Il Vescovo Schneider: l’autorità e l’obbedienza sono definite dai loro limiti. Perché disobbedire può essere un dovere

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.10.2022 – Vik van Brantegem] – Sulla obbedienza e la disobbedienza siamo intervenuti già più volte in modo approfondito [1]. Di seguito riportiamo sulla questione una dichiarazione del Vescovo Athanasius Schneider (foto di copertina) pubblicata da Life Site News, in cui riflette sulla natura e sui limiti dell’obbedienza al Papa e ai vescovi, preceduta dall’introduzione di Maike Hickson. Scrive Mons. Schneider: “L’autorità è definita dai suoi limiti e anche l’obbedienza è definita dai suoi limiti. La consapevolezza di questi limiti porta alla perfezione nell’esercizio dell’autorità e alla perfezione nell’esercizio dell’obbedienza”.

Questo principio mi ha fatto ricordare un aneddoto del Grande Giubileo dell’Anno 2000, quando un funzionario fu intimato da un superiore pro tempore, di procedere in violazione di un ordine superiore ricevuto in precedenza da colui che ne aveva l’autorità, in ferie. Al suo rifiuto, dicendo che non poteva disobbedire all’ordine ricevuto, che era giusto ed equo, il superiore pro tempore gli intimò: “Sono io che comando adesso. So come comandare”. Il funzionario rispose: “E io obbedisco. So come obbedire”. Obbediva disobbedendo, rispettando l’ordine ricevuto e rimase al suo posto.

Mons. Athanasius Schneider è nato il 7 aprile 1961 a Tokmok in Kirghizistan. Nel 1982 è entrato nell’ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce [2] a Sankt Petersberg, a 40 km da Innsbruck, in Austria. Il 25 marzo 1990 è ordinato presbitero. Nel 1997 consegue il Dottorato in Teologia patristica. Da Papa Benedetto XVI l’8 aprile 2006 è eletto Vescovo ausiliare della Diocesi di Karaganda, Kazakhistan e il 5 febbraio 2011 Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Maria Santissima in Astana, Kazakhistan. È uno dei maggiori difensori della tradizione Cattolica e del rito romano usus antiquior. Parla tedesco, russo, italiano, inglese, portoghese, francese, greco e latino.

Il Vescovo Schneider: il Papa ha “piena autorità” ma non può “indebolire l’integrità della fede cattolica”
di Maike Hickson
Life Site News, 24 ottobre 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il Vescovo Athanasius Schneider ha gentilmente fornito a Life Site un’analisi (vedi testo completo di seguito) in cui discute la natura, e i limiti, dell’obbedienza al Papa. Citando San Tommaso d’Aquino e altre fonti, spiega che ogni autorità e ogni obbedienza hanno dei limiti.

“L’obbedienza”, dice, “non è cieca o incondizionata, ma ha dei limiti. Dove c’è peccato, mortale o meno, non abbiamo semplicemente il diritto, ma il dovere di disobbedire”.

Il Papa, essendo il Vicario di Cristo, è tenuto a servire la verità Cattolica e a non alterarla. Perciò “si deve certamente obbedire al Papa quando propone infallibilmente la verità di Cristo, quando parla ex cathedra, cosa molto rara. Dobbiamo obbedire al Papa quando ci ordina di obbedire alle leggi e ai comandamenti di Dio, [e] quando prende decisioni amministrative e giurisdizionali (nomine, indulgenze, ecc.)”.

Tuttavia, spiega il vescovo kazako, se “un Papa crea confusione e ambiguità riguardante l’integrità della fede Cattolica e della sacra Liturgia, allora non gli si deve obbedire, e si deve obbedire alla Chiesa di tutti i tempi e ai Papi che, nel corso di due millenni, hanno insegnato costantemente e chiaramente tutte le verità Cattoliche nello stesso senso”.

In tempi di crisi, duranti i quali i leader della Chiesa non adempiono ai loro doveri di pastori che conducono il gregge a Cristo, altri membri del Corpo mistico di Cristo sono chiamati ad aiutare e a difendere la fede.

Dichiara il vescovo: “Quando coloro che hanno autorità nella Chiesa (Papa, vescovi), come è il caso nel nostro tempo, non adempiono fedelmente al loro dovere di custodire e difendere l’integrità e la chiarezza della fede Cattolica e della liturgia, Dio chiama i subordinati, spesso i piccoli e i semplici della Chiesa, a compensare le mancanze dei superiori, mediante appelli, proposte di correzione e, con grande forza, mediante sacrifici vicari e preghiere”.

Con molta chiarezza e carità, Mons. Schneider dà così a tutti i Cattolici delle linee guida per una corretta risposta agli insegnamenti e gesti errati che escono da Roma in questi giorni, come la nomina di pro-abortisti alla Pontificia Accademia per la Vita [QUI e QUI] e l’aperta promozione della agenda LGBT da parte di officiali [QUI] https://www.korazym.org/80803/hollerich-lapproccio-alla-famiglia-in-linea-con-lideologia-gender-in-completo-ed-esplicito-contrasto-con-il-magistero-cattolico/.
Il Cardinale Gerhard Müller, Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, recentemente ha chiarito anche che i prelati che promuovono tali insegnamenti errati non devono essere obbediti. Affermò [QUI] https://www.kath.net/news/79808: “Non devi obbedire a un vescovo palesemente eretico solo per ragioni di formalità, altrimenti l’obbedienza religiosa sarebbe un’obbedienza cieca che contraddice non solo la ragione ma anche la fede. Il diritto di resistere è, ovviamente, strettamente correlato alle verità rivelate”. Questa affermazione ovviamente potrebbe applicarsi anche al Papa che egli stesso non è al di sopra della legge di Dio e non ha “potere illimitato”, contrariamente a quanto sembra aver suggerito uno stretto collaboratore di Papa Francesco nella recente riunione del Collegio cardinalizio a Roma [QUI] https://www.korazym.org/78442/una-chiesa-iper-papalista-e-una-caricatura-non-silenzio-imposto-ma-aperitio-oris-auspicato-un-dialogo-fraterno-con-i-cardinali-del-papa-per/. Intanto, il cardinale tedesco ha definito il Sinodo sulla sinodalità “l’acquisizione ostile della Chiesa” [QUI] https://www.lifesitenews.com/news/cardinal-mueller-says-pope-francis-synod-is-a-hostile-takeover-of-the-church-in-explosive-interview/?utm_source=digest-catholic-2022-10-10&utm_medium=email.
Alla luce di questa crisi della Chiesa, la disobbedienza potrebbe diventare anche un dovere, ricordando la regola secondo qui bisogna obbedire a Dio più che agli uomini. Scrive il Vescovo Schneider:
“All’autorità di un Papa o di un vescovo che eccede i limiti della legge divina dell’integrità e della chiarezza della fede Cattolica, si deve opporre una ferma resistenza, che può diventare pubblica. Questo è l’eroismo del nostro tempo, la via più grave della santità oggi. Diventare santi significa fare la volontà di Dio; fare la volontà di Dio significa obbedire sempre alla sua legge, in particolare quando ciò è difficile o quando ciò ci pone in conflitto con uomini che, pur essendo legittimi rappresentanti della sua autorità sulla terra (Papa, vescovo), purtroppo stanno diffondendo errori o indebolendo l’integrità e la chiarezza della fede Cattolica”.
Siamo profondamente grati a Sua Eccellenza per la sua chiarezza di insegnamento e per il suo incoraggiamento a quei Cattolici che sono costernati per lo smantellamento della fede Cattolica di tutte tempi davanti ai nostri occhi, ma che non desiderano fare nulla che possa dispiacere a Nostro Signore.

La dichiarazione del Vescovo Athanasius Schneider
Il corretto significato dell’obbedienza al Papa

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

La Santa Chiesa è prima e più profondamente un’istituzione divina, ed è un mistero nel suo significato soprannaturale. In secondo luogo, ha anche la realtà umana e visibile, i membri visibili e la gerarchia (Papa, vescovo, sacerdote).

Quando la Madre Chiesa sta attraversando una delle crisi più profonde della sua storia, come nel nostro tempo, dove la crisi tocca tutti i livelli della vita della Chiesa in una misura spaventosa, la Divina Provvidenza ci chiama ad amare la nostra Madre Chiesa, che è umiliata e derisa non in primo luogo dai suoi nemici, ma dall’interno dai suoi pastori. Siamo chiamati ad aiutare la nostra Madre Chiesa, ciascuno di noi al suo posto, ad aiutarla ad un vero rinnovamento attraverso la nostra stessa fedeltà all’immutabile integrità della fede cattolica, attraverso la nostra fedeltà alla costante bellezza e sacralità della sua liturgia, la liturgia di tutti i tempi, attraverso la nostra intensa vita spirituale in unione con Cristo, e attraverso atti di amore e di carità.

Il mistero della Chiesa è più grande di soltanto il Papa o il vescovo. A volte Papi e vescovi hanno fatto del male alla Chiesa, ma allo stesso tempo Dio si è servito di altri strumenti, spesso semplici fedeli, semplici sacerdoti, o pochi vescovi, per restaurare la santità della fede e della vita nella Chiesa.

Essere fedeli alla Chiesa non significa obbedire interiormente a tutte le parole e agli atti di un Papa o un vescovo, poiché il Papa o un vescovo non sono identici a tutta la Chiesa. E se un Papa o un vescovo sostiene una via che lede l’integrità della fede e della liturgia, allora non si è in alcun modo obbligato a seguirlo interiormente, perché dobbiamo seguire la Fede e le norme della Chiesa di tutti i tempi, degli apostoli e dei santi.

La Chiesa Cattolica è l’unica Chiesa che Cristo ha fondato, ed è volontà espressa di Dio che tutti gli uomini diventino membri della Sua unica Chiesa, membri del Corpo mistico di Cristo. La Chiesa non è proprietà privata di un Papa; anzi, è solo il vicario, il servitore, di Cristo. Pertanto, non si può far dipendere il divenire cattolici a pieno dal comportamento di un Papa particolare. Si deve certamente obbedire al Papa quando propone infallibilmente la verità di Cristo, quando parla ex cathedra, cosa molto rara. Dobbiamo obbedire al Papa quando ci ordina di obbedire alle leggi e ai comandamenti di Dio, [e] quando prende decisioni amministrative e giurisdizionali (nomine, indulgenze, ecc.). Se però un Papa crea confusione e ambiguità circa l’integrità della fede Cattolica e della sacra liturgia, allora non gli si deve obbedire, e si deve obbedire alla Chiesa di tutti i tempi e ai Papi che, nel corso di due millenni, hanno insegnato costantemente e chiaramente tutte le verità Cattoliche nello stesso senso. E queste verità Cattoliche le troviamo espresse nel Catechismo. Si deve obbedire al Catechismo e alla liturgia di tutti i tempi, che i santi ei nostri antenati hanno seguito.

Insieme ad altre riflessioni, nelle righe seguenti viene presentata una breve sintesi del magistrale intervento del Prof. Roberto de Mattei, “Obbedienza e resistenza nella storia e nella dottrina della Chiesa”, tenuto al Roma Life Forum, 18 maggio 2018 [QUI].

È falsa obbedienza quando una persona divinizza uomini che rappresentano l’autorità nella Chiesa (Papa o vescovo), quando questa persona accetta ordini e acconsente alle affermazioni dei suoi superiori, che evidentemente ledono e indeboliscono la chiarezza e l’integrità della fede Cattolica.

L’obbedienza ha un fondamento, uno scopo, delle condizioni e dei limiti. Solo Dio non ha limiti: è immenso, infinito, eterno. Ogni creatura è limitata e quel limite definisce la sua essenza. Pertanto, sulla terra non esiste né autorità illimitata, né obbedienza illimitata. L’autorità è definita dai suoi limiti e anche l’obbedienza è definita dai suoi limiti. La consapevolezza di questi limiti porta alla perfezione nell’esercizio dell’autorità e alla perfezione nell’esercizio dell’obbedienza. Il limite insuperabile dell’autorità è il rispetto della legge divina dell’integrità e della chiarezza della fede Cattolica, e il rispetto di questa legge divina dell’integrità e della chiarezza della fede Cattolica è anche il limite insuperabile dell’obbedienza.

San Tommaso pone il quesito: “I sudditi sono tenuti a obbedire ai loro superiori in tutte le cose?” (Summa theologica, II-IIae, q. 104, a. 5); la sua risposta è negativa. Come spiega, le ragioni per cui un suddito non può essere obbligato a obbedire in ogni cosa al suo superiore sono duplici. Primo: per ordine di un’autorità superiore, dato che la gerarchia delle autorità deve essere rispettata. Secondo: se un superiore comanda a un suddito di fare cose illecite, ad esempio quando i figli non sono tenuti a obbedire ai genitori in materia di contrarre matrimonio, preservando la verginità o simili questioni. Conclude San Tommaso: “L’uomo è soggetto a Dio in modo assoluto, e in tutte le cose, interne ed esterne: è quindi tenuto a obbedire a Dio in tutte le cose. Tuttavia, i sudditi non sono tenuti a obbedire ai loro superiori in tutte le cose, ma solo in alcune cose. (…) Quindi si possono distinguere tre tipi di obbedienza: la prima, sufficiente per la salvezza, obbedisce solo nelle cose obbligatorie; il secondo, essendo perfetto, obbedisce in tutte le cose lecite; il terzo, essendo disordinato, obbedisce anche nelle cose illecite” (Summa theologica, II-IIae, q. 104, a. 3).

L’obbedienza non è cieca o incondizionata, ma ha dei limiti. Dove c’è peccato, mortale o meno, non abbiamo semplicemente il diritto, ma il dovere di disobbedire. Ciò vale anche nelle circostanze in cui è comandato di fare qualcosa di dannoso per l’integrità della fede Cattolica o la sacralità della liturgia. La storia ha dimostrato che un vescovo, una conferenza episcopale, un Concilio, [e] anche un Papa hanno pronunciato errori nel loro magistero non infallibile. Cosa dovrebbero fare, in tali circostanze, i fedeli? Nelle sue diverse opere, San Tommaso d’Aquino insegna che, dove la fede è a rischio, è lecito, anzi appropriato, resistere pubblicamente a una decisione papale, come fece San Paolo a San Pietro, il primo Papa. Infatti “San Paolo, che era soggetto a San Pietro, lo rimproverò pubblicamente per un imminente rischio di scandalo in materia di fede. E Sant’Agostino commentava: ‘Anche San Pietro diede l’esempio perché coloro che governavano, ma talora si allontanavano dalla retta via, non rifiutassero come impropria una correzione, anche se originata dai loro sudditi’ (Galati 2, 14)” (Summa theologica, II-II, q. 33, a. 4, ad 2).

La resistenza di San Paolo si manifestò come una correzione pubblica di San Pietro, il primo Papa. San Tommaso dedica un intero quesito alla correzione fraterna nella Summa. La correzione fraterna può essere diretta anche dai sudditi ai loro superiori, e dai laici contro i prelati. “Poiché però un atto virtuoso ha bisogno di essere moderato dalle debite circostanze, ne consegue che quando un suddito corregge il suo superiore, lo deve fare in modo conveniente, non con impudenza e durezza, ma con mansuetudine e rispetto” (Summa theologica, II-II, q. 33, a. 4, ad 3). Se c’è un pericolo per la fede, i sudditi sono tenuti a rimproverare i loro prelati, compreso il Papa, anche pubblicamente: “Perciò, a causa del rischio di scandalo nella fede, Paolo, che era infatti soggetto a Pietro, lo rimproverò pubblicamente” (ibidem).

La persona e l’ufficio del Papa ha il suo significato nell’essere solo il Vicario di Cristo, uno strumento e non un fine, e come tale, deve essere usato questo significato, se non si vuole capovolgere il rapporto tra i mezzi e il fine. È importante sottolinearlo in un momento in cui, soprattutto tra i Cattolici più devoti, c’è molta confusione al riguardo. E anche, l’obbedienza al Papa o al vescovo è uno strumento, non un fine.

Il Romano Pontefice ha piena e immediata autorità su tutti i fedeli, e non c’è autorità sulla terra a lui superiore, ma non può, né con errate affermazioni né con ambigue, modificare e indebolire l’integrità della fede Cattolica, la costituzione divina della Chiesa, o la tradizione costante della sacralità e del carattere sacrificale della liturgia della Santa Messa. Se ciò accade, vi è la legittima possibilità e dovere dei vescovi e anche dei fedeli laici non solo di presentare appelli privati e pubblici e proposte di correzioni dottrinali, ma anche di agire in “disobbedienza” di un ordine pontificio che cambia o indebolisce l’integrità della fede, della costituzione divina della Chiesa e della liturgia. Si tratta di una circostanza molto rara, ma possibile, che non viola, ma conferma, la regola della devozione e dell’obbedienza al Papa, chiamato a confermare la fede dei suoi fratelli. Tali preghiere, appelli, proposte di correzioni dottrinali e una cosiddetta “disobbedienza” sono, al contrario, un’espressione di amore per il Sommo Pontefice per aiutarlo a convertirsi dal suo comportamento pericoloso di trascurare il suo dovere primario di confermare tutta la Chiesa in modo inequivocabile e vigoroso nella fede.

Bisogna anche ricordare quanto insegnava il Concilio Vaticano I: “Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede” (Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica Pastor aeternus, Capitolo 4).

Da qualche secolo nella vita della Chiesa prevale un positivismo giuridico, unito a una specie di papolatria. Tale atteggiamento tende a ridurre gli ordini esteriori del superiore e la legge a mero strumento nelle mani di coloro che detengono il potere, dimenticando il fondamento metafisico e morale della legge stessa. Da questo punto di vista legalistico, che ormai permea la Chiesa, ciò che l’autorità promulga è sempre giusto.

I trattati spirituali tradizionali ci insegnano come obbedire alla Chiesa e al Papa, o al vescovo. Tuttavia, si riferiscono ai tempi della normalità, quando il Papa e i vescovi difendevano e proteggevano valorosamente e senza ambiguità l’integrità della fede e della liturgia. Viviamo ora, ovviamente, nel tempo eccezionale di una crisi globale della fede a tutti i livelli della Chiesa. Un fedele Cattolico deve riconoscere l’autorità suprema del Papa e il suo governo universale. Sappiamo però che, nell’esercizio della sua autorità, il Papa può commettere abusi di autorità a danno evidente della fede Cattolica e della sacralità della liturgia della Santa Messa, come purtroppo è avvenuto nella storia. Vogliamo obbedire al Papa: a tutti i Papi, compreso l’attuale Papa, ma se, nell’insegnamento di qualche Papa, troviamo una contraddizione evidente, la nostra regola di giudizio segue la tradizione bimillenaria della Chiesa, cioè l’insegnamento costante dei Papi nel corso di millenni e secoli.

Secondo Padre Enrico Zoffoli, i mali peggiori della Chiesa non derivano dalla malizia del mondo, dall’ingerenza o dalla persecuzione dei laici da parte di altre religioni, ma soprattutto dagli elementi umani che compongono il Corpo Mistico: i laici e il clero. “È la disarmonia prodotta dall’insubordinazione del laicato all’opera del Clero, e del Clero al volere di Cristo” (Potere e obbedienza nella Chiesa, Milano 1996, p. 67).

All’autorità di un Papa o di un vescovo che eccede i limiti della legge divina dell’integrità e della chiarezza della fede Cattolica, si deve opporre una ferma resistenza, che può diventare pubblica. Questo è l’eroismo del nostro tempo, la via più grave della santità oggi. Diventare santi significa fare la volontà di Dio; fare la volontà di Dio significa obbedire sempre alla sua legge, in particolare quando ciò è difficile o quando ciò ci pone in conflitto con uomini che, pur essendo legittimi rappresentanti della sua autorità sulla terra (Papa, vescovo), purtroppo stanno diffondendo errori o indebolendo l’integrità e la chiarezza della fede Cattolica.

Tali momenti sono molto rari nella storia della Chiesa, eppure sono accaduti, come è evidente agli occhi di tutti, anche nel nostro tempo.

Molti, nel corso della storia, hanno manifestato comportamenti eroici, resistendo alle leggi ingiuste dell’autorità politica. Ancora maggiore è l’eroismo di coloro che hanno resistito all’imposizione da parte dell’autorità ecclesiastica di dottrine che divergono dalla costante Tradizione della Fede e dalla Liturgia della Chiesa. La resistenza filiale, devota, rispettosa non porta all’allontanamento dalla Chiesa, ma moltiplica l’amore per la Chiesa, per Dio, per la sua Verità, perché Dio è fondamento di ogni autorità e di ogni atto di obbedienza.

Mossi dall’amore per il ministero papale, l’onore della Sede Apostolica e la persona del Romano Pontefice alcuni santi, ad esempio Santa Brigida di Svezia e Santa Caterina da Siena, non esitarono ad ammonire i Papi, a volte anche in termini un po’ forti, come possiamo vedere Santa Brigida riportando le seguenti parole del Signore, rivolte a Papa Gregorio XI: “Inizia a riformare la Chiesa che ho acquistato con il mio stesso sangue affinché possa essere riformata e ricondotta spiritualmente al suo stato originario di santità. Se non obbedisci a questa mia volontà, allora puoi essere certo che sarai da me condannato davanti a tutta la mia corte celeste con lo stesso tipo di sentenza e di giustizia spirituale con cui si condanna e punisce un prelato mondano che deve essere spogliato del suo rango. Viene pubblicamente spogliato del suo sacro abito pontificio, sconfitto e maledetto. Questo è quello che ti farò. Ti manderò lontano dalla gloria del cielo. Tuttavia, Gregorio, figlio mio, ti esorto ancora a convertirti a me con umiltà. Ascolta il mio consiglio” (Rivelazioni 4, 142).

Santa Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, rivolse al Papa Gregorio XI il seguente brusco monito, chiedendogli di riformare vigorosamente la Chiesa o, se non lo avesse fatto, di rinunciare al pontificato: «Santissimo e dolcissimo padre, la tua povera indegna figlia Caterina in Cristo dolce Gesù, si raccomanda a te nel suo Preziosissimo Sangue. La verità divina esige che tu esegua giustizia sull’abbondanza di molte iniquità commesse da coloro che sono nutriti e pascolati nel giardino della Santa Chiesa. Poiché Egli ti ha dato autorità e tu l’hai assunta, dovresti usare la tua virtù e potenza; e se non sei disposto ad usarlo, sarebbe meglio che rinunci a ciò che hai assunto; sarebbe più onore a Dio e salute alla tua anima”.

Quando coloro che hanno autorità nella Chiesa (Papa, vescovi), come è il caso nel nostro tempo, non adempiono fedelmente al loro dovere di custodire e difendere l’integrità e la chiarezza della fede Cattolica e della liturgia, Dio chiama i subordinati, spesso i piccoli e i semplici della Chiesa, a compensare le mancanze dei superiori, mediante appelli, proposte di correzione e, con grande forza, mediante sacrifici vicari e preghiere.

Durante la profonda crisi della Chiesa nel XV secolo, dove l’alto clero spesso dava cattivo esempio e veniva gravemente meno ai propri doveri pastorali, Nicholas Cardinale di Cusa (1401-1464) fu profondamente commosso da un sogno in cui gli veniva mostrata quella realtà spirituale del potere dell’offerta di sé, della preghiera e del sacrificio vicario. Vide in sogno la seguente scena: Più di mille suore stavano pregando nella chiesetta. Non erano in ginocchio ma in piedi. Stavano a braccia aperte, i palmi rivolti verso l’alto in un gesto di offerta. Nelle mani di una suora magra, giovane, quasi infantile, Nicola vide il Papa. Si poteva vedere quanto fosse pesante questo carico per lei, ma il suo viso irradiava un bagliore gioioso. Questo atteggiamento dovremmo emulare.

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[2] I membri dell’ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce, sorto nel 1131 a Coimbra, si dedicano alla venerazione della Santa Croce e degli Angeli, al culto liturgico solenne e alla cura delle anime, particolarmente dei sacerdoti. Nell’ordine dei Canonici di Coimbra, la Santa Messa si celebra secondo il Novus Ordo, però versus Deum e dando la Comunione nel modo tradizionale, in bocca ai fedeli inginocchiati.

Il nuovo movimento liturgico voluto da Papa Benedetto XVI
Intervista a Mons. Athanasius Schneider pubblicata sul sito di Paix Liturgique in tre parti
(Quanto segue è estratto dalla prima parte del 14 settembre 2010)

Nel Motu proprio Summorum Pontificum, Benedetto XVI ha formulato un invito all’arricchimento reciproco delle due forme dell’unico rito romano: per Lei, che celebra senza difficoltà nella forma straordinaria, quali sono gli aspetti nei quali quest’arricchimento mutuo potrebbe manifestarsi con maggior frutto?

SCHNEIDER: Dobbiamo prendere sul serio il Papa. Non possiamo continuare a fare come se Lui non avesse detto questa frase. Anzi, come se non l’avesse scritta. Ovviamente, anche senza cambiare i messali, c’è modo di avvicinare le due forme.
La prima cosa potrebbe essere quella di celebrare versus Deum a partire dall’Offertorio, così com’è previsto dalle rubriche del Novus Ordo. L’Ordo Missae di Paolo VI indica chiaramente che per due volte il celebrante si deve rivolgere verso il popolo. Una volta al momento dell’”Orate fratres” e poi quando il sacerdote dice “Ecce Agnus Dei” per la Comunione dei fedeli. Che cosa significa questo se non che il sacerdote dovrebbe essere rivolto all’altare durante l’Offertorio e il Canone? Nel settembre 2000, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pubblicato una risposta relativa ad un “quaesitum” sull’orientamento del sacerdote durante la Messa. Spiegando che “che la posizione versus populum sembra la più conveniente nella misura in cui rende più facile la comunicazione”, ricordava che “sarebbe un grave errore supporre che l’azione sacrificale sia orientata principalmente alla comunità. Se il prete celebra versus populum, cosa legittima e spesso consigliata, il suo atteggiamento spirituale deve sempre essere rivolto versus Deum per Iesum Christum, in rappresentanza dell’intera Chiesa”.
Mi pare che oggi questa risposta, che consiglia la celebrazione verso il popolo, potrebbe venire adattata alla nuova realtà creata del Motu proprio Summorum Pontificum con la raccomandazione di celebrare ad orientem a partire dall’Offertorio.
In merito alla Comunione, poi, la Santa Sede potrebbe pubblicare un’altra raccomandazione universale per ricordare ciò che viene previsto dall’Ordinamento generale del Messale romano nel suo articolo 160: “I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza Episcopale. Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse norme”. Si nota che la prima forma di Comunione menzionata dal testo ufficiale della Chiesa commentando il Novus Ordo è quella in ginocchio…

Foto di copertina: il Vescovo Athanasius Schneider (Foto di Michael Hogan/Life Site News).

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