Bergoglio ha messo a nudo la totale rottura della sua comunicazione
Qualcuno preparava già il Conclave, durante il ricovero in ospedale di Papa Francesco? E voleva la sua morte? Nell’incontro con i gesuiti, che si è svolto domenica 12 settembre 2021, durante il suo Viaggio Apostolico in Slovacchia, di cui Civiltà Cattolica il 21 settembre 2021 ha riportato i contenuti, il castigatore del pettegolezzo e delle chiacchiere ha dichiarato: “Alcuni mi volevano morto. Ci sono stati incontri tra prelati per il conclave”. Vergognoso è dire poco, fare dichiarazioni qualunquiste del genere. “Alcuni”, “incontri tra prelati”? Nessuno ha chiesto al Vicario di Cristo chi, come, dove? Chiedo per un amico. Il Corpo della Gendarmeria dello Stato del Vaticano non ha effettuato arresti? I Promotori di giustizia vaticani non hanno aperto un fascicolo e non hanno raccolto nomi e cognomi con tutte le informazioni – e prove – del caso?
Io nun capisco a vote, che succede
E chello ca se vede
Nun se crede! nun se crede!
(Renato Carosone, Tammurriata nera).
Nella sostanza, riteniamo queste esternazioni del Papa regnante incommentabili. Ci sovviene solo un quesito. L’interrogativo stesso, rende bene l’idea della situazione surreale, nella quale il Popolo di Dio si trova. Ci chiediamo se sia più grave che “alcuni” prelati volevano morto il Papa, o lo stesso Papa Francesco che, condivide con il mondo intero, queste sue convinzioni macabre. Un fatto é certo. Il limite della decenza é stato oltrepassato da un pezzo.
L’Uomo giusto dovrebbe guardare al martirio come ad una via per la Santità. Santità che passa per il sacrificio personale di ogni cristiano, di ogni cattolico. Nel silenzio lontano dai proclami pubblici. Il Signore ha detto che saremmo stati perseguitati a causa della nostra fede in Lui. Ci ha detto che, per seguire la sua parola, avremmo pagato il prezzo più alto. La nostra stessa vita. Milioni di cristiani nel mondo ricevono minacce di morte e vengono uccisi davvero. Su Civiltà Cattolica non troviamo le loro interviste in esclusiva. Nemmeno il loro necrologio post martirio.
Non sorprende, che al mio post al riguardo sul mio diario Facebook del 21 settembre 2021 [QUI] è seguito un vivace scambio di commenti, mentre, nel contempo, a margine del meeting del Partito Popolare Europeo (PPE) che si svolge a Roma (il 21 settembre 2021 ha dedicato uno spazio dei suoi lavori all’ascolto della Chiesa Cattolica Romana), il Cardinal Segretario di Stato Pietro Parolin ha commentato con i giornalisti le esternazioni del Papa nel colloquio con i gesuiti slovacchi: «Probabilmente il Papa ha informazioni che io non ho. Sinceramente non avevo avvertito che ci fosse questo clima e poi penso, forse non avendo elementi alla mano, che si tratta di una cosa di pochi, di qualcuno, che magari si è messo in testa queste cose. Il Papa probabilmente fa queste affermazioni perché ha conoscenze e ha dati che a me non sono pervenuti» (Il Sole 24 Ore, 22 settembre 2021). «Una sostanziale e saggia presa di distanza dallo stile peronista di un Papa che promuove se stesso infangando chi lavora per lui» (Antonio Caragliu).
Un amico mi ha scritto al riguardo: «Alla luce di tutto ciò mi sorge spontanea una domanda, un Pontefice Regnante a capo per altro di uno Stato (Vaticano) non dovrebbe moderare e ponderare con maggiore attenzione le proprie esternazioni? Se le esternazioni del Romano Pontefice sono vere, ci si aspetta che oltre al suo ruolo di guida spirituale e considerato il suo status di Capo di Stato, vengano messe in atto tutti quegli strumenti necessari al fine di fare chiarezza su quanto affermato da Papa Francesco. Confido che venga fatta piena luce e che la questione, come molte altre, non finiscano inesorabilmente sotto lo zerbino. Credo che sia un atto dovuto nei confronti di oltre un miliardo di fedeli che leggendo queste parole sono rimasti esterrefatti».
Faceva ecco un altro amico: «Mi viene da dire parafrasando Andy Warhol – cosa si farebbe per 15 minuti di gloria. Indubbiamente, un Pontefice Regnante che è anche al contempo a Capo di uno Stato seppur piccolo sempre Stato è… dovrebbe prima di fare esternazioni di questa portata pesare attentamente ogni singola parola. Le affermazioni di Papa Francesco sono estremamente forti e di una gravità estrema. Bene ha fatto il Cardinale Parolin a dire la sua. Credo che sia la prima volta in duemila anni di Storia che un Pontefice Regnante faccia esternazioni di questo tipo».
Intanto, i pennivendoli non temendo rendersi ridicoli, prendono per oro collato le sconcertanti esternazioni di pettegolezzi del Papa regnante, e titolano: «LO SCONTRO IMPARI. Il papa che accusa i cospiratori ha già schierato le truppe per neutralizzarli” (Domani, 22 settembre 2021). Qui del credere che è lo Spirito Santo che elegge il Papa neanche l’ombra. L’amico Antonio Caragliu ha commentato: «Il grande fustigatore delle chiacchiere usa pettegolezzi e chiacchiere prive di qualsiasi pregio spirituale per sollecitare un sostegno personale di sapore politico… Patetico». Ha ragione da vendere Americo Mascarucci (di cui segue il commento pubblicato da Marco Tosatto sul suo seguitissimo blog Stilum Curiae): «Della serie “chi la fa l’aspetti”? Di certo un papa che è costretto a mettere in piazza i pettegolezzi del palazzo per difendersi dai nemici interni, non dimostra certo di possedere né la forza, né l’autorevolezza per continuare a regnare sulla Chiesa di Cristo».
Si potrebbe ricordare a Papa Francesco, che da sempre i Conclavi (compreso quello in cui è stato eletto lui) sono preparati con il predecessore ancora felicemente regnante e che lui non è il primo a essere attaccato dai media (il Papa emerito e i suoi predecessori San Paolo VI e San Giovanni Paolo II, avrebbero molto da dire in proposito). Il Cardinale Joseph Ratzinger disse il 10 agosto 1978: «Un Papa che oggi non subisse critiche fallirebbe il suo compito dinanzi a questo tempo». Così, l’allora Arcivescovo di München und Freisung ricordò Papa Montini, che «ha resistito alla telecrazia e alla demoscopia, le due potenze dittatoriali del presente», nella sua omelia pronunciata nella sua cattedrale quattro giorni dopo la morte di Papa Paolo VI. Il testo inedito fu pubblicato da L’Osservatore Romano a chiusura di uno speciale dedicato al cinquantennale dell’elezione di Montini al Soglio di Pietro, avvenuta il 21 giugno 1963. Ho ripreso questo testo integralmente già più volte, nella traduzione italiana, per esempio il 10 novembre 2013 [QUI]).
Mascarucci: l’ultima di Bergoglio: la Chiesa diventa Novella 2000
Stilum Curiae, 22 settembre 2021
«Americo Mascarucci commenta con brio e stile pungente la conversazione avuta dal Pontefice regnante in Slovacchia con i suoi confratelli gesuiti. O almeno, una parte delle esternazioni pontificie; che in quella chiacchierata ne ha dette ma di tante…» (Marco Tosatti).
Ci diranno che è tutto normale, che in fondo Papa Francesco piace anche per questo, per la sua schiettezza, per il modo libero di parlare. Ma almeno a me ha creato davvero sconcerto ascoltare il papa regnante davanti ai confratelli gesuiti incontrati durante la sua visita in Slovacchia, lasciarsi andare al puro gossip, con pettegolezzi degni di “Novella 2000” (con il massimo rispetto per la prestigiosa rivista e i bravissimi colleghi che ci lavorano). Ma quando si è mai sentito un pontefice raccontare in pubblico che dentro il Vaticano c’era chi scommetteva sulla sua morte? Che erano già iniziate le manovre per il nuovo conclave? Che addirittura si sarebbe tenuta una cena nel corso della quale alcuni porporati avrebbero cercato di individuare un successore? Che ci sono chierici cattivi che sparlano di lui? Che di tanto in tanto si arrabbia ma poi si lascia scivolare tutto addosso? Ovviamente i tg hanno amplificato le dichiarazioni, tutti ben contenti, iniziando dall’ultra bergogliano Tg5, di poter ribadire che Francesco non ha nessuna intenzione di dimettersi (ma che bisogno c’è di ribadirlo se la notizia delle dimissioni è falsa?) e che quindi i suoi infimi detrattori è bene si mettano l’anima in pace.
Ammesso e non concesso che quello che il papa ha riferito sia vero (e non c’è motivo di dubitarne visto che nelle scorse settimane io stesso su questo blog ho riportato delle indiscrezioni su un possibile conclave a breve), c’è da chiedersi se sia da considerare normale che un papa regnante si metta a commentare certe miserie umane ben radicate anche nei sacri palazzi. Anzi, ne diventi addirittura l’amplificatore, portandole lui stesso all’attenzione dei media, come un Berlusconi qualsiasi che denuncia complotti giudiziari, o un Conte che si mette a raccontare i retroscena della sua caduta da premier? Forse neanche nella politica, che ormai si è ridotta a squallido teatrino, si è arrivati a tanto. Ma un papa può parlare, seppur nell’ambito di un incontro ristretto, un linguaggio da “bar dello sport”?
Il sospetto è che in realtà Bergoglio abbia voluto alimentare il gossip per lanciare un messaggio ai suoi confratelli gesuiti in quello che può sembrare un richiamo ad una sorta di “obbedienza fraterna”, tipica di certe logge massoniche. Del tipo: “Vogliono farmi fuori, stanno già pilotando il prossimo conclave, stanno scegliendo il mio successore, ricompattiamoci e respingiamo l’assalto del nemico”. Una chiamata alle armi da parte di un pontefice che probabilmente si sente sempre più accerchiato e tradito anche dai suoi più stretti collaboratori di curia, allettati dalla prospettiva di poter magari prendere a breve il suo posto. Ed ecco che ai suoi confratelli gesuiti chiede appoggio e protezione ricordando quel “voto di obbedienza al papa” che in verità Bergoglio non ha mai dimenticato, se è vero che nella lotta che contrappose San Giovanni Paolo II a Pedro Arrupe lui si schierò dalla parte del pontefice e fu ben lieto di veder commissariata la Compagnia (trovando poi grazie all’appoggio del cardinal Quarracino la porta spalancata per quella brillante carriera che sotto Wojtyla ha fatto come primate d’Argentina e cardinale).
Qualunque siano state le intenzioni è però davvero umiliante vedere Francesco diffondere notizie che per loro natura di solito vengono fatte arrivare ai giornali da fonti interne e non dal pontefice, che dovrebbe volare alto e soprattutto essere al di sopra di trame, congiure di palazzo, bassezze umane. Come lo sono stati sempre tutti i papi che hanno avuto ben chiara la consapevolezza di essere i vicari di Cristo in terra e non delle Lady D in talare bianca che vanno in televisione a raccontare di corna e angherie suibite.
A meno che, e questa è forse l’ipotesi più convincente, Bergoglio tema di restare vittima degli stessi giochetti che, è ormai risaputo, lo hanno portato ad essere papa; ovvero gli incontri, i conciliaboli, le trattative pre conclave che hanno portato a costruire la sua candidatura ad opera della famigerata “mafia di San Gallo” come da testimonianza diretta resa dal cardinale Gottfried Danneels che di detta mafia era il coordinatore.
Della serie “chi la fa l’aspetti”? Di certo un papa che è costretto a mettere in piazza i pettegolezzi del palazzo per difendersi dai nemici interni, non dimostra certo di possedere né la forza, né l’autorevolezza per continuare a regnare sulla Chiesa di Cristo.
Americo Mascarucci
«Bergoglio ai gesuiti in Slovacchia ha ribadito che in dottrina “la rigidità è una perversione”. Mosè, quindi, avrebbe dovuto dirlo a Dio Onnipotente quando gli diede il Decalogo?» (Stefano ✠ @InVeritatetweet – Twitter, 21 settembre 2021). Ma infine si può sapere cosa è questa rigidità di cui parla sempre il Papa regnante? Distinguere il bene dal male è una rigidità? L’amico Antonio Caragliu ha commentato: «In un discorso rivolto ai gesuiti poi il riferimento sa di richiamo identitario. Gli “antirigidi”. Detto ciò la rigidità può essere un problema. Come la paranoia, la nevrosi, l’instabilità, l’incoerenza, lo stile manipolatorio. Papa Francesco è sempre parziale e sbilanciato».
Papa Francesco e i suoi critici
di Robert Moynihan
The Moynihan Letters – Lettera #120, 22 settembre 2021
(nostra traduzione italiana dall’inglese)
“Io personalmente posso meritarmi attacchi e ingiurie perché sono un peccatore, ma la Chiesa non si merita questo: è opera del diavolo” (Papa Francesco, rispondendo ai gesuiti della Slovacchia il 12 settembre 2021, 10 giorni fa, recentemente reso noto dal gesuita Antonio Spadaro, Direttore del bisettimanale dei gesuiti, Civiltà Cattolica).
“Papa Francesco risponde agli attacchi di EWTN, altri critici della Chiesa: ‘Sono opera del diavolo’” (Titolo di un nuovo articolo di Gerard O’Connell sulla rivista dei gesuiti America, pubblicato ieri, 21 settembre [QUI]).
“Papa Francesco deve assumersi la responsabilità di innescare questa divisione poco edificante nella nostra Chiesa. Alla faccia dei modi creativi per risolvere le differenze, compresi tutti, guidati dallo Spirito!” (Un tweet di un poster che indica se stesso dopo la tradizionale frase in lode della fermezza di Gesù Cristo, “Gesù Cristo, ieri, oggi e sempre”).
Questa è una lettera difficile da scrivere, poiché non esiste un modo evidente e breve per affrontare in modo utile una nuova controversia nella Chiesa… eppure la controversia è così importante che deve essere almeno menzionata.
In sostanza, la storia riguarda la reazione di Papa Francesco ai suoi critici più espliciti.
Cosa è importante notare su questa controversia?
Tre cose, penso:
(1) In primo luogo, c’è stata una completa rottura della comunicazione tra Papa Francesco e i suoi critici più conservatori. Lo afferma lo stesso Francesco, quando dice: «A me, a volte, viene a mancare la pazienza, specialmente quando emettono giudizi senza entrare in un vero dialogo. Lì non posso far nulla». Ne deduco che c’è poco o nessun dialogo tra Papa Francesco e i suoi critici più conservatori. Nessun libero scambio di opinioni…
(2) In secondo luogo, non è chiaro da queste osservazioni di chi sia la colpa che non c’è tale dialogo, di chi è la colpa che la comunicazione tra Papa Francesco e i suoi critici conservatori sembran essersi completamente interrotte. Francesco ha cercato di aprire un tale dialogo ed è stato respinto? I suoi critici conservatori hanno cercato un tale dialogo e sono stati respinti? Qualcuno può far luce su qual è la risposta a questa domanda?
(3) In terzo luogo, questa rottura della comunicazione sembra così grave da portare, ovviamente, a una conclusione molto negativa. Una rottura, una divisione, una guerra ecclesiale interiore nella Chiesa, una rottura che c’è già in queste critiche, ma non si è ancora pienamente manifestata. Francesco dice che le critiche sono “opera del diavolo”. Allo stesso tempo, alcuni dei critici di Francesco più accaniti affermano che molte delle azioni di Francesco sono “le azioni di un dittatore” [QUI], di “qualcuno che è crudele” [QUI], qualcuno che non considera i sentimenti spirituali ed emotivi dei più tradizionali membri del suo gregge [QUI] (in particolare quelli cattolici che si sentono attaccati alla liturgia antica, che è stata al centro della devozione cattolica per probabilmente più di 15 secoli). Quindi, quasi tutte le persone coinvolte sembrano… puntare il dito contro il diavolo come attore principale in questi sviluppi.
Questa è una situazione pericolosa.
E uno che sembra piacere, soprattutto, al… diavolo.
Quindi, mi sembra che questa attuale impasse poco edificante possa richiedere un insolito, apparentemente impossibile… scambio di opinioni… per scongiurare una rottura devastante tra Francesco ei suoi critici.
Solo un miracolo può provocare questo, ma un miracolo è ciò che, a dire il vero, sembra essere necessario. R.M.
A scatenare la polemica sono state le dichiarazioni fatte dieci giorni fa da Papa Francesco, domenica 12 settembre, parlando ai gesuiti della Slovacchia, suoi confratelli, in quanto gesuita lui stesso.
L’essenza della questione è che le osservazioni di Francesco sono state ampiamente interpretate dai media come una critica alla rete televisiva cattolica globale americana, EWTN, e anche ad altri media e giornalisti cattolici che lo hanno criticato.
Ecco come ieri Gerard O’Connell ha riportato la vicenda [QUI]:
Durante la sessione di domande e risposte, un altro gesuita ha detto a Francesco che nella chiesa slovacca “alcuni vedono lei addirittura come eterodosso, altri invece la idealizzano. Noi gesuiti – afferma – cerchiamo di superare questa divisione”. Ha chiesto al Papa: “Lei come affronta la gente che la guarda con sospetto?”.
Papa Francesco ha rimarcato: “Per esempio, c’è una grande televisione cattolica che continuamente sparla del Papa senza porsi problemi. Ha detto: “Io personalmente posso meritarmi attacchi e ingiurie perché sono un peccatore, ma la Chiesa non si merita questo: è opera del diavolo. Io l’ho anche detto ad alcuni di loro”.
Mentre Francesco non ha nominato il “grande canale televisivo cattolico” nella sua risposta, la sua osservazione “l’ho detto anche ad alcuni di loro”, offre un indizio a quale emittente si riferisse. La rivista America ha appreso da tre diversi funzionari vaticani, che hanno chiesto l’anonimato perché non autorizzati a parlare, che il Papa ha toccato lo stesso argomento durante il volo da Roma a Baghdad il 5 marzo 2021, quando ha salutato ciascuno dei giornalisti a bordo dell’aereo.
In quell’occasione, quando il Papa raggiunse il giornalista e il cameraman di EWTN, uno di loro gli disse che stavano pregando per lui. Ha risposto che forse Madre Angelica, la fondatrice di EWTN, è in paradiso a pregare per lui, ma che loro, riferendosi all’intera rete, “dovrebbero smetterla di sparlare di me”. Ha usato la parola italiana sparlare, che significa “dire cose cattive” o “parlare male”. Il corrispondente vaticano di America [cioè lo stesso O’Connell] era sul volo papale e lo apprese subito dopo la visita in Iraq.
EWTN e le sue pubblicazioni associate, il National Catholic Register e la Catholic News Agency, insieme alle sue oltre 500 affiliate radiofoniche, sono state molto critiche nei confronti di Papa Francesco. Il National Catholic Register è stato uno dei due media che hanno pubblicato l’esplosiva “testimonianza” del 2018 dell’ex Nunzio Apostolico negli Stati Uniti e teorico della cospirazione di QAnon [*], l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò, che invitava il Papa a dimettersi. Raymond Arroyo, conduttore di The World Over di EWTN, ha intervistato molti dei critici più ferventi di Papa Francesco [QUI], tra cui l’Arcivescovo Viganò, il consigliere di Trump Steve Bannon e il Cardinale Raymond Burke.
[Fine citazione dall’articolo di America]
Queste osservazioni erano nel mezzo della conversazione del Papa del 12 settembre con i gesuiti della Slovacchia (riporto l’intera conversazione di seguito) ed erano le seguenti:
[Ciò che segue è tratto direttamente dalla trascrizione della conversazione di Spadaro]
Uno dei partecipanti dice al Papa della situazione della Chiesa slovacca e delle tensioni interne. Alcuni vedono lei addirittura come eterodosso, altri invece la idealizzano. Noi gesuiti – afferma – cerchiamo di superare questa divisione. Chiede: «Lei come affronta la gente che la guarda con sospetto?».
[Qui di seguito la risposta di Papa Francesco che ha suscitato polemiche]
Per esempio, c’è una grande televisione cattolica che continuamente sparla del Papa senza porsi problemi.
“Io personalmente posso meritarmi attacchi e ingiurie perché sono un peccatore, ma la Chiesa non si merita questo: è opera del diavolo. Io l’ho anche detto ad alcuni di loro.
Sì, ci sono anche chierici che fanno commenti cattivi sul mio conto. A me, a volte, viene a mancare la pazienza, specialmente quando emettono giudizi senza entrare in un vero dialogo. Lì non posso far nulla. Io comunque vado avanti senza entrare nel loro mondo di idee e fantasie. Non voglio entrarci e per questo preferisco predicare, predicare… Alcuni mi accusavano di non parlare della santità. Dicono che parlo sempre del sociale e che sono un comunista. Eppure ho scritto una Esortazione apostolica intera sulla santità, la Gaudete et Exsultate.
[Fine estratto del colloquio del 12 settembre con i gesuiti della Slovacchia]
[*] QAnon è una teoria del complotto su ciò che chiamano Deep State (Stato Profondo), rappresentata da una comunità anonima e organizzata di persone che abbracciano credenze prive di fondamento aspettando due eventi significativi: The Storm (la Tempesta) e The Great Awakening (il Grande Risveglio). Il primo post su QAnon è stato pubblicato da una persona non identificata che i credenti chiamano “Q”. Molti credono che Q sia un alto funzionario del governo degli Stati Uniti, che conosca il Presidente repubblicano Donald Trump e che il principale antagonista di QAnon sia il Presidente democratico Barack Obama.
Sulla “congiura” denunciata dal Papa le possibilità sono solo due: è falsa, e va ridimensionata ufficialmente, oppure è vera e allora intervenga la giustizia vaticana e le sue leggi
(L.B. – R.C. – a cura Redazione “Il sismografo” – 23 settembre 2021) – Secondo la rivista della Compagnia di Gesù “La Civiltà Cattolica” (Italia – 21 settembre 2021), Papa Francesco, domenica 12 settembre nella Nunziatura di Bratislava (Slovacchia) in un incontro con 53 confratelli, rispondendo alla domanda sulla sua salute ha detto: Sono “ancora vivo. Nonostante alcuni mi volessero morto. So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio, sto bene.”
Sono frasi sorprendenti, sconcertanti e insidiose al punto di incitare a pensare che qualcosa non sta andando per il verso giusto in Vaticano. Sono parole che denunciano l’esistenza di “una congiura di palazzo” come è stato detto in queste ore, “congiura” denunciata dal Pontefice senza mezzi termini e in modo diretto. Una vera bomba ad orologeria. Null’altro si aggiunge: né nomi, né luoghi, né circostanze e soprattutto non si precisa il concetto di “prelati” (forse usato come sinonimo di “cardinali”?). Decine di giornalisti si sono occupati dell’argomento e una buona parte di loro, manipolando il solito polpettone per difendere o per attaccare il Papa a prescindere – tanto della verità dei fatti e del senso comune delle parole in realtà non s’interessano molto – hanno detto di tutto e di più. In particolare si sono scatenati in acrobazie tanto infuriate quanto inconsistenti perché il cardinale Pietro Parolin ha dichiarato che lui non sapeva nulla di quanto ha detto il Papa, provando poi, come sua abitudine, a sdrammatizzare la vicenda. Ma anche al card. Parolin è arrivata addosso la vetusta manipolazione mediatica “a prescindere”. Si sa ormai che in questo ambiente l’importante è eseguire l’orientamento-guida, a favore o contro, già predefinito.
Si potrebbero fare molte ipotesi sulle parole del Santo Padre che è sempre un essere umano, come tutti, anche se soggetto di una missione e di un ministero particolare:
– un errore del Pontefice che non sempre parlando a braccio usa le parole giuste (per esempio, in quest’ultimo anno ha detto ben due volte che Dio nell’incarnazione “si è fatto peccato” – sic).
– magari si è trattato di una leggerezza del linguaggio poiché, come si sa da quando era Provinciale dei gesuiti in Argentina, non sempre frena l’uso di aggettivi poco carini addirittura nei confronti dei suoi collaboratori. L’uomo è irruento e impulsivo e negli ultimi tempi è riemersa la sua personalità autoritaria, che lui stesso ha criticato pubblicamente.
– qualcuno immagina che il Papa così facendo voleva mandare alcuni messaggi a certe persone oppure voleva distrarre l’attenzione mediatica per uscire dalle difficoltà in cui si era incastro con l’intervista alla Cope, oppure dal pasticcio che creò con la “questione Orbán”, dalla quale tra l’altro la sua immagine e credibilità sono uscite danneggiate.
– si potrebbe perfino dire che Francesco con quanto ha detto su una presunta congiura è scivolato nelle tenebre delle chiacchere cosa ha condannato decine di volte dicendo, per esempio, che “le chiacchiere chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa. Il grande chiacchierone è il diavolo, che sempre va dicendo le cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità.” (Angelus, 6 settembre 2020)
Il Santo Padre a questo punto ha una sola via d’uscita possibile, l’unica convincente: consegnare alla giustizia vaticana, al Tribunale Unico che presiede il dr. G. Pignattone, tutta la documentazione – nomi, cognomi, luoghi e circostanze dei “prelati che preparavano un conclave” – e che servono per dare sostegno giuridico alla gravissima denuncia di un reato – per ora presunto – che si configura quando ci si organizza per portare a compimento un’azione di questa natura nella Città Stato del Vaticano contro la persona e autorità del Pontefice regnante. Nel mondo delle nazioni e delle comunità civili, basate sul diritto, questo si chiama “golpe”.
Si tenga conto che nelle parole del Pontefice non si parla di ecclesiastici e/o laici che discutono sul futuro Papa (cosa che si fa – legittimamente e naturalmente – tutti i giorni da secoli). In due anni su oltre 100 testate di prestigio internazionale sui “papabili” sono stati pubblicati centinaia di articoli. Papa Francesco nelle sue dichiarazioni usa delle espressioni puntuali e ben circoscritte. Dice: sono vivo “nonostante alcuni mi volessero morto. So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave.”
In questi passaggi testuali sorprendono:
1) “alcuni mi volevano morto” … (il Papa conosce nomi e cognomi … o è solo un petegolezzo?)
2) “persino incontri tra prelati” (ma chi sono questi? cardinali? sagrestani? vescovi? …) Comunque si ricordi nella Chiesa cattolica è ‘prelato’ un presbitero secolare o regolare insignito di tale titolo dalla Santa Sede e null’altro).
3) “preparavano un conclave” … Il Papa sa però che un Conclave va preceduto da un periodo di Sede vacante che finisce 20 giorni dopo la morte del Pontefice oppure 20 giorni dopo la data (ora, giorno e anno) in cui un Papa dimissionario (come nel caso di Benedetto XVI) stabilisce la fine del suo pontificato. (28 febbraio 2013 alle ore 20.00)
Inoltre un Conclave è materia che spetta solo ed esclusivamente ai cardinali, elettori e non elettori. Non prelati. E poi, dopo i venti giorni, entrati in Cappella Sistina l’elezione del nuovo Vescovo di Roma, è materia esclusiva e riservata ai cardinali elettori (che hanno meno di 80 anni di età). Papa Francesco, infatti, “fu fatto Papa in Conclave” (usando le parole del cardinale Siri) anche se lui era papabile già nel 2002. Non risulta che tra gli anni 2002 – 2013 qualcuno abbia mai detto che c’era una congiura contro Giovanni Paolo II o Benedetto XVI.
In sostanza su quanto ha detto Papa Francesco ci sono solo due possibilità di chiarimento: o è falso o è vero. Se “falso” si faccia capire che è stato un errore imprudente. Se invece è vero, si presentino le prove davanti al Tribunale vaticano. La terza via, quella del silenzio, oggi non è più efficace.
L’inaudito controcanto di Parolin al Papa
Mai prima un segretario di Stato ha corretto pubblicamente il Pontefice. I veleni dell’estate romana in Vaticano
di Maria Antonietta Calabrò
Huffingtonpost.it, 23 settembre 2021
Inaudito. Cioè letteralmente “mai sentito”. Non si era ma sentito a memoria vaticana che un segretario di Stato “correggesse“ pubblicamente il Papa. Eppure anche questo è accaduto ieri, al termine di un’estate vaticana ammorbata dai veleni, quando il segretario di Stato Pietro Parolin ha affermato che a lui non risulta nessun incontro segreto di prelati che dopo l’intervento chirurgico a cui è stato sottoposto Francesco si sia riunito per preparare il futuro Conclave. In realtà il Papa ai confratelli gesuiti in Slovacchia (parole integralmente riportate dalla Civiltà Cattolica e pubblicate sull’Osservatore Romano) è andato molto più in là: ha detto non solo che i “congiurati” si preparavano al suo trapasso, ma che proprio lo volevano morto.
Ebbene di tutto questo il segretario di Stato non solo dice di non aver avuto nessuna contezza (“può essere che il Papa abbia informazioni che io non ho“, così in sintesi ha liquidato la questione), ma ha affermato esplicitamente che il clima all’interno delle Mura Leonine “non è teso”.
Come dire che il Papa va fuori le righe. Il “problema” è che Papa Francesco dalla fine d’agosto (una volta uscito dalla prima fase della convalescenza) è intervenuto personalmente e con molta forza a raddrizzare la narrativa che riguardava la sua salute. Si è accorto (con ritardo, lo ha detto esplicitamente) dell’”annuncio” a mezzo stampa delle sue prossime dimissioni (ma chi se non la Segreteria di Stato, avrebbe dovuto segnalargli l’uscita di Libero del 23 agosto?), e ha colto al volo l’occasione di un’intervista a lungo richiesta dalla radio della Conferenza episcopale spagnola, Cope, subito “lanciata” con alcune sintesi, e poi messa in onda il 1 settembre, per smentire (“Non mi è mai passato per la testa di dimettermi”).
Durante il viaggio in Slovacchia, poi è arrivata “la bomba”, delle riunioni in Vaticano di coloro che lo vogliono morto.
L’uscita di Parolin (che da consumato diplomatico) sa naturalmente pesare bene le parole e il loro effetto, non può non essere considerata se non come la segnalazione di un suo chiaro distinguo all’interno e all’esterno del Vaticano. Dopo i tanti viaggi intrapresi negli ultimi mesi in Italia e all’estero, e le enormi difficoltà in cui la Terza Loggia è stata coinvolta a seguito dello scandalo del Palazzo di Londra. Parolin (a differenza del cardinale Angelo Becciu) non è a processo (dove forse sarà chiamato a testimoniare , dopo la sua espressa disponibilità), ma ha dovuto progressivamente lasciare ogni competenza “economica“ che prima erano in capo alla Segreteria di Stato. Prima è dovuto uscire dalla Commissione cardinalizia di Vigilanza sullo Ior, la cosiddetta banca vaticana, cui lo stesso Parolin aveva chiesto un prestito di 150 milioni di euro per rimediare al “buco” dell’acquisto del palazzo londinese, e da questa anomala richiesta nel 2019 era partita la denuncia dello stesso Ior e del Revisore generale, da cui sono scaturite le successive indagini (le udienze ripartono il 5 ottobre. Poi la segreteria di Stato è stata trasformata in un Dicastero senza portafoglio, poiché i suoi beni sono stati trasferiti all’Apsa, con la gestione in capo alla Segreteria per l’economia.
Il “controcanto” di Parolin, che cade in questa situazione, tutti hanno la sensazione che il Papa, arrivati a questo punto, non farà sconti, c’è stato anche in relazione ai rapporti tra il Vaticano e i cosiddetti “sovranisti”. Ieri Parolin ha precisato che aderire al Vangelo non è come andare ad un supermercato (dove si scelgono solo alcuni prodotti e si lasciano gli altri) ma pochi giorni prima di partire per l’Ungheria aveva espresso la sua soddisfazione (quasi un endorsement per un politico che il Papa non ha mai voluto ricevere nemmeno da ministro) per come si era svolto l’incontro tra Matteo Salvini e il Segretario per i rapporti con gli Stati arcivescovo Paul Callagher.
Nonostante la narrativa mediatica forzata anche tra i vaticanisti per sottolineare l’incontro tra il Papa e Viktor Orban, questo incontro in realtà sì è limitato all’etichetta protocollare. L’ha dovuto spiegare anche questa volta il Papa in prima persona, parlando con i giornalisti sul volo di ritorno a Roma: 40 minuti in cui Orban era presente ma a interloquire con il Papa è stato solo il Presidente della Repubblica ungherese, paese ospite del Congresso eucaristico internazionale organizzato dal cardinale Peter Erdò.
Il Papa nel suo “sfogo“ con i gesuiti slovacchi ha parlato anche degli attacchi che continuamente subisce da parte di alcuni media cattolici. La rivista dei gesuiti americani ha ricostruito che il riferimento è al potente gruppo televisivo internazionale Ewtn, in cui per anni sono stati messi in onda trasmissioni in cui si è dato spazio in diretta all’ex nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, ai suoi attacchi al Papa e al suo appoggio all’ex presidente Donald Trump fino ai giorni della rivolta contro Capitol Hill (6 gennaio 2021) . C’è da chiedersi quali rapporti hanno i “congiurati” di cui ha parlato il Papa e la filiera mediatica all’attacco del Pontefice. Ieri si è avuta notizia che YouTube ha bloccato la trasmissione di alcuni video dii fan dell’ex nunzio.
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L’amico e collega Marco Tosatti commenta su Stilum Curiae [QUI]: «Il Papa, il Conclave. Ogni Dittatore ha Bisogno di un Complotto, Prima o Poi… Vorrei tornare sulle straordinarie esternazioni fatte dal Pontefice regnante durante il suo incontro con i gesuiti in Slovacchia, e di cui ha già scritto benissimo Americo Mascarucci su queste pagine. Vorrei farlo riportando il lavoro di due persone che certamente non sono sospettabili di non amare il Vaticano, la Chiesa e il Pontefice regnante: Vik van Brantegem e Luis Badilla. Ed entrambi sono rimasti colpiti, per non dire sbalorditi (giustamente….), dalle frasi di papa Bergoglio. D’altronde quando mai nella storia di un dittatore non c’è un momento in cui si grida, più o meno strumentalmente, al complotto? Prologo di chiamata alle armi dei fedelissimi, e di inevitabili purghe…Ma lasciamo direttamente la parola a loro».
La libertà ci fa paura
Conversazione di papa Francesco con i gesuiti slovacchi
Civiltà Cattolica, 21 settembre 2021
Bratislava, domenica 12 settembre 2021 ore 17,30. Papa Francesco ha appena concluso in Nunziatura l’incontro con i rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Il tempo di sistemare le sedie dopo il momento precedente, ed ecco 53 gesuiti slovacchi prendono posto nella sala. Francesco entra e saluta: «Buonasera e benvenuti! Grazie per questa visita. Non sapevo che ci fossero tanto gesuiti qui in Slovacchia. Si vede che “la peste” si espande dappertutto». Il gruppo scoppia in una risata. Francesco chiede domande perché, afferma provocando nuovamente una risata, «io davvero non me la sento di fare un discorso ai gesuiti».
Il Provinciale della Provincia slovacca ha rivolto al Papa alcune parole di saluto: «Padre, voglio ringraziarla di tutto cuore per questo invito che è stata una sorpresa per noi. È un incoraggiamento per la nostra vita comunitaria e pastorale. In Slovacchia ci sono tanti gesuiti. Volevo confermare che la Compagnia vuole essere a disposizione sua e per le necessità della Chiesa».
Il Papa risponde con una battuta: «Grazie. L’idea di invitare i gesuiti nei miei viaggi apostolici è di p. Spadaro perché così lui ha materiale per fare un articolo per «La Civiltà Cattolica» che pubblica sempre queste conversazioni!» E prosegue: «Ecco aspetto le domande. Buttate il pallone al portiere. Dai!».
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Un gesuita chiede: «Come sta?».
Ancora vivo. Nonostante alcuni mi volessero morto. So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il Papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio, sto bene. Fare quell’intervento chirurgico è stata una decisione che io non volevo prendere: è stato un infermiere a convincermi. Gli infermieri a volte capiscono la situazione più dei medici perché sono in contatto diretto con i pazienti.
Un gesuita che ha lavorato per quasi 15 anni alla Radio Vaticana chiede che cosa i gesuiti devono avere a cuore per il lavoro pastorale in Slovacchia.
A me viene sempre in mente una parola: «vicinanza».
Vicinanza con Dio, innanzitutto: non lasciare la preghiera! La preghiera vera, del cuore, non quella formale che non tocca il cuore. La preghiera che lotta con Dio, e che conosce il deserto dove non si sente nulla. Vicinanza con Dio: lui ci aspetta sempre. Potremmo avere la tentazione di dire: non posso pregare perché sono indaffarato. Ma anche lui è indaffarato. Lo è stando accanto a te, aspettandoti.
Secondo: vicinanza tra voi, l’amore tra i fratelli, l’amore austero dei gesuiti che è molto fine, caritatevole, ma anche austero: amore di uomini. A me fa male quando sia voi sia altri sacerdoti si «spellano» tra loro. E questo blocca, non fa andare avanti. Ma questi problemi c’erano sin dall’inizio della Compagnia. Pensiamo, ad esempio, alla pazienza che Ignazio ha avuto con Simone Rodriguez. È difficile fare comunità, ma la vicinanza tra voi è davvero importante.
Terzo: la vicinanza al vescovo. È vero che ci sono vescovi che non ci vogliono, è una verità, sì. Ma non si trovi un gesuita che sparli del vescovo! Se un gesuita la pensa diversamente dal vescovo e ha coraggio, allora vada dal vescovo e gli dica le cose che pensa. E, quando dico vescovo, dico anche il Papa.
Quarto: vicinanza al popolo di Dio. Dovete essere come ci aveva detto Paolo VI il 3 dicembre del 1974: dove ci sono incroci di strade, di idee, lì ci sono i gesuiti. Leggete bene e meditate quel discorso di Paolo VI alla Congregazione Generale XXXII: è la cosa più bella che un Papa abbia detto ai gesuiti. È vero che se noi siamo davvero uomini che vanno agli incroci e ai limiti, creeremo problemi. Ma quello che ci salverà dal cadere nelle ideologie stupide è la vicinanza al popolo di Dio. E così potremo andare avanti e col cuore aperto. Certo, può darsi che qualcuno di voi si entusiasmi e poi arrivi il Provinciale a fermarlo dicendo: «No, questo non va». E allora bisogna andare avanti con la disponibilità ad essere obbediente. La vicinanza al popolo di Dio è tanto importante perché ci «inquadra». Non dimenticate mai da dove siamo stati estratti, da dove veniamo: il nostro popolo. Ma se noi ci stacchiamo e andiamo verso una… universalità eterea, allora perdiamo le radici. Le nostre radici sono nella Chiesa, che è il popolo di Dio.
Dunque, ecco vi chiedo quattro vicinanze: con Dio, tra voi, con i vescovi e il Papa, e quella con il popolo di Dio, che è la più importante.
Un gesuita prende la parola e ricorda che lì ci sono una ventina di religiosi ordinati preti clandestinamente, come lo è stato lui. Afferma che è stata una bellissima esperienza per loro essere cresciuti nel mondo del lavoro… Il lavoro per guadagnarsi il pane… il lavoro manuale o intellettuale è lavoro, è salute. E il popolo di Dio, se non lavora, non mangia…
Uno dei presenti esordisce dicendo: «Io sono due anni più giovane di lei» e il Papa risponde alla battuta: «… ma non sembra! Tu ti trucchi!». E gli altri ridono. Prosegue: «Nel 1968 sono entrato nella Compagnia di Gesù da profugo. Sono stato membro della Provincia svizzera per 48 anni, e ora da 5 anni sono qui. Ho vissuto in Chiese molto diverse. Oggi vedo che molti vogliono tornare indietro o cercano certezze nel passato. Sotto il comunismo ho sperimentato la creatività pastorale. Alcuni addirittura dicevano che non si poteva formare un gesuita durante il comunismo, ma altri invece lo hanno fatto e noi siamo qui. Quale visione di Chiesa possiamo seguire?».
Tu hai detto una parola molto importante, che individua la sofferenza della Chiesa in questo momento: la tentazione di tornare indietro. Stiamo soffrendo questo oggi nella Chiesa: l’ideologia del tornare indietro. È una ideologia che colonizza le menti. È una forma di colonizzazione ideologica. Non è un problema davvero universale, ma piuttosto specifico delle Chiese di alcuni Paesi. La vita ci fa paura. Ripeto una cosa che ho detto già al gruppo ecumenico che ho incontrato qui prima di voi: la libertà ci fa paura. In un mondo che è così condizionato dalle dipendenze e dalla virtualità ci fa paura essere liberi. Nell’incontro precedente prendevo come esempio Il grande inquisitore di Dostoevskij: trova Gesù e gli dice: «Perché hai dato la libertà? È pericolosa!». L’inquisitore rimprovera Gesù di averci dato la libertà: sarebbe bastato un po’ di pane e nulla di più. Per questo oggi si torna al passato: per cercare sicurezze. Ci dà paura celebrare davanti al popolo di Dio che ci guarda in faccia e ci dice la verità. Ci dà paura andare avanti nelle esperienze pastorali. Penso al lavoro che è stato fatto – padre Spadaro era presente – al Sinodo sulla famiglia per far capire che le coppie in seconda unione non sono già condannate all’inferno. Ci dà paura accompagnare gente con diversità sessuale. Ci danno paura gli incroci dei cammini di cui ci parlava Paolo VI. Questo è il male di questo momento. Cercare la strada nella rigidità e nel clericalismo, che sono due perversioni. Oggi credo che il Signore chieda alla Compagnia di essere libera, con preghiera e discernimento. È un’epoca affascinante, di un fascino bello, fosse anche quello della croce: bello per portare avanti la libertà del Vangelo. La libertà! Questo tornare indietro lo potete vivere nella vostra comunità, nella vostra Provincia, nella Compagnia. Occorre stare attenti e vigilare. La mia non è una lode all’imprudenza, ma voglio segnalarvi che tornare indietro non è la strada giusta. Lo è, invece, andare avanti nel discernimento e nell’obbedienza.
Un gesuita chiede come vede la Compagnia oggi. Parla di una certa mancanza di fervore, di una volontà di cercare sicurezze più che di andare negli incroci, come chiedeva Paolo VI, perché non è facile.
No, facile certo non è. Ma quando si sente che manca il fervore, si deve fare un discernimento per capire il perché. Ne devi parlare con i tuoi fratelli. La preghiera aiuta a capire se e quando manca il fervore. Bisogna parlarne ai fratelli, ai superiori e poi devi fare un discernimento per verificare se è una desolazione solo tua o è una desolazione più comunitaria. Gli Esercizi ci danno la possibilità di trovare risposte a domande come questa. Io sono convinto che noi non conosciamo bene gli Esercizi. Le annotazioni e le regole del discernimento sono un vero tesoro. Dobbiamo conoscerle meglio.
Uno dei presenti ricorda che il Papa parla spesso delle colonizzazioni ideologiche che sono diaboliche. Fa riferimento, tra le altre, a quella del «gender».
L’ideologia ha sempre il fascino diabolico, come dici tu, perché non è incarnata. In questo momento viviamo una civiltà delle ideologie, questo è vero. Dobbiamo smascherarle alle radici. La ideologia del «gender» di cui tu parli è pericolosa, sì. Così come io la intendo, lo è perché è astratta rispetto alla vita concreta di una persona, come se una persona potesse decidere astrattamente a piacimento se e quando essere uomo o donna. L’astrazione per me è sempre un problema. Questo non ha nulla a che fare con la questione omosessuale, però. Se c’è una coppia omosessuale, noi possiamo fare pastorale con loro, andare avanti nell’incontro con Cristo. Quando parlo dell’ideologia, parlo dell’idea, dell’astrazione per cui tutto è possibile, non della vita concreta delle persone e della loro situazione reale.
Un gesuita ringrazia il Papa per le sue parole dedicate al dialogo ebraico-cristiano.
Il dialogo va avanti. Bisogna assolutamente evitare che ci siano interruzioni, che il dialogo si spezzi, si interrompa per fraintendimenti, come a volte accade.
Uno dei partecipanti dice al Papa della situazione della Chiesa slovacca e delle tensioni interne. Alcuni vedono lei addirittura come eterodosso, altri invece la idealizzano. Noi gesuiti – afferma – cerchiamo di superare questa divisione. Chiede: «Lei come affronta la gente che la guarda con sospetto?».
Per esempio, c’è una grande televisione cattolica che continuamente sparla del Papa senza porsi problemi. Io personalmente posso meritarmi attacchi e ingiurie perché sono un peccatore, ma la Chiesa non si merita questo: è opera del diavolo. Io l’ho anche detto ad alcuni di loro.
Sì, ci sono anche chierici che fanno commenti cattivi sul mio conto. A me, a volte, viene a mancare la pazienza, specialmente quando emettono giudizi senza entrare in un vero dialogo. Lì non posso far nulla. Io comunque vado avanti senza entrare nel loro mondo di idee e fantasie. Non voglio entrarci e per questo preferisco predicare, predicare… Alcuni mi accusavano di non parlare della santità. Dicono che parlo sempre del sociale e che sono un comunista. Eppure ho scritto una Esortazione apostolica intera sulla santità, la Gaudete et Exsultate.
Adesso spero che con la decisione di fermare l’automatismo del rito antico si possa tornare alle vere intenzioni di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II. La mia decisione è il frutto di una consultazione con tutti i vescovi del mondo fatta l’anno scorso. Da adesso in poi chi vuole celebrare con il vetus ordo deve chiedere permesso a Roma come si fa col biritualismo. Ma ci sono giovani che dopo un mese di ordinazione vanno dal vescovo a chiederlo. Questo è un fenomeno che indica che si va indietro.
Un cardinale mi ha detto che sono andati da lui due preti appena ordinati chiedendo di studiare il latino per celebrare bene. Lui, che ha senso dello humor, ha risposto: «Ma in diocesi ci sono tanti ispanici! Studiate lo spagnolo per poter predicare. Poi, quando avete studiato lo spagnolo, tornate da me e vi dirò quanti vietnamiti ci sono in diocesi, e vi chiederò di studiare il vietnamita. Poi, quando avrete imparato il vietnamita, vi darò il permesso di studiare anche il latino». Così li ha fatti «atterrare», li ha fatti tornare sulla terra. Io vado avanti, non perché voglia fare la rivoluzione. Faccio quello che sento di dover fare. Ci vuole molta pazienza, preghiera e molta carità.
Un gesuita parla della paura diffusa dei rifugiati.
Io credo che bisogna accogliere i migranti, ma non solo: occorre accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Servono tutti e quattro questi passaggi per accogliere veramente. Ogni Paese deve sapere fino a quanto può farlo. Lasciare i migranti senza integrazione è lasciarli nella miseria, equivale a non accoglierli. Ma bisogna studiare bene il fenomeno e capirne le cause, specialmente quelle geopolitiche. Occorre capire quel che succede nel Mediterraneo e quali sono i giochi delle potenze che si affacciano su quel mare per il controllo e il dominio. E capire il perché e quali sono le conseguenze.
Mons. Datonou, il responsabile dell’organizzazione del viaggio, viene a dire al Papa che è tempo di andare. Francesco guarda l’orologio e sta per alzarsi e salutare, quando un gesuita gli dice: «Santo Padre, un’ultima cosa: sant’Ignazio dice che bisogna sentire e gustare le cose internamente. L’aspetta la cena. Assapori qualcosa della cucina slovacca!». Il Papa ride e dice che vedrà che cosa hanno preparato per cena.
Seguono le fotografie. Il gruppo è grande e dunque i gesuiti si dividono per comunità e ciascuna di esse fa una foto con Francesco. L’incontro si conclude con una «Ave Maria» e la benedizione finale.