiesto ad un politico italiano la ragione per la quale non aiutano gli armeni assediati. Il politico italiano ha risposto: «Ma guarda che gli Armeni non sono degli angioletti» [QUI].

Il Diavolo è menzognero, molto astuto, ma è anche stupido è prevedibile. La giustizia non si fa su questa terra, la Giustizia è con il Nostro Signore. E Lui anche ha detto di lasciare la vendetta a Lui. Non leggo più i giornali e non guardo le notizie. Gli uomini non sono diventati meglio, hanno solo imparato a mentire meglio. Quello che succede in Nagorno-Karabakh fa vedere benissimo come funziona questo mondo; la situazione tragica degli Armeni di Artsakh smaschera tantissime realtà menzognere, che hanno venduto l’anima per il profitto.

Ci sono pochissime persone che difendono gli Armeni. Ma tutti quelli che difendono l’Armenia lo fanno per Amore, per Amicizia, senza nessun interesse. Questo mi dà tanta Pace.

Invece non c’è nessuno che difende l’Azerbajgian per Amore, tutti difendono i loro interessi per la benzina, per il gas e per i soldi. Infatti, il maggior numero dei fatti di corruzione dei politici europei è legato all’Azerbajgian.

Mi ha colpito molto l’Imam di tutti i lezgi (sono Musulmani), che ha fatto un appello a tutti i lezgi che vivono in Azerbajgian. Sono in tantissimi. «Fratelli miei, non partecipare in questa guerra contro gli Armeni. Non è una guerra sacra, è una guerra sporca, organizzata dalla Famiglia di Aliyev, che vuole arricchirsi sempre di più. Aliyev sta dalla parte del Diavolo e chi andrà in questa guerra, combatterà nell’esercito del Diavolo e andrà all’inferno, se muore. Quindi non partecipate a questa guerra».

Incredibile, che l’unica difesa vera che ho sentito da un personaggio pubblico in questo giorno era da un Musulmano. Un musulmano difende la popolazione dell’Artsakh, che è al 100% Cristiana.

Anche il Generale iraniano Suleymani – ucciso dagli Americani (raccontavano un sacco di menzogne su di lui i mass media) – pur essendo Musulmano, sempre difendeva gli Armeni Cristiani, non solo Armeni, ma anche altri Cristiani. Se fosse vivo Suleymani, gli Azeri forse non avrebbero osato attaccare così, cercando di divorare tutta la popolazione.

Il 20 settembre 2023 mi sono alzata alle 06.00, ho mandato un messaggio a tutti gli amici di Artsakh. Ho chiesto di mettere + a quelli che erano vivi. Ogni + che arrivava, mi faceva tanto felice. Un ragazzo mi ha scritto: «Teresa, anche se io muoio, non mettermi mani -, metti sempre +, perché io ci sarò sempre.

Non so dove al mondo potrò trovare altri di questi piccoli grandi uomini. Dove potrò trovare uomini con così tanto coraggio, così tanta dignità, così tanta nobiltà, generosità, dove posso trovare degli uomini che quando vedono migliaia di Turchi avanzare sul loro villaggio, non si nascondono e non si arrendono, ma vanno alla porta del villaggio con i loro fucili contro i carri armati a difendere le donne, i bambini, gli anziani, la chiesa del villaggio, il cimitero. Dove troverò queste persone, che non si arrendono, anche quando vedono il nemico così grande.

A tanti sembreranno dei pazzi, ma non sono pazzi. Scelgono di dare la vita per quello che amano di più. Gagik, Hovhannes, Beniamin. Garegin è andato in Cielo.

Come tutte le Terre Sante, l’Armenia non conosce pace. Come il suo popolo. O meglio, cerca, tra le rovine, di vivere in pace. Così, squarciando la comfort zone, si scopre che una culla di civiltà come l’Armenia è in grado di urlare a chi ascolta un sacro messaggio d’amore: «Sii ciò che sei, accetta la tua croce, portala con orgoglio, non permettere a niente e nessuno di farti rinunciare al tuo spirito. Vivi, lotta, muori se necessario, essendo sempre martire delle tue idee». In Artsakh ho incontrato persone che vivono così. Proprio così. Cristiani con Cristo.

Per adesso, questa battaglia hanno vinto i Turchi, con tutto l’appoggio della comunità internazionale. Ma è meglio perdere con il Signore, che vincere con il Diavolo. E poi, questa non è la battaglia finale.

Mi mancherà moltissimo l’Artsakh. Mi mancheranno le montagne, il cielo, le chiese bellissime. Mi mancherà la gente: tutte le volte che camminavo per le strade di Stepanakert si fermavano per abbracciarmi, salutavano dalle auto.

Mi mancherà il loro saper amare e condividere.

L’ultima volta sono stata in Artsakh mesi fa. Era molto pericoloso andarci, ma volevo troppo incontrare i miei piccoli grandi uomini. Sono arrivata a Goris, è l’ultima città armena. I preti di quei villaggi, i diaconi mi hanno accompagnato fino all’ultimo punto della frontiera. Abbiamo pregato insieme, mi hanno benedetto. E un amico quando ha visto che avevo un po’ di paura mi disse: «Teresa, un Cristiano non ha paura.

Poi è arrivato finalmente il mio amico, che è il Vicecapo del Servizio di Sicurezza dell’Artsakh. È arrivato dall’Artsakh a prendermi. (È l’unica persona di cui mi sarei fidata per attraversare quelle strade pericolose). C’erano anche i miei nipoti con me.

Le strade erano scure, non si vedeva niente, abbiamo attraversato foreste, montagne. Le prime due ore avevo mal di pancia dalla paura. Il terrore per ogni Armeno è finire nelle mani dei Turchi. Credo che dopo il genocidio sia una cosa genetica. Mi venivano sempre le parole dell’amico di Goris: «Teresa, un Cristiano non ha paura». Invece io avevo paura.

Poi finalmente siamo arrivati in Artsakh, a Stepanakert. Sono stati dei giorni bellissimi, ho visitato la bellissima chiesa di Gandzasar (foto sopra), ho incontrato i preti, gli amici, i bambini.

Al ritorno non avevo più paura. Ho incontrato il mio amico di nuovo e gli faccio: «Sai, forse essere Cristiano non vuol dire non avere paura, ma vuol dire superare quella paura con il coraggio che ti dà il Signore».

Sono molto felice di essere andata quella ultima volta in questa bellissima terra, bellissima in tutti i sensi.

Vado in Armenia per aiutare i profughi che arriveranno dall’Artsakh, l’Azerbajgian non si fermerà, soprattutto dopo questa euforia. Si aspetta un attacco dal Sud, Nord, a Est. Da tutte le parti dell’Armenia. Si potrebbe anche organizzare un incontro/conferenza in Ticino, dove posso raccontare dell’Artsakh.

«Gli Armeni non moriranno mai, sono un popolo caro al Signore», scrive un amico italiano. È vero, finché il Signore vuole, noi ci saremo sempre. Questo lo so di sicuro.

Teresa Mkhitaryan

Free Webcam Girls
151.11.48.50