Vaticano e Italia, un accordo per cooperare insieme contro il riciclaggio

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Vaticano e Italia firmano un accordo per migliorare la loro cooperazione in ambito finanziario per combattere l’antiriciclaggio. Lo scorso 26 luglio, l’Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede e Città del Vaticano ha firmato un protocollo di intessa con l’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia.

I protocolli di intesa – si legge nel comunicato della Sala Stampa della Santa Sede – sono “una prassi standard”. In questo modo si “formalizza la cooperazione e lo scambio di informazioni finanziarie tra autorità competenti dei Paesi coinvolti”.

Il protocollo – spiega ancora il comunicato –  “è stato redatto sulla base del modello predisposto dall’Egmont Group, l’organizzazione mondiale delle Unità di Informazione Finanziaria nazionali e contiene clausole di reciprocità, riservatezza e sugli utilizzi consentiti delle informazioni”.

La Santa Sede è membro del Gruppo Egmont dallo scorso luglio.  I principi di cooperazione definiti dal gruppo Egmont sono: confidenzialità, reciprocità, velocità, sicurezza, informalità.

Si tratta, dunque, di un rapporto basato sullo scambio informale di informazioni di intelligence, per migliorare la cooperazione tra i Paesi nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.

L’accordo si inserisce così all’interno di una precisa agenda internazionale della Santa Sede, in cui il rapporto con l’Italia è solo uno dei rapporti che la Santa Sede intrattiene con gli Stati.

Il primo banco di prova del funzionamento di questo protocollo potrebbe essere il caso di Nunzio Scarano, l’impiegato sospeso dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa) che è ora agli arresti nel carcere di Regina Coeli. Scarano lavorava presso l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, una sorta di “banca centrale del vaticano”. Il prelato è agli arresti con l’accusa di aver progettato di portare 20 milioni di euro appartenenti alla famiglia D’Amico in contanti in Italia dalla Svizzera a bordo di un aereo governativo. Ma monsignor Scarano è sotto inchiesta per un’altra sospetta operazione di riciclaggio: nel 2009, aveva prelevato 560 mila euro dal suo conto nello IOR (la cosiddetta “banca vaticana”) e li aveva usati per pagare un’ipoteca sulla sua casa di Salerno.

Sul caso Scarano, le autorità vaticane stanno già indagando e procedendo in base alla normativa vaticana, e hanno già provveduto al congelamento dei fondi di Scarano, come comunicato lo scorso 9 luglio. Ma non si deve solo considerare se le autorità vaticane forniranno informazioni utili alle autorità italiane. Si dovrà anche verificare se l’Unità di Informazione Finanziaria italiana fornirà informazioni utili alle autorità vaticane per lo sviluppo delle loro indagini.

L’Autorità di Informazione Finanziaria vaticana era pronta alla firma del protocollo di intesa con la sua omologa italiana da tempo. Sulla base dei principi del Gruppo Egmont – in cui la Santa Sede è entrata nello scorso luglio – la Santa Sede ha già sottoscritto accordi con le autorità omologhe di Belgio, Spagna, Slovenia e Paesi Bassi, e Stati Uniti. Quest’ultimo accordo, siglato lo scorso 7 maggio, è di certo il più rilevante, se si considera il fatto che una classifica del Dipartimento di Stato USA del maggio 2012 definiva il Vaticano come uno Stato poco affidabile per quanto riguarda la trasparenza finanziaria.

René Bruelhart, direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria, afferma che “la Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano prendono molto seriamente le responsabilità internazionali in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e l’Italia rappresenta per noi una controparte particolarmente importante in questo senso. Ci auguriamo di continuare a svolgere il nostro lavoro con le Autorità italiane in maniera costruttiva e fruttuosa. La firma di questo Protocollo d’intesa rappresenta il chiaro impegno a rafforzare il nostro rapporto bilaterale, facilitando gli sforzi comuni e la lotta al riciclaggio”.

Il protocollo potrebbe andare a “normalizzare” i rapporti tra Italia e Santa Sede per quanto riguarda i temi finanziari. Nonostante il sistema della Santa Sede abbia incassato lo scorso luglio una valutazione generalmente positiva da MONEYVAL (il comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza agli standard internazionali degli Stati membri), sono state sollevate spesso critiche da parte italiana sul problema della trasparenza delle operazioni bancarie vaticane.

Il protocollo di intesa firmato il 26 luglio non va però considerato come un accordo bilaterale teso a “sistemare” i rapporti tra Italia e Santa Sede. Piuttosto, la firma del protocollo va inserito all’interno di una precisa agenda internazionale della Santa Sede. Accettando di sottomettersi alla valutazione di MONEYVAL, la Santa Sede ha puntato piuttosto a rafforzare il suo ruolo nel concerto delle nazioni e inserirsi all’interno di un rapporto multilaterale basato sulla terzietà degli standard internazionali. Non si punta, dunque, ad un rapporto privilegiato con questa o con quella nazione, quanto piuttosto ad un rapporto “terzo” basato su regole comuni.

E forse presto si potrà parlare di “modello vaticano” per quanto riguarda la trasparenza finanziaria. Come trapelato da più parti, la Santa Sede starebbe per riformare ulteriormente la legge anti-riciclaggio, rafforzando la struttura di controllo e aderendo così con completezza agli standard internazionali, pur mantenendo tutte le sue peculiarità. Peculiarità che gli permettono di portare avanti la sua missione.

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