Dopo la morte di Benedetto XVI. Papa Francesco: “Le umiliazioni sono buone. L’umiliazione mi ha fatto bene nella vita”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.01.2023 – Vik van Brantegem] – Condividiamo di seguito alcuni articoli con informazioni che forniscono una serie di dettagli sul modus operandi di Papa Francesco, che sono rivelatori. Come il fatto che quando gli viene detto che le sue decisioni possono rappresentare un’umiliazione per alcune persone, risponde: «Le umiliazioni sono buone», oppure: «Questa umiliazione mi ha fatto bene nella vita». Il suo metodo, le sue parole, le sue decisioni e le sue azioni rivelano le sue contradizioni, solo apparente, però. E quello che farà Papa Francesco (Papa regnante e Vicario di Gesù Cristo per elezione legittima, dialettico e divisivo per carattere e peronista per educazione e infusione culturale argentina) con il rito Vetus Ordo della Chiesa Cattolica Romana di rito latino, sarà decisivo per la Chiesa di Cristo (non sua) in questo momento storico.

  • Papa Francesco, che tipo di futuro è appena iniziato? di Andrea Gagliarducci su Monday Vatican del 16 gennaio 2023
  • Papa Francesco furioso per i funerali di Ratzinger: che testa sta per saltare di Francesco Capozza su Libero Quotidiano del 13 gennaio 2023
  • Benedetto, Francesco: davvero i vivi invidiano i morti? di Mastro Titta su Stilum Curiae del 17 gennaio 2023
  • Un botto sul tamburo o una diceria? su Summorum-Pontificum.de del 13 gennaio 2023: Papa Francesco vuole proibire definitivamente il Vetus Ordo del rito romano latino?

Papa Francesco, che tipo di futuro è appena iniziato?
di Andrea Gagliarducci,
Monday Vatican, 16 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

La morte di Benedetto XVI [QUI] ha inaugurato la seconda fase del pontificato di Papa Francesco. Per la prima volta da quando è Papa, Francesco non dovrà convivere con il Papa emerito.

Benedetto XVI aveva sempre chiarito di non essere più il Papa e di non essere più un punto di riferimento per nessuno da quel punto di vista. Fu lo stesso Papa Francesco, però, a dare al Papa emerito un ruolo essenziale nella vita della Chiesa: lo aveva voluto nei Concistori, e quando per Benedetto XVI diventava difficile muoversi, voleva sempre che i nuovi cardinali andavano a visitarlo ed egli li accompagnò; ha citato spesso Benedetto come esempio, soprattutto sul tema della lotta agli abusi sessuali; lo visitava costantemente.

Del resto, in questa nuova fase, Papa Francesco si ritrova anche un po’ più solo, perché la presenza di Benedetto XVI, con la sua preghiera di intercessione, era rimasto un punto di riferimento.

Inizia così una nuova era in questo pontificato, almeno dal punto di vista della percezione. Papa Francesco, negli anni, non ha mancato di prendere scelte personali che hanno segnato un’apparente discontinuità rispetto al pontificato precedente. La più recente è la promulgazione della Traditionis custodes [QUI], che ha annullato la precedente decisione di Benedetto XVI di liberalizzare l’uso del rito antico per la celebrazione della Messa.

Questa decisione aveva destato perplessità in Benedetto XVI, almeno secondo quanto raccontato dal suo Segretario particolare, l’Arcivescovo Georg Gänswein, nel libro di memorie “Nient’altro che la Verità” [QUI].

L’assenza di Benedetto XVI, però, apre una nuova fase. Non solo Papa Francesco non dovrà preoccuparsi della presenza del Papa emerito, ma anche chi non condivide le idee di Francesco sarà sgravato dalla presenza del Papa emerito.

Infatti, Benedetto XVI ha sempre preferito l’unità e l’armonia alla dialettica. Nelle sue decisioni aveva sempre cercato di trovare una sintesi tra più punti di vista, cercando soluzioni eleganti in cui nessuno si sentisse escluso o emarginato. E questo lo chiedeva sempre a tutti, anche quando non era più il pontefice.

La presenza di Benedetto XVI ha così bilanciato il fronte conservatore più sfidante e ha permesso di evitare un confronto in campo aperto e un attacco diretto al Papa. Le esitazioni riguardanti il Papa non erano solo dottrinali, ma riguardavano anche e soprattutto il governo. La presenza di Benedetto XVI ha garantito una pax ecclesiae, che ha aiutato lo stesso Papa Francesco.

Senza la figura di Benedetto XVI, il rischio è di trovarci su un campo di battaglia aperto. Il Papa emerito ha insegnato che la storia della Chiesa si è svolta in continuità con il passato e ha invitato ad apprezzare le ragioni degli altri, senza inimicarsele.

Papa Francesco, al contrario, è un uomo dalle decisioni divisive, forti, a volte anche dure. È sempre stato così. Era un suo tratto caratteristico, fin da giovane provinciale dei gesuiti in Argentina.

Lo scontro può nascere proprio a partire dalle celebrazioni dei funerali di Benedetto XVI [QUI]. Preoccupato a tutti i costi di dimostrare che Benedetto non era più il Papa in carica, Papa Francesco è stato freddo, distaccato e quasi infastidito dall’affetto della gente per il suo predecessore. Non c’è nessuna foto del Papa in preghiera davanti alla bara di Benedetto XVI nella Basilica vaticana, né Francesco è sceso nelle Grotte Vaticane per la sepoltura.

Questo comportamento non ha lasciato nessuno indifferente e porta con sé diverse conseguenze. Anche i funzionari della Curia hanno visto un’ingiustizia nel modo in cui si è svolta la celebrazione del funerale. E il ragionamento è che, se Papa Francesco riesce a staccarsi anche dal ricordo di un defunto, potrebbe farlo con chiunque. Pertanto, ogni deferenza viene abbandonata e ogni critica sarà liberata.

Alla morte di Benedetto XVI sono state pubblicate due interviste all’Arcivescovo Gänswein e poi c’è stata la pubblicazione di un libro di memorie, che era pronto per la pubblicazione precisamente alla fine della vita del Papa emerito.

Alcune delle affermazioni contenute nel libro e nelle interviste hanno ricevuto l’attenzione di tutto il mondo. Gänswein, con totale trasparenza, ha affrontato anche aspetti controversi del pontificato, tra cui la sua retrocessione/non retrocessione dalla carica di Prefetto della Casa Pontificia.

Possiamo discutere a lungo dell’opportunità che Gänswein conceda immediatamente queste interviste e pubblichi questo libro. D’altra parte, però, il Segretario particolare del Papa emerito fornisce una serie di dettagli sul modus operandi di Papa Francesco, che sono rivelatori. Come il fatto che quando a Papa Francesco viene detto, che le sue decisioni possono rappresentare un’umiliazione per alcune persone, il Papa risponde: «Le umiliazioni sono buone», oppure: «Questa umiliazione mi ha fatto bene nella vita».

Questa storia corrobora altro sulla personalità del Papa e suggerisce che pochi vorranno accettare di essere maltrattati. Il Papa è il Papa, e nessuno lo interroga, ma ora non c’è più il timore di essere messo da parte.

Anche perché papa Francesco come quasi sempre ha prese decisioni provvisorie con documenti “leggeri”, quindi difficilmente opponibili. Quando ci furono riforme che richiedevano grandi analisi, come la riforma della Curia o quella recente sul Vicariato di Roma, Papa Francesco pubblicò improvvisamente, quasi a sorpresa, i testi definitivi.

Il Cardinal Pell aveva preso atto di questo modus operandi del Papa in un memorandum distribuito a tutti i cardinali lo scorso marzo, firmato Demos. Con la morte del Cardinal Pell, il corrispondente vaticano Sandro Magister ha rivelato che Demos era davvero il Cardinal Pell [Il Cardinal Pell fa parlare ancora più che da vivo: il Vaticano oggi, il Sinodo sulla sinodalità e il prossimo Conclave]. Il suo punto di vista sarà ancora continuato.

Anche perché si tratta di un punto di vista condiviso dai cardinali, basti dire che una ventina di cardinali di orientamenti molto diversi avrebbero – secondo le indiscrezioni – inviato due settimane fa una lettera al Papa per scongiurare la nomina del Vescovo Heiner Wilmer a Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede [QUI]. Il fatto che la lettera ci fosse (o se ne fosse parlato) e sembrasse essere stata portata al Papa dal Cardinal Parolin, la dice lunga sul clima che già regnava alla fine dello scorso anno.

Papa Francesco vorrà prendere lui stesso le decisioni e, in alcuni casi, concederà ad altri l’onore delle armi. Ma probabilmente non sarà sufficiente. Se il Papa non fa qualche passo indietro, almeno sul piano dialettico, si troverà un’opposizione ancora più evidente e rumorosa.

Questa opposizione potrebbe essere il sintomo di una mentalità forse troppo laica, che si è impossessata della Chiesa. Una mentalità che, in ogni caso, Papa Francesco ha sostenuto e approvato. Il futuro della Chiesa ora dipenderà da quanto Papa Francesco riuscirà a mantenere la pax ecclesiae in un momento di turbolenza. La morte di Benedetto XVI non aiuta, perché il suo compito sarà più difficile. Adesso è davvero un Papa solo al comando.

Papa Francesco furioso per i funerali di Ratzinger: che testa sta per saltare
di Francesco Capozza
Libero Quotidiano, 13 gennaio 2023


Ad una settimana dalle esequie di Benedetto XVI si avvertono già le prime scosse di terremoto in Vaticano. Stavolta non parliamo del libro del “prefetto dimezzato”, Mons. Georg Gänswein, il segretario particolare del compianto pontefice che, forse in modo poco discreto, ha dato alle stampe un volume (Nient’altro che la Verità, edizioni Piemme), disponibile ufficialmente da ieri nelle librerie ma i cui retroscena più succulenti sono stati ampiamente diffusi già da diversi giorni (molti anche da noi), il cui contenuto ha fatto storcere il naso a tanti e infuriare Papa Francesco. Oltretevere gira infatti insistente la voce secondo cui il pontefice regnante sia stato sorpreso, e non in senso positivo, dalla grande ondata d’affetto inatteso nei confronti di Benedetto. Ma la cosa che, a sentire molti frequentatori abituali delle Sacre Stanze – e stiamo parlando di alti prelati, muniti di tonaca color paonazzo – avrebbe causato particolare collera al Papa, sarebbe la gestione mediatica dell’intero luttuoso evento, culminato nei funerali trasmessi in mondovisione il 5 gennaio scorso.

OCCHIO ATTENTO – Quel che Bergoglio avrebbe meno gradito sarebbe stata la grande enfasi data dai Media vaticani alla figura di Ratzinger e molto poca alla sua. Sul banco degli imputati ci sarebbero i vertici della comunicazione, a cominciare da quelli della Sala Stampa, gestita da Matteo Bruni (che pure lo stesso Bergoglio aveva nominato con convinzione a luglio del 2019). Ma sotto l’occhio attento del Pontefice ci sarebbe anche la gestione di Paolo Ruffini, già direttore di Rai3, che dal 2018 è il primo laico a capo di un dicastero vaticano, quello della Comunicazione. In entrambi i casi si parla già apertamente di due teste che sarebbero prossime a rotolare. Salvo, invece, sarebbe Andrea Tornielli, lo storico vaticanista de La Stampa e Il Giornale che dal 2018 è il direttore editoriale del dicastero diretto proprio da Ruffini.

A Bruni verrebbe recriminata poca ed insufficiente iniziativa volta ad esaltare la figura di Bergoglio in un evento che ha portato a Roma centinaia di giornalisti della carta stampata e delle televisioni di tutto il mondo: «Sarebbe bastato – ci confida un autorevole monsignore che è stato al servizio di tre pontefici – che la Sala Stampa diffondesse delle immagini di Francesco quando è andato al capezzale di Benedetto. Anche solo un paio di foto e dei video mentre si reca al Monastero quel mercoledì in cui ha annunciato che il Papa emerito era alla fine o prima e dopo il ferale annuncio, come pure una foto scattata a Bergoglio in preghiera sulla tomba di Ratzinger, invece nulla di tutto questo è stato nemmeno pensato». A Ruffini viene pressoché imputata la stessa cosa: la totale mancanza d’iniziativa volta a rilanciare l’immagine di Francesco in un momento di forte crisi del suo papato.

Tutte le nostre fonti ci hanno confidato, senza giri di parole, che «la grande popolarità mediatica degli inizi di questo pontificato è merito esclusivamente di Mons. Dario Viganò (da non confondersi con l’ultra conservatore Carlo Maria n.d.r.) che fu silurato nel 2018 da Prefetto del Dicastero per la Comunicazione per colpa di quella brutta storia legata alle “sbianchettature”, riferendosi al comunicato mezzo cancellato in cui Benedetto XVI aveva negato la prefazione dei c.d. “libretti” (copyright Ratzinger) attraverso i quali diversi studiosi, alcuni apertamente oppositori del Papa emerito, avevano voluto incensare la formazione teologica di Bergoglio e a suo tempo fatti appositamente pubblicare dalla Libreria Editrice Vaticana per porre fine all’annoso paragone con il predecessore proprio in campo dottrinale. «Dopo di lui (cioè di Viganò) il buio totale, non c’è più alcuna iniziativa proficua che soddisfi le attuali esigenze».

RICOLLOCAZIONE – Se quanto ci viene raccontato è vero, oltre alla tanto attesa ricollocazione di Mons. Gänswein, la cui proroga quinquennale come Prefetto della Casa pontificia approvata da Bergoglio nel 2017 è comunque già oltre la scadenza, nelle prossime settimane assisteremo ad una serie di cambiamenti in Vaticano (si attendono anche le nomine sia del nuovo Prefetto della Congregazione per i Vescovi che di quello per la Dottrina della Fede) da far girare la testa.

Benedetto, Francesco: davvero i vivi invidiano i morti?
Stilum Curiae, 17 gennaio 2023


Scrive Libero che Papa Francesco abbia trovato urticante l’enfasi posta dai media vaticani su Benedetto XVI il giorno del suo funerale, offuscando la sua stella, e stia pensando ad un bel rimpasto fra i manovali della comunicazione.

Nel tempo del transumano, bisogna cominciare a postulare il transpapale: un uomo che invidia il funerale altrui, magari arrivando a farsi un tè al curaro per godersi finalmente lo spettacolo del proprio, è roba da altissima letteratura umoristica inglese, un Dickens, un Jerome, un Woodehouse, un Waugh, un Chesterton. Sicuramente faccio torto a qualcuno non citandolo, ma si legge quel che si può.

Fisso con lei, caro Tosatti, alcuni elementi del plot per un racconto che, ne sono più che sicuro, si scriverà da solo, perché nessuno mi soffi l’idea. Dobbiamo tornare alla letteratura, possibilmente di buona qualità, abbandonando il culto dello spiffero etereo e della slabbrata comunicazione social, se vogliamo uscire da questo budello maleodorante. È la metafora dell’arte che introduce il sospetto, il dubbio delle cose eterne più nascoste nell’epoca della Rivelazione di tutto e il suo contrario (Apocalisse?), non la cronaca luminosa e sorridente di bianco vestita.

Venendo alle cose pratiche. Non so, e francamente poco mi cale, che fine faranno gli ottimi Ruffini, Bruni, Monda e Tornielli, professionisti ai quali si può insegnare poco del loro lavoro, e certo non verranno da me a prendere lezioni, che sono l’ultimo dei peones nella materia. Del resto, una minaccia di epurazione funziona meglio dell’epurazione stessa: se epuri, abbandoni il certo scabro per un incerto che è liscio solo nella tua testa. Se non epuri ma minacci soltanto di farlo, è l’azione drammatica in cui eserciti il vero potere. Papa Francesco è un indubbio cultore della disciplina.

Ma è anche, a ben vedere, il lato fragile, il fianco esposto della cancel culture che non trova argini nemmeno nella nostra Santa Madre Chiesa, ed è il motivo per cui qualsiasi impostura, anche la più aggressiva, alla fine miseramente incenerisce: perché non è vero potere. Ecco perché l’Onnipotente lascia fare, lascia bestemmiare, negare, rubare, uccidere, mentire: perché ogni cosa e ogni uomo invariabilmente a Lui torna, da Lui viene e per Lui passa attraverso vie a noi ignote.

Non si è mai vista in televisione (non ancora) una pubblicità su uno qualsiasi dei sacramenti, o per invitare la gente a partecipare alla processione del Corpus Domini: il sacro è ciò che è separato, lo dice la parola. E poi viene meno la ratio del do ut des che è la vera anima del commercio. Dio non vende: dona e offre. Mercanteggiare è prerogativa umana, e dunque anche papale.

Nel caso in esame e per vie burrascose si va definendo una distinzione a mio modo di vedere infetta fra “papa mediatico” e “papa reale”, così come si è tentata la strada nebbiosa fra il “Gesù storico” (tradizione, Vangeli, l’intero corpus dottrinale e magisteriale) e il “Gesù reale”, che invariabilmente prende posto fra i migranti sui canotti in preda ai marosi, si incarna nella tapioca, è “vivo e presente qui e ora”, mescolato a cose umane che più basse non si può, e tutto accetta, tutto redime ed emenda, tutto approva. Una barzelletta horror, che infatti fa molto ridere e molto spaventa.

Concludo: esattamente cosa invidia Papa Francesco del defunto Papa Benedetto? Il rito esequiale con la cassa di cipresso al centro, condito da un’omelia svogliata e minato dalla nebbia (a proposito di visibile: un tempo, presso i buzzurri primitivi, questi erano segni tangibili del divino che parla)? O c’è dell’altro che riguarda la vita e l’opera del defunto, requiescat inbello? L’oscuro presentimento che la gloria eterna maturi nel tempo e nel silenzio, mentre il fuoco della “visibilità” tutto divora e incenerisce?

Non posso sapere se l’uomo venuto dalla fine del mondo rifletta su queste cose. Posso pensare di no, altrimenti non perderebbe tempo a schiumare rabbia per un morto, invece di farsi un bicchiere alla sua salute. Il fatto è che grazie alla comunicazione immediata, trasparente e infestante, in cui il pettegolezzo è in fondo l’unica notizia genuina, non possiamo saperlo. Tutto è comunicazione, diceva Paul Watzlawick. Tutto è rumore.

Nell’interesse di Papa Francesco, del papato e della Chiesa di Cristo, il Papa dovrebbe comunicare meno. Molto, molto, molto meno, tornando nell’alveo del sacro. Ruffini & C., da professionisti della comunicazione, dovrebbero innanzitutto aiutarlo a non comunicare. La prima lezione aurea quando ti insegnano a sparare – parlo per esperienza personale – non è come farlo, ma come non farlo. Vale anche per la comunicazione.

Mastro Titta

Una contradizione (solo apparente)
Papa Francesco vuole proibire definitivamente il Vetus Ordo del rito romano latino?

Segue, preceduto da una riflessione di Aurelio Porfire, un articolo apparso su Summorum-Pontificum.de, in riferimento alle voci che Papa Francesco avrebbe intenzione di proibire definitivamente il Vetus Ordo del rito romano latino.

«Leggo su internet di un possibile documento con ulteriori restrizioni alla Messa detta di san Pio V. Non lo so se è vero, ma se lo è mi viene da dire: basta! Ma possibile che con tutti i guai che la Chiesa si dovrebbe preoccupare, sono ossessionati da quella minoranza di fedeli che sono attaccati alle forme liturgiche della tradizione? Ma non si dice che bisogna essere inclusivi ed accogliere tutti…ma vale per tutti ma non per loro? Possibile si producono documenti su documenti sulla Messa tridentina che dovrebbe riguardare lo 0,01% dei cattolici in cui si rispolvera l’autorità più restrittiva ma non si fanno documenti per condannare la devastazione liturgica che riguarda il 99,99% dei cattolici? Non so voi, ma io ho cominciato a spalancare gli occhi quando ho cominciato a riflettere su questa (solo apparente) contraddizione» (Aurelio Porfiri, 14 gennaio 2023).

Un botto sul tamburo o una diceria?
Summorum-Pontificum.de, 13 gennaio 2023
(Nostra traduzione italiana dal tedesco)

Il telegrafo della giungla romana, al quale siamo collegati tramite diverse stazioni, non sempre funziona in modo affidabile, motivo per cui di solito siamo un po’ riluttanti a pubblicare i messaggi ricevuti da esso. Non tutto vale la pena di essere condiviso: il fatto che Arthur Roche, il capo dell’autorità responsabile della liturgia, abbia reagito alla notizia della morte di Benedetto con le parole: “Ora possiamo finalmente firmare il documento!”, ci è sembrato nel migliore dei casi essere di interesse aneddotico.

Ora ci giungono notizie sulla forma e sul contenuto di questo documento – e fa scattare tutti i campanelli d’allarme. Poi si tratta di una nuova Costituzione apostolica, con la quale Francesco, estremamente insoddisfatto della lenta attuazione della Traditionis custodes [1], vuole finalmente porre fine alla Messa antica una volta per tutte. Francesco scelse la forma di una Costituzione apostolica per allinearsi alla corrispondente Costituzione Missale Romanum di Paolo VI [QUI] e sottolineare la parità del suo regolamento attuale con la legge del 1969.

Secondo le nostre informazioni, la costituzione prevista contiene 4 decreti principali:
– In nessuna chiesa (diocesana?) si può più celebrare la Messa antica.
– Nelle chiese (diocesane?) non sarà più consentito celebrare ogni domenica con il rito antico.
– L’uso dei libri del 1962 (con le modifiche ordinate da Francesco) è consentito solo per la celebrazione della Messa e non però per l’amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali.
– Ogni sacerdote è tenuto a celebrare anche (pubblicamente?) secondo il Messale di Paolo VI.

Questo per quanto riguarda lo stato delle nostre informazioni al 13 gennaio. Terremo d’occhio le cose e ascolteremo il telegrafo.

Riportando questo articolo nella traduzione francese, Christian Lassale ha commentato su Medias-Presse.info del 14 gennaio 2023 [QUI]: «Approfittando della morte di Benedetto XVI, Francesco vuole portare a termine la sua opera distruttiva – Affinché la “Grande Chiesa Sinodale e Apostata” possa trionfare, la Messa tradizionale deve essere distrutta. (…) Preghiamo che questa notizia non sia vera, anche se i nostri timori dovrebbero purtroppo essere confermati dalla follia distruttiva di chi non vuole più portare il titolo di “Vicario di Cristo” [2]».

[1] Traditionis custodes – Indice [QUI].
[2] Nella sua edizione 2020, l’Annuario Pontificio, pubblicato ogni anno dalla Segreteria di Stato con tutte le informazioni sulla gerarchia della Chiesa Cattolica Romana, fa cadere la designazione del Papa come “Vicario di Gesù Cristo”, relegato in una nota a piè di pagina come “titolo storico”. Abbiamo scritto della questione il 4 aprile 2020: “Vicario di Cristo” da primo e sostanziale titolo, rilegato “graficamente” a solo “titolo storico”. Cardinale Müller: “Una barbarie teologica”.

Postscriptum

«Papa Francesco ha detto che bisogna non attaccarsi al proprio ruolo. Non saprei chi avesse in mente quando parlava di questo. Alcuni immaginano parlasse di sé stesso. Io immagino parlasse del Vaticano in generale. Ho conosciuto pochi posti come il Vaticano dove le persone non le smuovi neanche a cannonate. Persone che dovrebbero essere in pensione da molti anni e che per la loro “fedeltà” (un eufemismo) vengono lasciati a pascolare all’ombra di Michelangelo. Forse, invece di dire queste cose all’Angelus, dovrebbe dirle ad una riunione del personale» (Aurelio Porfiri, 16 gennaio 2023).

Mi permetto di aggiungere una annotazione personale. Sono andato in pensione il 31 dicembre 2013, a 67 anni, avendo fatto due anni in più, su richieste dei superiori, per preparare un mio successore per quanto riguarda una parte delle mie responsabilità, in particolare le Visite Pastorali in Italia e i Viaggi Apostolici fuori dell’Italia. Avevo accettato l’invito, con l’inderogabile condizione, che non ci sarebbe stato un’ulteriore deroga al mio pensionamento. Precisamente, perché avevo osservato quanto espresso prima dal Maestro Aurelio Porfiri (V.v.B.).

Il cuore della Chiesa non è dove si organizza e si riforma: è dove si prega
«
Ma sì, siamo tra quelli che si ostinano a sospettare che le sorti del mondo si decidano, misteriosamente, ben più dove si prega che dove si governa, si comanda, si traffica, si studia; che – dunque – la storia la “facciano” le proverbiali vecchiette anonime che sgranano il rosario, ben più che i grandi della politica, dell’economia, della cultura nei loro palazzi, uffici, accademie. Del resto, se non fosse così, dove starebbe quello “scandalo”, dove quella “follia” che – secondo qualcuno che se ne intendeva, un certo Paolo – contrassegnano il Vangelo? Se non fosse così, quale sarebbe mai il paradosso cristiano? Dove sarebbe la sua insensatezza, agli occhi di coloro ai quali non è stata donata la vista “profonda della fede e ai quali è dovere dei credenti proporre – con umiltà e rispetto – la giusta prospettiva?» (Vittorio Messori, Ipotesi su Maria. Fatti, indizi, enigmi, Ares 2008).

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