224° giorno del #ArtsakhBlockade – Continuazione. Il Paese organizzatore del media forum a Shushi ha condannato 120.000 persone tra cui 30.000 bambini a una morte lenta

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.07.2023 – Vik van Brantegem] – È strabiliante che il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, seduto di fronte alla platea giornalistica del caviale, abbia concesso tre ore per rispondere alle domande preselezionate al Global Media Forum “Nuovi media nell’era della quarta rivoluzione industriale”. Il convegno, organizzato dall’Agenzia per lo sviluppo dei media dell’Azerbajgian, è stato svolto il 21 e 22 luglio 2023 nella città di Sushi della Repubblica di Artsakh, occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian. Giornalisti stranieri hanno usato l’occasione per adulare Aliyev (quelli azerbajgiani lo fanno ogni giorni e vorrebbero convertire i loro colleghi stranieri a fare altrettanto).

La standing ovation della platea giornalistica per l’autocrate di Baku.

Ci congratuliamo con il regime autocratico di Ilham Aliyev e in particolare con l’Agenzia per lo sviluppo dei media dell’Azerbajgian (nel nome la beffa) per il livello della libertà di stampa che ha raggiunto l’Azerbajgian. Reporters sans frontières classifica l’Azerbajgian al 167° posto (tra Egitto e Bahrein) su oltre 180 Paesi nell’indice della libertà di stampa, con un punteggio di 58,48. La legislazione azera sui media è diventata sempre più repressiva negli ultimi 20 anni e la legge “sui media” entrata in vigore nel febbraio 2022 ha legalizzato la censura.

L’Azerbajgian è un Paese autocratico classificato tra le peggiori dittature al mondo, con due guerre lanciate contro l’Artsakh, l’armenofobia sponsorizzata dallo Stato, i procedimenti illegali contro i prigionieri di guerra, l’occupazione del territorio sovrano armeno e la pulizia etnica in corso nell’Artsakh.

I partecipanti al Global Media Forum arrivano all’aeroporto internazionale di Fuzuli, che i trova vicino a Shushi, nel territorio della Repubblica di Artsakh, occupato dalle forze armate dell’Azerbajgian con la guerra dei 44 giorni del 2020. Fu costruito dall’Azerbajgian con un costo di 44 milioni di dollari e inaugurato il 26 ottobre 2021 dai Presidenti dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, e della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan.

Il primo posto tra i giornalisti internazionali del viaggio al caviale a Baku e a Sushi via Fuzuli, partecipanti al Global Media Forum, se l’ha guadagnato sul campo Oubai Shahbandar, ci cui servizi da Baku sono stati trasmesso su TRT World, un’emittente pubblica turca che trasmette in inglese 24 ore al giorno da Istanbul ed è gestita dalla TRT, la Società di Radio e Televisione, l’emittente pubblica nazionale della Turchia. Tutti i canali TRT sono governati dal RTUK, il Consiglio Supremo della Radio e della Televisione statale turco. Quindi, il tenore della copertura di Shahbandar non desta meraviglia.

Oubai Shahbandar è un siro-americano, laureato nel programma di studi sulla sicurezza della Georgetown University. È stato membro del programma di sicurezza internazionale di New America. È un ex ufficiale dell’intelligence della difesa e specialista degli affari esteri del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, con oltre un decennio di esperienza. Ha operato in più zone di guerra nel Medio Oriente e nell’Asia meridionale e continua a viaggiare ampiamente in tutta la regione. ha una vasta e diversificata esperienza nello sviluppo di strategie militari e politiche pubbliche. Ha svolto un tour di un anno in Iraq dal 2007 al 2008 durante l’ascesa del Generale Petraeus come analista strategico a supporto delle operazioni di contro-insurrezione e del coinvolgimento delle forze armate statunitensi nel programma Figli dell’Iraq. Ha prestato servizio come senior consulente civile presso il Comando per le operazioni speciali delle forze combinate in Afghanistan nel 2010-2011, lavorando al programma critico per le operazioni di stabilità dei villaggi. Nel 2013 ha lasciato il servizio governativo statunitense ed è entrato nel settore privato come senior consulente per vari clienti di livello esecutivo in Medio Oriente nei settori dell’energia, delle comunicazioni strategiche e aerospaziale, e della difesa. Nel 2014 è stato consigliere durante i colloqui di pace sulla Siria ospitati dalle Nazioni Unite a Ginevra. È apparso regolarmente sui media e ha pubblicato commenti su CNN, Wall Street Journal, Al Jazeera English, Al Arabiya, The Arab Weekly, Huffington Post, Foreign Policy, Defense One, New York Times, Arab News e The Daily Beast.

«Oubai Shahbandar è uno dei giornalisti sporchi che possono essere facilmente acquistati da regimi totalitari come quelli di Erdoğan o Aliyev per coprire i loro crimini, inclusa la violazione dei diritti umani in Artsakh/Nagorno-Karabakh. Viene inviato dalla Repubblica di Azerbajgian a Shushi per operazioni di propaganda» (Babak Taghvaee – The Crisis Watch).

«In una missione conoscitiva a Shusha Karabakh. Cosa sta realmente accadendo ed è possibile un accordo di pace tra Armenia e Azerbajgian?» (Oubai Shahbandar).
«Una danza della vittoria a Shusha» (Oubai Shahbandar).
«#Ultima ora. Il Presidente dell’Azerbajgian Aliyev dice che le autorità armene in Karabakh hanno bloccato la strada principale da Aghdam a Khanekmdi/Stepanakert e hanno impedito ai rifornimenti di entrare in città affermando falsamente di trovarsi di fronte a un blocco» (Oubai Shahbandar).
«Rapporto completo dal Karabakh Shusha sulla possibilità di un accordo di pace armeno-azerbajgiano e su ciò che il Presidente dell’Azerbajgian afferma che l’Armenia deve impegnarsi per raggiungere una risoluzione finale» (Oubai Shahbandar).
«La bellissima campagna del Karabakh. C’è ancora molto da risolvere in questo cruciale angolo di mondo. Ma le persone qui sono fiduciose» (Oubai Shahbandar).

La “missione conoscitiva” è andata a fare a Baku, ammirando i tappeti azerbajgiani, descrivendone le caratteristiche, da dove poi è stato accompagnato a Sushi nella parte dell’Artsakh occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian, ad adulare Aliyev, godersi uno “spettacolo della vittoria” e mangiare caviale. Nell’Artsakh sotto assedio azero non ha messo piede. Ha osservato – immaginiamo – Stepanakert dall’alto e quindi non si comprende come ha potuto scrivere che “le persone qui sono fiduciose”, come affermo nel commento al filmato, visto che non ha parlato con loro. Intanto, in un altro filmato ha presentato l’ultimatum all’Armenia di Aliyev, che assicura che “i diritti e la sicurezza della minoranza armena saranno tutelati in conformità con la nostra Costituzione”.

L’unico lavoro che aveva, era leggere un opuscolo di propaganda sul #ArtsakhBlockade, che espone con tanto orgoglio. Riesce comunque a sbagliare il nome in azero di Stepanakert, Khankendi, stroppiandolo con Khanekmdi, parlando per il resto di Shusha e Karabakh (invece di Shushi e Artsakh o Nagorno-Karabakh), come impone Aliyev. Questo da sola illustra sia il livello di competenza che abbia, e di conseguenza, il merito che gli sarà attribuito dai suoi sponsor.

Al Global Media Forum, Oubai Shahbandar ha lavorato sodo per promuovere la propaganda dell’Azerbajgian.

«Una bellissima chiesa armena a Shusha è stata restaurata dall’Azerbajgian in modo che possa essere pienamente funzionante per la comunità cristiana del Karabakh» (Oubai Shahbandar).

A parte del fatto che nei territori occupati della Repubblica di Artsakh, inclusa la città di Sushi, non è rimasto un Armeno Cristiano, si tratta della Cattedrale Armena Apostolica di San Salvatore Ghazanchetsots, una delle chiese più grandi del mondo armeno, al centro di serie preoccupazioni della comunità internazionale, come abbiamo riportato più volte negli ultimi 3 anni [L’Armenia deplora i cosiddetti “lavori di restauro” alla cattedrale Ghazanchetsots di Sushi nell’Artsakh occupato dall’Azerbajgian – 4 maggio 2021]. Durante la guerra dei 44 giorni, il lancio mirato di missili da parte delle forze armate azere ha causato gravi danni sul tetto e all’interno dell’edificio. Poi, con il pretesto del cosiddetto ‘restauro’, gli Azeri stanno distorcendo uno dei più importanti valori culturali armeni in Artsakh.

Il 26 febbraio 2021 abbiamo scritto: «“Premio di guerra e simbolo di vittoria”. Così Ilham Aliyev, il Presidente di Azerbajgian ha definito il 15 gennaio 2021, nel corso della sua visita con la sua moglie Mehriban Aliyeva, [Primo] Vicepresidente dell’Azerbaigian, la cattedrale armena del Santo Salvatore Ghazanchetsots a Shushi. Le foto ufficiali diffuse dai media azeri non mostrano gli squarci causati dalle bombe azere dell’ottobre scorso. La pace è ancora lontana. E le chiese armene nel Nagorno-Karabakh sempre più in pericolo».

Nella foto sullo sfondo di Shahbandar si vede chiaramente i lavori di “restauro” in corso, che documenta la falsificazione storica in atto (la distruzione della sua forma originale, tolta la tipica cupola armena appuntita), confrontandola con la foto che mostra come era prima.

Già nel 2021 il Ministero degli Esteri ha dichiarato che «l’Azerbajgian sta portando avanti azioni legate alla chiesa senza consultare la Chiesa Apostolica Armena, il che viola chiaramente il diritto dei credenti armeni alla libertà di religione». Per il Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh, Gegham Stepanyan: «Con il pretesto del cosiddetto ‘restauro’, gli Azeri stanno distorcendo uno dei più importanti valori culturali armeni: la Cattedrale di San Salvatore Ghazanchetsots a Sushi. In molti casi, abbiamo visto come l’Azerbajgian tratta i valori culturali armeni. È già chiaro cosa si sta realmente facendo sotto il nome di “lavori di ristrutturazione”. L’obiettivo è distruggere la presenza e la traccia armena». Le cupole erano già state rimosse dagli Azeri il 9 maggio 2021. L’USCIRF, la Commissione americana per la libertà religiosa internazionale, si è detta “preoccupata per le segnalazioni” relative all’integrità dei luoghi di culto, e in particolare della cattedrale di Ghazanchetsots. Nadine Maenza, Commissario dell’USCIRF, ha precisato: «L’USCIRF è preoccupata dai rapporti riguardanti la conservazione e l’integrità dei luoghi di culto e di altri siti religiosi, come la cattedrale Apostolica Armena Ghazanchetsots a Sushi, che sembra aver persa le sue cupole in mezzo alle notizie sul suo “restauro” senza il contributo della sua congregazione. Sebbene la cattedrale abbia certamente bisogno di riparazioni per i danni subiti a causa dei bombardamenti azerbajgiani dello scorso autunno, è imperativo che essa e altri siti siano adeguatamente restaurati e mantenuti».

Ecco, siamo grati a Oubai Shahbandar per il suo lavoro preciso, che senza esserne consapevole nella sua ignoranza, ha fornite la prova indiscutibile di quanto affermato sopra.

«Una battaglia degna di un film diretto da Spielberg #BattagliaDiShusha» (Oubai Shahbandar).

Qui diffondo un clamoroso falso storico azero, un copia incolla della battaglia del 1993, sostituendo la presa da Susha da parte dell’esercito di difesa dell’Artsakh, con l’occupazione da parte delle forze armate azere. A questa gente manca pure l’immaginazione per creare una nuova storia.

Ci fermiamo qui con gli esempi delle fatiche di Shahbandar, concludendo con una parola di Upton Sinclair in riferimento a Oubai Shahbandar e i suoi simili: «È difficile far capire qualcosa a un uomo quando il suo stipendio dipende dal fatto che non lo capisca». Visto che quei giornalisti stranieri che riportano pedissequamente le farneticazioni autocratiche e false di Aliyev, nel frattempo non solo ignorando ma giustificando le tragedie umane causate da Aliyev a pochi chilometri da Shushi, non hanno il diritto di essere chiamati giornalisti. Sono diventate megafoni della narrazione degli autori di genocidi, quindi complici.

È significante che i “volontari dei media” del governo azero, che hanno dato una mano al Global Media Forum a Shushi, sono gli stessi che hanno dato “assistenza” ai finti “eco-attivisti” a bloccare il Corridoio di Lachin vicino a Shushi, prima che l’Azerbajgian militarizzasse il suo blocco dell’Artsakh, e che hanno partecipato poi a corsi di formazione su come raccontare alla comunità internazionale la “verità” su “Azerbajgian occidentale” (con cui è intesa l’Armenia).

Un banchetto ha chiuso ieri il Global Media Forum ospitato dall’Azerbajgian nella città occupata di Shushi, mentre il governo azero sta facendo morire di fame 120.000 persone della porta accanto. Quanti dei giornalisti stranieri che si sono “scusati” per i precedenti viaggi in Artsakh lo hanno fatto per poter partecipare a questo banchetto? Quanti partecipanti hanno almeno tentato (o fatto finto di tentare, sapendo che le forze armate azere non li avrebbero fatto passare comunque) a raggiungere Stepanakert a pochi chilometri da Sushi?

Da due di loro abbiamo avuto notizia.

Le organizzazioni internazionali di giornalisti chiedono all’Azerbajgian e alle forze di mantenimento della pace russe di garantire la libertà di movimento dei giornalisti in Nagorno-Karabakh

La Federazione europea dei giornalisti in un post su Facebook ha scritto che la Federazione internazionale dei giornalisti e la Federazione europea dei giornalisti «invitano le autorità dell’Azerbajgian e le forze di mantenimento della pace russe a garantire la libertà di movimento dei giornalisti nel Nagorno- Karabakh». Aggiunge che il 22 luglio 2023 con Anthony Belanger e Mushfiq Alasgarli [*] «hanno cercato di raggiungere Stepanakert, ma sono stati fermati dall’esercito azero, a soli 100 metri dal posto di blocco russo».

[*] Ambedue partecipavano al Global Media Forum a Shushi, quindi, hanno cercato di raggiungere Stepanakert da Shushi. Anthony Bellanger, Segretario Generale della Federazione internazionale dei giornalisti, ha scritto in un post su Facebook, che intervenendo al Global Media Forum, ha «ricordato l’assoluta necessità per le Nazioni Unite di adottare la Convenzione della Federazione internazionale dei giornalisti sulla sicurezza e protezione dei giornalisti» e che ha «chiesto una migliore circolazione dei giornalisti in Nagorno-Karabakh». Mushfiq Alasgarli è Vicepresidente del Consiglio della stampa dell’Azerbajgian e Presidente del Sindacato dei giornalisti dell’Azerbajgian.

Non è né umano né professionale riferire di un falso paradiso accanto all’inferno. I giornalisti dell’Artsakh ai partecipanti al Global Media Forum a Shushi

Ieri, un gruppo di giornalisti dell’Artsakh ha condotto un’azione di protesta sulla strada da Stepanakert a Shushi (come i loro colleghi sulla strada Goris-Kornidzor presso il ponte Hakari [QUI]). Ha partecipato anche il Difensore dei Diritti Umani della Repubblica di Artsakh, Gegham Stepanyan, su invito dei giornalisti. Secondo il giornalista di Armenpress, i partecipanti all’azione hanno rivolto in inglese e in russo un appello umano e professionale da parte della comunità dei giornalisti della Repubblica dell’Artsakh ai partecipanti al Global Media Forum organizzato a Shushi occupata dall’Azerbajgian, chiedendo ai loro colleghi di rimanere fedeli alla loro missione di giornalisti per presentare la verità e proteggere i diritti umani e la dignità del popolo dell’Artsakh, di non diventare uno strumento nelle mani dell’autocrazia dell’Azerbajgian e di riferire la crisi umanitaria in Artsakh:

«Dato che voi, da più di 120 media e 50 paesi, avete visitato l’Azerbajgian su invito del suo regime dittatoriale,

  • tenendo conto di uno dei record più negativi dell’Azerbajgian nel mondo in termini di libertà di espressione, compresa la presenza di molti giornalisti attualmente detenuti e sotto pressione;
  • tenendo conto della lunga esperienza di manipolazione, falsificazione e influenza illegale dell’Azerbajgian sui media internazionali;
  • tenendo presente la politica azera di falsificazione della storia e della cultura del popolo armeno indigeno del Nagorno-Karabakh, incluso Shushi;
  • tenendo presenti i numerosi esempi registrati dai tribunali internazionali e dalle organizzazioni per i diritti umani dell’odio etnico anti-armeno e delle politiche statali discriminatorie dell’Azerbajgian;
  • richiamando l’attenzione sul fatto che l’Azerbajgian ha bloccato le 120.000 persone del Nagorno-Karabakh per più di 7 mesi, di cui 5 settimane completamente, lasciandole senza cibo, medicine, carburante e altri beni di prima necessità;
  • preoccupati per l’aggravarsi della crisi umanitaria acuta nel Nagorno-Karabakh, gli alti rischi di fame, il doppio tasso di mortalità infantile e non ancora nato, il 90% di anemia tra le donne incinte, la sospensione dei trasporti pubblici, delle attività agricole e di altre attività economiche, il forte aumento della disoccupazione e della povertà;
  • tenendo conto del rifiuto dell’Azerbajgian di conformarsi alle decisioni giuridicamente vincolanti della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci attraverso il Corridoio di Lachin che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il resto del mondo;
  • tenendo conto degli ostacoli dell’Azerbajgian alle missioni conoscitive internazionali, ai giornalisti stranieri e alle organizzazioni umanitarie per entrare nel Nagorno-Karabakh, per registrare e riferire sulla situazione reale;

noi, i giornalisti della Repubblica diNagorno-Karabakh, vi invitiamo a compiere i seguenti passi:

  • smettere di riportare solo informazioni e narrazioni unilaterali sul Nagorno-Karabakh, il blocco e il conflitto generale;
  • smettere di sostenere flagranti violazioni da parte del regime dittatoriale azero contro la libertà di parola ei diritti del popolo del Nagorno-Karabakh;
  • venire nelle nostre comunità a pochi chilometri da voi per coprire la vita reale della nostra gente e il vero volto di coloro che vi invitano e vi danno da mangiare a Shushi;
  • aderire alla vostra missione di giornalista per presentare la verità e proteggere i diritti umani e la dignità;
  • astenersi dal diventare uno strumento in mani dittatoriali e promuovere la politica della pulizia etnica.

Altrimenti vi assumete una pesante responsabilità per questo crimine in corso contro l’umanità.
Riferire di un finto paradiso accanto all’inferno non è né umano né professionale né legale.
Crediamo che voi potete fare la differenza nel mondo e salvare vite umane. Ci aspettiamo il vostro sostegno umano e professionale in difesa della verità, dei diritti umani, delle libertà e della dignità».

L’Unione dei giornalisti dell’Armenia ha dichiarato che partecipando al Global Media Forum a Shushi molti dei colleghi legittimano il blocco dell’Artsakh da parte dell’Azerbajgian

L’Unione dei giornalisti dell’Armenia ha rilasciato una dichiarazione, sottolineando che la partecipazione di giornalisti progressisti e rappresentanti della stampa al forum internazionale dei media organizzato a Shushi, occupato dall’Azerbajgian , non può essere in alcun modo inserita nel quadro dell’etica professionale e umana, perché si svolge in un luogo dove a pochi chilometri di distanza 120mila cittadini sono privati dei loro diritti:

«Più di 250 partecipanti provenienti da 50 paesi, rappresentanti di 120 mass media e organizzazioni mediatiche sono arrivati all’aeroporto di Fizuli per partecipare all’evento. Le foto del loro arrivo sono ampiamente diffuse dai media azeri.
Purtroppo, va notato che la suddetta delegazione comprende anche rappresentanti di media e organizzazioni giornalistiche piuttosto rispettabili, alcuni dei quali sono partner di lunga data dell’Unione dei giornalisti dell’Armenia, nonché di vari media e organizzazioni di media armeni.
Il forum mediatico organizzato a Shushi è chiaramente una parte del grande piano politico-propagandistico dell’Azerbajgian, con la partecipazione di molti dei nostri partner legittimando indirettamente il blocco dell’Artsakh da parte di quel Paese da più di 7 mesi, che ha portato a una terribile crisi umanitaria e minaccia di prendere nuove vite umane ogni ora.
Cari colleghi, vi trovate attualmente in un Paese, l’Azerbajgian, che ha occupato i territori dell’Artsakh, compreso Shushi, dove state tenendo un forum, e lo ha fatto conducendo politiche di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, e sta ancora facendo morire di fame 120.000 cittadini dell’Artsakh».

La dichiarazione sottolinea inoltre che la partecipazione di giornalisti progressisti e rappresentanti della stampa all’evento non può essere in alcun modo inserita nel quadro dell’etica professionale e umana, poiché si svolge in un luogo dove a pochi chilometri di distanza si verificano molti disastri:

«120.000 cittadini sono privati dei loro diritti più importanti.
120.000 cittadini vivono sotto continue minacce e aggressioni dall’Azerbajgian.
120.000 cittadini vivono sotto la minaccia di essere privati della loro patria, dei loro parenti, amici e delle loro case.
120.000 cittadini vivono senza medicine, carburante, cibo, i pazienti sono in condizioni critiche.
30.000 bambini sono condannati alla fame.

  • Un disastro umanitario, a seguito del quale le donne incinte svengono a causa della malnutrizione, hanno problemi durante il parto; una settimana fa sono riusciti in qualche modo a salvare la vita di una madre in travaglio, purtroppo il bambino è morto;
  • un disastro, a causa del quale è morto un padre di molti bambini (solo 45 anni) nel villaggio di Haterk di Artsakh, circondato dall’Azerbajgian, proprio ieri;
  • un disastro che ha lasciato indifesi migliaia di anziani e la cui prima vittima è stata segnalata anche questa settimana di una morte improvvisa in fila per il pane a causa della malnutrizione;
  • un disastro, a causa del quale il tasso di perdita fetale precoce in Artsakh è aumentato di quasi 3 volte:
  • un disastro a causa del quale si sviluppa l’anemia nelle donne incinte a causa della malnutrizione, che porta anche al parto prematura, il tasso di bambini nati prematuramente ha già raggiunto il 12 per cento;
  • un disastro, a causa del quale una madre andata a cercare cibo per i figli minori, è tornata a trovare i figli morti…».

La dichiarazione sottolinea che questi casi sono una piccolissima parte della tragedia nazionale in cui vivono da più di 7 mesi 120.000 persone, 120.000 liberi cittadini con nomi, cognomi, destini e sogni, che il Paese che ha organizzato il media forum ha condannato a una morte lenta:

«I bambini muoiono in Artsakh, le donne incinte svengono per malnutrizione, i neonati muoiono, persino il pane manca nei negozi e voi, giornalisti, la cui missione è proteggere i diritti umani, invece di adempiere alla vostra missione principale, state partecipando ad un forum a Shushi, che dista solo pochi chilometri dalla capitale Stepanakert alla fame.
L’Azerbajgian sta facendo tutto questo isolando l’Artsakh dal mondo esterno e lontano dagli occhi del mondo, mostrando il comportamento più sfacciato.
Queste e centinaia di altre storie sono oggetto di enormi inchieste giornalistiche, terribili reportage su vicende umane. Tuttavia, più di 250 giornalisti hanno preferito godersi la natura ultraterrena dello Shushi armeno, l’onnipotente conforto creato grazie al petrolio azero, ai petrodollari e alla storia della pulizia etnica nel XXI secolo.
Al forum di Shushi partecipano molti rappresentanti dei media a cui la scorsa settimana l’Unione dei giornalisti dell’Armenia ha rivolto l’allarme ai media e alle organizzazioni dei media del mondo per alzare la voce per la salvezza degli Armeni dell’Artsakh condannati alla pulizia etnica e al genocidio.
Purtroppo, ormai da una settimana, sentiamo solo il silenzio dei nostri colleghi civili, democratici e umani, che suona molto più terribile della messa in scena della propaganda azera organizzata con la loro partecipazione a Shushi.
Il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, tiene i media lontani dalla regione e voi non siete a conoscenza di ciò che sta realmente accadendo qui. Forse sapendolo sarete veramente impegnato nella vostra missione.
Esprimiamo il nostro stupore per il fatto che voi, cari colleghi, partecipate a un forum dei media in un Paese il cui Presidente sopprime la libertà di stampa, dove non c’è alcuna libertà di parola, i cui giornalisti dell’opposizione non vivono in Azerbajgian da molto tempo, sono fuggiti o sono detenuti nelle carceri o soggiogati. Non ne siete a conoscenza? Aprite i rapporti internazionali, che danno molti esempi. E in queste condizioni, si tiene un forum mediatico, quando l’Azerbajgian stesso è un simbolo di violazione della libertà di stampa».

L’Unione dei giornalisti dell’Armenia ha invitato tutti i suoi colleghi, rappresentanti delle organizzazioni giornalistiche partner, ad agire come veri giornalisti al forum organizzato a Shushi, per porre domande ai suoi organizzatori non solo sulla stampa del futuro, ma anche, prima di tutto, sui cittadini, bambini, anziani da loro condannati a morte, persone in generale. Chi dovrebbero servire i media se non l’uomo, anche i nuovi media all’avanguardia:

«I giornalisti hanno una funzione universale di protezione dei diritti umani e dovresti essergli fedele se non hai altri interessi e interessi.
La partecipazione dei nostri colleghi a quell’evento può essere compresa solo se loro, in quanto giornalisti professionisti, sfruttano tale opportunità per adempiere al loro dovere professionale e presentare al mondo come il Paese che li hanno invitato uccide ogni giorno un’intera nazione, persone: donne incinte, anziani, bambini, compresi i neonati, e chiedono l’immediata apertura del percorso di vita di Artsakh».

Dichiarazione delle organizzazioni giornalistiche armene in riferimento al Global Media Forum a Shushi

Dodici organizzazioni giornalistiche armene hanno invitato i partner internazionali che partecipano al forum dei media a Shushi occupato dall’Azerbajgian, a mostrare determinazione e perseveranza per visitare le città e i villaggi isolati del Nagorno-Karabakh a diversi chilometri di distanza. Le organizzazioni giornalistiche che hanno sottoscritto la dichiarazione: Club della stampa di Yerevan, Centro per le iniziative dei media, Istituto di informazione multidimensionale, Centro per la libertà di informazione, Club di pubblico giornalismo, Comitato per la protezione della libertà di parola, Cclub dei giornalisti “asparez”, Ong “Giornalisti per il futuro”, Ong “Giornalisti per i diritti umani”, Press Club di Goris e Ong “Femida”:

«Noi, le organizzazioni sottoscritte, non abbiamo domande alla leadership del Paese, che è in uno degli ultimi posti nella classifica internazionale della libertà di parola, che, tuttavia, terrà un altro lussuoso forum mediatico il 22-23 luglio.
Non abbiamo domande per l’organizzatore di questo evento, l’Agenzia per lo sviluppo dei media dell’Azerbajgian, che sostiene tutte le iniziative del governo che limitano la libertà di parola e accusa regolarmente le organizzazioni per i diritti umani che criticano la soppressione di massa dei diritti dei giornalisti in quel Paese.
Sfortunatamente, non abbiamo più domande per i media riconosciuti e le organizzazioni professionali che hanno inviato i loro rappresentanti a partecipare al Shushi Global Media Forum, un evento il cui unico scopo è legittimare le politiche estere e interne di Baku che contraddicono i valori fondamentali del mondo civilizzato. Auesto tipo di mancanza di principi è diventata una cosa comune per molte persone.
La nostra domanda è rivolta ai nostri colleghi giornalisti che godono della generosa ospitalità del regime di Aliyev, a pochi chilometri dalle città e dai villaggi del Nagorno-Karabakh isolati dal mondo esterno da più di sette mesi. Dove migliaia di persone sono state a lungo private del cibo di base, dove le donne in travaglio non possono essere portate in ospedale per mancanza di benzina, dove l’approvvigionamento idrico è minacciato per la mancanza di elettricità.
Il vostro dovere professionale non vi spinge a chiedere libertà di movimento alle autorità azere, in modo da poter vedere con i vostri occhi la tragedia con la quale non è così facile trovare paralleli nel mondo moderno?
Non è più compito dei media rompere le barriere informative quando le informazioni su ciò che sta accadendo provengono quasi esclusivamente da fonti faziose?
Avete decisi di rendere omaggio alla credulità sconveniente della nostra professione e alle argomentazioni di “avvicinamento con comprensione”, come se i proprietari del Forum fossero felici di aiutarvi ad attraversare la strada per Stepanakert, la capitale del Nagorno-Karabakh in pochi minuti, ma che la leadership armena locale o le forze di mantenimento della pace russe non vi permetteranno di passare?
Nel frattempo, la vostra determinazione e perseveranza possono contribuire a sbloccare la situazione nella regione. Siamo convinti che questo episodio apparentemente insignificante nella storia del giornalismo possa giocare un ruolo importante per la reputazione futura della nostra professione nel suo insieme».

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

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